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Martina, il poliziotto chiederà il rito abbreviato

Lo riferisce il Tpo: “Si vuole impedire di andare a fondo” nel processo all’agente accusato di aver manganellato sui denti la studentessa davanti a Bankitalia.

14 Febbraio 2013 - 17:37

12 Ottobre 2011. Un poliziotto del VII reparto colpisce con un manganello Martina, in una situazione non concitata, volontariamente, violentemente sulla bocca e le distrugge 4 denti.

Nessuno viene sospeso dal servizio, nessuna indagine interna, nessuna risposta al procuratore Giovannini che chiedeva di “costituirsi”. Nessuno vede nulla, nessuno filma nulla, nessuno, sa nulla, nessuno parla. Tutti tacciono. Tutti. Anche chi è pagato per filmare e annotare cosa succede secondo dopo secondo in piazza. Eppure di solito questo “lavoro” lo svolgono egregiamente i funzionari dello stato. Di solito sulla pelle di uomini e donne che scendono in piazza a lottare per un futuro che non sia di miseria.

In questi ultimi anni abbiamo visto i mezzi di riconoscimento usati dalla polizia diventare sempre più sofisticati, le relazioni sempre più minuziose (ogni tanto sembrano già sceneggiature di un film), le perquisizioni e gli arresti sempre più frequenti.

Come mai NESSUNO ha visto nulla? Come possiamo non dire che questo reparto si basa su omertà, viltà e vigliaccheria? Come possiamo negare che è un reparto di criminali, gente pericolosa, potenziali assassini (come ricorda la vicenda di Paolo Scaroni), che agisce nell’impunità? Come possiamo non dire che se sei dalla parte del potere te la puoi pur sempre cavare? Come è possibile che questo stesso reparto che durante le indagini copre e rallenta l’inchiesta, senza fornire nomi né fotografie, si permetta di chiedere i danni a chi definisce questi atteggiamenti omertosi, tipici delle cosche mafiose? E’ reale o non lo è che questo poliziotto è stato nascosto, trasferito, subito dopo i fatti? E’ vero o non lo è che questo reparto si è macchiato ripetutamente di crimini e azioni violente cercando sempre di autotulerarsi con il silenzio e l’omertà?

Oggi [ieri, ndR], nella prima comparizione davanti ad un giudice, apprendiamo dagli avvocati del poliziotto la probabile intenzione (non ancora formalizzata a causa di un rinvio al 17 maggio) di procedere con il rito abbreviato. Quando il giudice lo disporrà il processo non sarà più pubblico, non si potranno portare prove oltre a quelle già acquisite e non ci sarà un dibattimento in aula : il magistrato dovrà decidere con il solo materiale presentato durante le indagini, senza possibilità che vengano portati alla luce ulteriori elementi.
E’ un altro evento che vuole impedire di andare a fondo in questa storia, che mostra la volontà di nascondere i fatti: nessun testimone prima e nessuno a testimoniare ora.

Siamo sicuri che l’asse Digos/Procura della Repubblica abbia fatto il possibile per andare a fondo in questa storia? Tutta la mole di informative, relazioni, intercettazioni che vediamo richiedere e produrre solitamente, sono state fatte in maniera cosi minuziosa anche questa volta? Si poteva/doveva, forse, fare di più?

Questo è il VII. Reparto che uomini e donne si troveranno davanti ogni volta che scenderanno in piazza. E se continueranno a restare impuniti, si sentiranno sempre più legittimati a continuare nella loro condotta criminale.
Chiedere i numeri identificativi sui caschi per i corpi di polizia di stato è una richiesta di civiltà e democrazia. E’ un problema solo dei movimenti o anche delle istituzioni di questa città?

Martina è stata in tribunale oggi e ci sarà anche il 17 maggio perché conosce la verità dell’accaduto e non ha paura di guardare negli occhi né la verità né chi proverà a mistificarla!

Tpo