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“Mobilitazione per il Rojava”, doppio appuntamento

Numerose realtà autogestite cittadine aderiscono all’appello internazionale contro l’attacco della Turchia alla regione autogovernata nella Siria settentrionale, iniziato ieri con bombardamenti, colpi di artiglieria pesante, tentativi finora respinti di sconfinamento: concentramenti oggi alle 17 in piazza Verdi e sabato alle 15 in piazza del Nettuno.

10 Ottobre 2019 - 09:27

Come si temeva da tempo, Ankara ha dato il via alle 16 locali di ieri all’attacco alla Federazione democratica della Siria del Nord, l’area autonoma che si estende su oltre un quarto del territorio siriano e che comprende il Rojava o Kurdistan occidentale e altre regioni che negli ultimi anni le Syrian democratic forces curdo-arabo-assire hanno liberato dal Califfato dell’Isis. Un’aggressione che colpisce un esperimento di uguaglianza, autogoverno, ecologia e femminismo unico nel medio oriente. Diverse città sono state bombardate dall’aviazione turca e dall’artiglieria pesante dell’esercito. L’ufficio stampa delle Sdf riferisce di tre combattenti e cinque civili uccisi, nonché di decine di feriti tra la popolazione. Secondo Il canale Telegram italiano Rojava resiste stanotte ci sono stati violenti scontri lungo tutto il confine, con due tentativi falliti di invasione da terra. Riportava ieri sera il medesimo canale: “Le YPG/SDF stanno rispondendo all’attacco colpendo le postazioni nemiche in diverse città di confine. Mentre la maggior parte della popolazione è costretta a scappare, in molti rimangono e decidono di prendere le armi. Il peggio per le truppe turche inizierà quando si troveranno ad affrontare la resistenza curdo-araba-assira strada per strada, casa per casa”. L’attacco turco, il secondo dopo quello che ha riguardato la regione di Afrin a inizio 2018, è arrivato subito dopo il ritiro delle forze armate Usa, avvenuto nelle ultime quarantotto a seguito di un annuncio via twitter del presidente Donald Trump, che ha poi maldestramente e inutilmente provato a correggere la rotta: “Una pugnalata alle spalle”, hanno subito denunciato i curdi.

In molte città del mondo, e almeno in una decina italiane, sono state immediatamente indetti presidi e mobilitazioni. A Bologna aderiscono all’appello internazionale per fermare l’occupazione turca numerose realtà autogestite, già da tempo schierate a fianco della rivoluzione del Rojava. Nello specifico Vag61, YaBasta, Làbas, Tpo, Nodo Sociale Antifascista,  Rete Jin Bologna, Non Una Di Meno Bologna, Laboratorio Crash!, Collettivo Universitario Autonomo hanno diffuso nelle scorse ore due appuntamenti: il primo è per oggi stesso, alle 17 in piazza Verdi: “Invitiamo tutte e tutti a scendere in piazza , a mobilitarsi per non rimandere indifferenti verso ciò che sta accandendo sul confine turco – siriano. La solidarietà è un’arma e in questo momento dobbiamo utilizzarla difendere l’esperienza del confederalismo democratico del Rojava minacciata dal secondo esercito della Nato”.

Una nuova manifestazione è stata annunciata per questo sabato 12 ottobre, data proclamata come giornata globale di mobilitazione con un comunicato del Rojava Solidarity Committee rilanciato dalle realtà cittadine: “Sin dall’istituzione dell’autonomia autonoma democratica curda nella Siria settentrionale e orientale (DASA), il confine tra Turchia e Siria settentrionale e orientale è stato molto sicuro e nessuna azione armata contro la Turchia ha avuto origine da questo territorio. In recenti colloqui mediati dall’amministrazione statunitense tra la DASA e lo stato turco, le forze democratiche siriane (SDF) hanno dimostrato la loro volontà di lavorare per una pace duratura. La nuova dichiarazione rilasciata dalla Casa Bianca, dal presidente degli Stati Uniti D. Trump, ha violato l’accordo negoziato tra la DASA e lo stato turco. Questa affermazione dimostra che gli Stati Uniti hanno apparentemente abbandonato i curdi, risultando in un’area che è stata, fino ad ora, un’oasi di stabilità e coesistenza in Siria, dovendo affrontare un altro periodo di sanguinosi conflitti. Erdogan e il suo regime autoritario rappresentano la dittatura totalitaria, il militarismo e la violenta persecuzione delle minoranze, dei curdi e dei loro alleati nella Siria settentrionale e orientale. Più di 11.000 uomini e donne delle forze di sicurezza della Siria settentrionale e orientale hanno dato la vita per liberare questa regione dall’ISIS, per proteggere i popoli della Siria settentrionale e orientale e per fornire loro un futuro migliore, e oltre 22.000 altri sono rimasti feriti in questa campagna combattuta duramente. In questo modo, il mondo è stato protetto dalla brutalità dell’ISIS. Un’invasione della regione da parte delle forze turche creerà le circostanze in cui l’ISIS può essere rianimato e commettere crimini contro l’umanità, diventando ancora una volta una minaccia per tutto il Medio Oriente, l’Europa e il mondo causando morte e distruzione indicibili e costringendo milioni di persone a fuggire dalle loro case e diventare rifugiati. Pertanto, chiediamo alle comunità internazionali e alle organizzazioni della società civile in tutto il mondo di agire contro l’occupazione turca e la pulizia etnica contro i curdi nella Siria settentrionale e orientale il 12 ottobre 2019″.