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L’invasione dei fascio/cioccapiatti

Un tempo non se li sarebbe filati nessuno, oggi sono diventati utili opinion leader del regime fascio/leghista. Ecco la storia di uno di loro: l’esorcista forlivese Davide Fabbri.

13 Maggio 2019 - 11:12

Che sia il tempo in cui fascisti e cioccapiatti siano stati sdoganati, purtroppo, ce ne eravamo già accorti da un bel po’.

Ora che la fusione delle due suddette figure è diventata una coazione a ripetersi, quasi a sembrare una tendenza inarrestabile, sarebbe il caso di darsi una mossa. Occorrerebbe porre fine a troppe situazioni penose e sgradevoli. Sarebbe proprio necessario contrastare con varie forme e modalità chi ha la responsabilità di averle legittimate e, di conseguenza, averle fatte proliferare.

Siamo di fronte a una vera e propria invasione di “fascio/cioccapiatti”, una volta vestiti da esponenti politici, qualche altra da filosofi pseudo-sovranisti, molto spesso da paladini della famiglia tradizionale e quasi sempre da moralizzatori sulle beghe altrui, molto poco “appuntabili” sulle proprie.

L’ultimo in ordine di apparizione è il “fascio/esorcista” dalla piadina facile, il “Vikingo” forlivese Davide Fabbri. Presentatosi a Vergato in tunica color avorio, con la croce in mano, pronto a spruzzare acqua (non si sa benedetta da chi) contro la statua realizzata dall’artista Luigi Ontani. Il fauno con un putto sulle spalle e la testa di un vecchio Tritone, realizzata per la fontana della stazione, ha scatenato la canea reazionaria guidata dal catto-leghista Pillon.

Per fortuna, tanti vergatesi hanno accolto Fabbri con una scarica di improperi e di insulti che addosso gli stavano molto meglio della tunica.

Ma qual è la storia di questo diacono del sangiovese che è venuto a scongiurare il diavolo e il pericolo della mai morta ideologia comunista sull’appennino bolognese? Raccontarne le vicende che lo hanno visto protagonista farà capire il valore “stilistico” del personaggio.

Di lui si comincia a parlare nei primi anni novanta, quando l’ideatore di una delle tante fiere dell’eros che brulicavano in quel periodo lanciò uno slogan “troppo erotismo solo per gli uomini, è ora di pensare anche alle donne”. Le cosce, gli addominali e i bicipiti di Davide Fabbri divennero gli oscuri oggetti del desiderio per puntellare quella “geniale” pensata. Il ragazzone romagnolo si ritrovò a intraprendere la carriera da spogliarellista, diventando una piccola star dei luna park del sesso. Passò alla storia, se così si può dire, il suo costumino/tanga ghepardato che fece impazzire l’accaldato pubblico delle porno/corride.

Di lui si persero le tracce per un po’ di anni, poi un suo discusso spogliarello venne percepito come arma di contestazione politica a una festa del Pd. A quel punto, lanciatosi sul versante dell’impegno pubblico/sociale, decise di fare una scelta di campo, raccontando che suo nonno Augusto era figlio della sorella di Donna Rachele, la moglie del Duce. Si dichiarava molto legato alla famiglia di Predappio e che suo cugino Franco era amico personale di Alessandra Mussolini (che secondo Fabbri era “sua cugina, anche se alla lontana”). A chi gli chiedeva quale fosse il suo grado di parentela effettivo con il “mascellone del fascismo” lui rispondeva che si definiva suo “pronipote”. Del resto, nessuno dei parenti del “grande Benito” lo smentì mai.

Bene, con questa certezza, era pronto per partecipare all’edizione 2011 dell’Isola dei Famosi al villaggio in Honduras. La sua comparsata al reality show terminò molto presto, fu uno dei primi ad essere eliminato. Non la prese sportivamente e, oltre a una lite in diretta tv, decise di denunciare per danni Simona Ventura (che, non sapendo della parentela storica, l’aveva addirittura scambiato per un estimatore di Che Guevara), dichiarando che la sua eliminazione era frutto di un programma pilotato. Tra le altre cose affermò di aver trovato sotto la porta della stanza d’albergo un biglietto, firmato con la falce e il martello, con scritto “Mussolini Boia”. E pochi giorni dopo un altro, sempre con la falce e martello e la scritta “vai a morire ammazzato te e la tua famiglia”.

Nei primi mesi del 2012 l’ex spogliarellista aveva inscenato una protesta contro la tassa turistica imposta dal Comune di Predappio sui pulman che entravano in paese per portare i nostalgici del Duce a visitare la tomba di Mussolini al Cimitero di San Casciano.

In un periodo successivo il Vikingo Fabbri si diede all’insegnamento. Lo troviamo, infatti, nel mese di luglio del 2012, alla Taverna Bukowski di Marina di Ravenna, fece il suo esordio come docente per un ciclo di lezioni sulla seduzione. Nel depliant promozionale si poteva leggere: “Davide vi illuminerà con la sua esperienza, vi insegnerà ad approcciare l’altro sesso con educazione e fantasia, vi darà utili consigli per conoscere le persone e, indirettamente, riscoprire se stessi. Un’occasione da non perdere, una serata di cultura applicata: cuccare o non cuccare, dilemma universale, istinto naturale del maschio nazionale, queste sono le parole che riassumono il suo credo, lo slogan di una campagna che mira a saziare quel bisogno di compagnia di cui l’uomo necessita per sua natura sociale”.

Fu, però, ancora la passione e l’ardore politico a interrompere la brillante carriera di “maestro di vita”, infatti, a Cervia, nel mese di luglio del 2013, fu protagonista di un lancio di banane contro l’allora ministra dell’Integrazione Cécile Kyenge. Davide Fabbri si giustificò così: “Ha giurato sul tricolore ma poi si è battuta solo per gli stranieri”.

Sempre nello stesso periodo presentò una denuncia contro Laura Boldrini per discriminazione contro gli italiani e favoreggiamento di “rom ed extracomunitari”.

Il 2014 fu l’anno di massima attività politica per Fabbri, se così si può definire. Prima fondò il movimento “Lavoro e rispetto”, poi “Forza Popolare”.

Agli inizi di aprile dello stesso anno, sotto l’etichetta di “Comitato di liberazione nazionale” (scordandosi che quello era il nome dell’organo politico-militare che guidò la Resistenza al nazifascismo), il Vikingo recapitò un finto avviso di garanzia ad Angelino Alfano, consegnandolo alla Prefettura di Venezia, dove si invitava il ministro a osservare “la più scrupolosa vigilanza sulle coste e il ripristino delle frontiere nazionali”. “Sarai processato se di ebola morirà un italiano”, recitava uno dei cartelli con cui Fabbri si presentò.

La mattina del 30 aprile 2014, era a Bologna insieme al “Coordinamento 9 Dicembre”, per guidare una manifestazione del “movimento dei Forconi” in protesta contro i sindacati e per celebrare la festa del lavoro di precari e disoccupati con 24 ore di anticipo rispetto alle manifestazioni ufficiali del 1° maggio. La sfilata si risolse in una passeggiata di nemmeno una quarantina di persone che sventolavano bandiere tricolori al grido di “rivoluzione subito”. Alla testo dello sparuto manipolo c’era Fabbri con un’urna piena di cenere; “per celebrare il funerale del sindacato, che non fa il bene dei precari e del popolo sovrano, ma cura gli interessi dei partiti” gridò con voce tonante.

Il 7 maggio 2014 l’ex spogliarellista tornò in televisione, dopo la sfortunata vicenda dell’Isola dei Famosi. A chiamarlo stavolta fu la trasmissione delle Iene. Durante un’imbarazzante intervista Fabbri dichiarò: “Io sono cattivo lo sai? … Mi danno la colpa che ho lanciato le banane alla Kyenge, che sono razzista, tutte cazzate, sai com’è?… Per me il simbolo della banana è un simbolo rivoluzionario. Il razzismo è al contrario: stiamo facendo arrivare centinaia di migliaia di extracomunitari in Sicilia quando in Italia non c’è la casa, il lavoro, neanche per gli Italiani… A lanciare le banane sono stati i servizi segreti… Avevo pure la Digos che mi controllava a vista… Lo sai che si va in galera dieci anni per un gesto così?”.

Poi si mise a cantare, sulle note di ‘Bella ciao’. Fu un siparietto ignobile: l’ex “isolano” si mise a cantare ‘Banano Chao… una mattina mi son svegliato e ho trovato l’invasor’. Dove gli invasori erano naturalmente i migranti.

Nel 2015 il “Vikingo” si diede quasi a tempo pieno all’apologia del fascismo. A gennaio tappezzò il centro storico di Rimini di volantini con l’immagine di Benito Mussolini e la scritta “Per un mondo più pulito torna in vita zio Benito”. Nell’ottobre dello stesso anno lo videro alla testa della marcia dei nostalgici mussoliniani al cimitero di Predappio.

Nel 2017 firmò un’altra comparsata a Bologna, partecipando ad un presidio della destra fuori dall’Hub per migranti di via Mattei: facendosi spazio tra le bandiere di Fi, Lega nord, Fratelli d’Italia e Rsi-Fiamma nazionale si mise ad arringare i (pochi) manifestanti e i giornalisti tenendo in mano un crocifisso.

Sparì dalle cronache per un po’ di tempo, poi si fece fotografare l’8 dicembre 2018 a Roma, alla manifestazione nazionale della Lega per Salvini Premier (“L’Italia rialza la testa”). Aveva in una mano un crocifisso e nell’altra un manifesto con il volto di Putin e la scritta “io ci sono”. Non vestiva più un costume ghepardato ma i panni di difensore dell’Occidente e della Cristianità.

Sono tanti i cambi d’abito che Davide Fabbri ha avuto in questi anni, dal minuscolo tanga fino alla tonaca da diacono esorcista /cavaliere dell’Arcangelo Michele; chissà che non sia stato proprio lui ad avere ispirato Capitan Salvini nei suoi continui cambi di felpa e di casacca.