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Migranti, di nuovo un Cie in città? Tpo e Làbas: “Mai più”

Sull’onda dell’allarme per l’attentato di Berlino il Viminale fa sapere che è allo studio la riapertura dei centri di identificazione ed espulsione, anche a Bologna. I due centri sociali: “Merola deve dire no al governo”.

29 Dicembre 2016 - 11:09

Hub di via Mattei - © Michele Lapini Sembravano relegati a un’epoca passata e a nomi impolverati come Turco, Napolitano, Bossi e Fini. Invece i Cie potrebbero presto tornare a essere una realtà, stando a quanto alcune testate locali e nazionali attribuscono da tre giorni a questa parte al ministero degli Interni, a capo del quale Marco Minniti ha preso pochi giorni fa la poltrona su cui sedeva da quasi quattro anni Angelino Alfano.

Numerose erano state le proteste negli anni contro quelle che a tutti gli effetti sono carceri amministrative, in cui recludere persone a cui non è contestato alcun reato. Tanto che ormai ne restavano in funzione solo cinque in tutta Italia, e a regime ridotto.

Ora però sono l’allarme suscitato dall’attentato al mercatino natalizio di Berlino e la biografia dell’attentatore (sbarcato a Lampedusa nel 2011 e ucciso a Sesto San Giovanni la settimana scorsa) a fornire il clima di paura ideale per fare trapelare un piano di riapertura, che oltre a Milano, Gradisca d’Isonzo e Potenza, a quanto si legge, rigurderebbe anche Bologna, dove il centro all’ex caserma Chiarini di via Mattei (rinnegato anche dal Sindaco) fu chiuso nell’estate 2014, per essere privato delle sbarre e riconvertito in hub per i richiedenti asilo, funzione che continua a svolgere.

Una netta presa di posizione contro tale piano arriva dai centri sociali Tpo e Làbas: “Come attori della battaglia per la chiusura del Cie di Via Mattei – si legge nel comunicato arrivato stamani in redazione – vinta dalle cittadine e cittadini di Bologna contrari alla vergogna delle carceri etniche, ci opporremo fino in fondo al ritorno di un Centro di Identificazione ed Espulsione nella nostra città. Per troppi anni abbiamo convissuto con gli orrori quotidiani di un luogo dove persone vittime della legge Bossi-Fini venivano private della libertà e della dignità, punite anche con violenze e abusi polizieschi per una reato che non hanno commesso. La clandestinità è una condizione amministrativa inventata da un sistema razzista per negare diritti ai migranti, sfruttarli come mano d’opera schiava, stigmatizzarli come capri espiatori di fallimentari politiche di guerra e di controllo della mobilità delle persone. Ma non ne siamo mai stati complici. E certo non lo saremo nemmeno adesso, quando i Cie diventano alter ego degli hotspot, nuovo strumento delle politiche europee in crisi davanti agli esodi di cui l’Europa è investita in maniera secondaria. Anziché sperimentare forme di accoglienza e di nuova cittadinanza europea, con l’arbitraria partizione negli hotspot delle persone in arrivo viene negato il diritto di fuga e protezione a chi sfida frontiere sempre più militarizzate; mentre nei Cie si mette in atto un duplice processo: da un lato la disumanizzazione e delegittimazione della persona utile a più fini, tra cui il più urgente di fornire una risposta, del tutto illusoria, agli attentati; mentre dall’altro quello di perfezionare la collaborazione con regimi dittatoriali, governi corrotti e iper-integralisti verso cui deportare i migranti”.

Prosegue la nota: “Bologna, e non solo Bologna, non ha bisogno di un Cie. Ma di progetti di accoglienza, di percorsi di inclusione, di interventi innovativi e responsabili contro le nuove povertà, per il diritto alla casa di tutti, per la piena cittadinanza. Con la campagna che ha portato alla chiusura del Cie di via Mattei nel 2014 abbiamo affermato un principio non negoziabile: mai più Cie a Bologna. Un risultato che lo stesso Sindaco Merola si è fieramente intestato come merito del proprio lavoro, e che oggi lo impegna a dare una risposta negativa e determinata all’istruttoria che il Ministro Minniti starebbe conducendo circa la possibilità di insediare nella nostra città un centro di detenzione per migranti”.

“Da parte nostra – concludono Tpo e Làbas – porteremo avanti l’impegno assunto insieme a tante e tanti per una città, e una società, senza luoghi di segregazione, violenza e violazione. Al Ministro e al Sindaco mandiamo subito un messaggio determinato: Bologna non è candidabile ad ospitare un Cie”.