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“Non lavoriamo più in queste condizioni”: protesta dei richiedenti asilo all’Interporto

La settimana scorsa una decina di lavoratori si sono fermati per protestare contro un capo reparto che aveva mandato a casa prima della fine del turno alcuni operai assunti con un’agenzia interinale, racconta il Coordinamento Migranti Interporto, diffondendo anche una testimonianza su questa specifica condizione lavorativa: “Salari a metà e straordinari non pagati”.

28 Gennaio 2021 - 11:31

“Lo sfruttamento dentro l’Interporto non si limita alle pessime condizioni imposte dalle agenzie e dai padroni, ma passa anche per i capi reparto. La settimana scorsa una decina di lavoratori di uno dei magazzini più grandi ha smesso di lavorare per protestare contro un capo reparto che aveva mandato a casa prima della fine del turno di lavoro alcuni richiedenti asilo assunti con un’agenzia interinale. Dopo essere stati chiamati per lavorare 8 ore, sono stati mandati via dopo 3 o 4 ore senza nessuna ragione, per far lavorare al loro posto i lavoratori assunti con una cooperativa”. L’episodio è raccontato sul nuovo numero di Senza chiedere il permesso! , uno speciale scritto dal Coordinamento Migranti Interporto. “Dentro i magazzini i capi reparto molte volte fanno di tutto per attaccare e umiliare i lavoratori- continua il Coordinamento- soprattutto gli ultimi arrivati, richiedenti asilo assunti con le agenzie. Li chiamano ‘n*gri di merda’ o si rivolgono con altre espressioni razziste. Usano la loro posizione per ricattarli e sfruttarli ancora di più, ordinando loro di fare anche il lavoro degli altri, oppure decidendo quando gli pare di non farli lavorare e quindi di far perdere loro il salario. Di tutte queste divisioni i padroni non possono che essere contenti. Sanno che anche grazie a questo lavoro sporco dei capi reparto la grande fabbrica dell’Interporto può lavorare a ritmi più intensi, controllare meglio i lavoratori e le lavoratrici, pagare di meno e quindi fare più profitti. Per questo approfittano delle differenze di permesso e contratto per usare alcuni migranti contro altri migranti. Usano chi ha contratti più stabili contro chi lavora con contratti di qualche settimana o qualche giorno, e poi usano questi ultimi per indebolire le lotte e gli scioperi di quelli che alzano la testa, oppure per sostituire quelli che negli anni hanno lottato e conquistato qualcosa. In questo modo riescono a peggiorare le condizioni di tutti e tutte. Per evitare di fare il gioco dei padroni noi dobbiamo superare queste divisioni e lottare insieme. Questo adesso è il nostro obiettivo: dobbiamo vincere l’isolamento e il silenzio che vogliono imporci e rifiutare con una sola voce lo sfruttamento nella grande fabbrica dell’Interporto”.

Il Coordinamento Migranti Interporto diffonde anche una testimonianza diretta: “Lavoro in un magazzino con un’agenzia interinale – ci racconta A. – Mi chiamano quando gli pare, anche durante i fine settimana. Sul mio contratto c’è scritto che lavoro perché con la pandemia sono aumentati gli ordini.I contratti sono brevissimi, una settimana o due, nessuno sa cosa sarà di noi quando l’emergenza sarà finita”. E commenta il Coordinamento: “Ecco lo sfruttamento nei magazzini dell’Interporto, dove in particolare i richiedenti asilo lavorano tramite agenzie interinali, spesso con contratti a chiamata. Il telefono squilla anche di notte e nei giorni festivi. Quando non si è disposti a lavorare, perché non ci sono bus e di notte in bici o a piedi le strade sono pericolose, non si viene più chiamati. Se ci si rifiuta di fare gli straordinari si è lasciati a casa. Chi non viene assunto con le agenzie lavora tramite tirocinio: 450 euro di paga, nei casi più fortunati, per un tempo pieno. Finito il tirocinio, al padrone basta rivolgersi ai centri d’accoglienza per trovare un altro disposto a lavorare per pochi soldi”.

Tantissimi migranti, racconta di nuovo A., sono in questa situazione: “Ricevono la metà del loro salario, non gli pagano gli straordinari, i padroni inventano scuse per rubare soldi. Con il coronavirus la situazione è peggiorata. La questione è sempre la stessa, usano noi migranti perché credono che accettiamo qualsiasi cosa. Nei magazzini ci sono tantissimi migranti perché devono avere un contratto altrimenti non possono chiedere i documenti per rimanere in Italia. È contro questa situazione che dobbiamo lottare”.

Questa situazione, sottolinea il Coordinamento, “non riguarda solo i richiedenti asilo, ma anche donne e uomini migranti assunti con contratti a tempo indeterminato nei magazzini come Dhl, Sda, Yoox, Camst, Gls e tanti altri. Negli ultimi anni questi migranti hanno lottato e conquistato salario e garanzie che ora le aziende mettono in discussionefacendo lavorare chi –per l’incertezza dei documenti e la precarietà dell’accoglienza –è costretto ad accettare qualsiasi lavoro a qualsiasi condizione. Anche il sindacato è in difficoltà: spesso durante gli scioperi la produzione è andata avanti con il reclutamento dei lavoratori a chiamata, cioè di lavoratori che è difficile sindacalizzare perché hanno contratti brevi. Migranti e richiedenti asilo lavorano fianco a fianco, fanno lo stesso lavoro ma con contratti diversi e documenti diversi. I padroni usano queste differenze alimentando divisioni e razzismo. Per questo, è giunto il momento di lottare insieme –migranti e richiedenti, donne e uomini, sindacalizzati e non –per superare le divisioni. Come dice A., per lottare contro questa condizione di ricatto bisogna uscire dall’isolamento e organizzarsi”.