Acabnews Bologna

Mediterranea, ponte fra mare e terra
che parte anche da Làbas [audio]

In tantissimi ieri nel centro sociale per la presentazione del progetto. L’invito è a prendervi parte col crowdfunding e altre forme “creative” di sostegno.

09 Ottobre 2018 - 14:30

“Una piattaforma aperta a realtà eterogenee, che attraversi centri sociali, pezzi di società civile, ong già impegnate nel salvataggio di vite umane”. E’ questo l’intento dei promotori dell’operazione Mediterranea, che a partire anche da Bologna ha messo in mare la nave “Mare jonio” con la finalità primaria di effettuare operazioni di monitoraggio e ricerca dei migranti dispersi nelle acque del Mediterraneo. Centinaia di persone ieri nel cortile di Labàs hanno ascoltato le parole degli organizzatori e sostenitori dell’operazione: fra questi Sandro Mezzadra, Alessandro Bergonzoni, i componenti de “Lo Stato Sociale”, e naturalmente gli attivisti di Làbas e YaBasta. Come dichiara Francesca ai microfoni di Zic “l’operazione vuole salvare vite ma vuole anche creare un ponte tra quello che succede in mare e quello che succede a terra, creando città-rifugio solidali, in grado di accogliere. L’attivazione del progetto è aperta a tutti, attraverso il crowdfunding e tante altre forme creative. Speriamo partiranno  ulteriori missioni, nelle quali si metteranno insieme le diverse competenze utili alla navigazione e al funzionamento dell’operazione”.

 

Durante la presentazione è stato trasmesso anche un video-messaggio da due giovani attivisti di Labàs presenti sulla nave, Giulia e Mario, mentre a inquadrare il senso più politico dell’operazione è stato l’intervento di Sandro Mezzadra, docente di Filosofia politica all’Università di Bologna: “La guerra contro le organizzazioni non governative che è stata portata avanti dal governo italiano ci parla di un cambiamento abbastanza significativo rispetto al controllo dei confini marittimi e al governo delle migrazioni. Se prima le ong sono state presenti ed erano riconosciute come soggetti legittimi in tutti gli spazi di frontiera, ora assistiamo a una vera e propria criminalizzazione dell’intervento umanitario. Un intervento umanitario che molti di noi negli anni passati avevamo criticato in quanto parte del dispositivo di governo che rendeva vittime i migranti. Ma dopo che si è aperta la crisi di quel dispositivo, si è posta la domanda radicale di cosa sia ‘umanità’. Questa nostra operazione contesta alla radice l’idea per cui in mare debbano intervenire solo le autorità competenti, di fronte alla negazione totale del diritto alla vita. Il tratto politicamente radicale di un intervento come quello che abbiamo costruito nel Mediterraneo è che in questi mesi abbiamo dimostrato che si può fare: è possibile fare cose che ci appaiono come al di fuori della nostra portata. Vogliamo dimostrare che non solo è possibile la resistenza, ma che possiamo anche anticipare, fare uno scarto, agire prima. L’operazione mediterranea sarà davvero riuscita se sarà appropriata da una moltitudine di altri soggetti, in modo da attribuirle altri significati, per portare nelle piazze e nei cortei la nave Mar Jonio. Vorremo tentare di aprire molti spazi per riorganizzare un progetto di vita che valga la pena di essere vissuta, sfidando i confini.”