Acabnews Bologna

Làbas sfida Merola: “E’ tempo di fatti e scelte concrete”

Incontro in Comune il 29: “Sta al sindaco scegliere tra la politica di sempre e quella del coraggio”. E intanto, Pugno chiuso: dopo lo sgombero del presidio tre espulsioni e minacce di fogli di via.

12 Agosto 2017 - 11:49

“E’ tempo di fatti, di scelte concrete, di responsabilità verso una città in cammino”. Làbas, dopo lo sgombero dell’8 agosto, risponde così al sindaco Virginio Merola che ha indicato una data per un incontro con il collettivo: “L’impegno per l’alternativa c’è e il luogo è stato individuato. Ho invitato il collettivo Làbas a Palazzo d’Accursio il pomeriggio del 29 agosto”. Il luogo, come emerso nei giorni scorsi, potrebbe essere l’ex caserma Staveco: ipotesti che ha subito fatto saltare sulla sedia la destra cittadina (con relative promessa di prendere le vie legali), comprendendo in questa definizione anche l’ala renziana del Pd che ovviamente ha colto l’occasione per rinverdire le solite chiacchiere sterili sulla legalità. La risposta di Làbas arriva con un comunicato che affronta sia la proposta di incontro che un intervista rilasciata dal sindaco al Corriere della Sera. Scrive il collettivo: “Nel frastuono dei giorni dopo, tra le tante cose, troviamo tante belle parole, dichiarazioni illuminanti, sentiti pentimenti. Eppure, mai come oggi, crediamo che la Città di Bologna non meriti di essere distratta dal piano di discussione che il suo primo cittadino Virginio Merola vorrebbe ripristinare. Questo non tanto perché sono ridicoli i riferimenti al ’77 storico (molti e molte degli attivisti di Làbas sarebbero nati almeno 10 anni dopo); non tanto perché è irrispettoso rivolgersi ad un vero pezzo di società con un atteggiamento paternalistico e superficiale; non tanto perché non si vuole vedere ciò che è visibile a tutti; quanto perché l’istanza che questa vicenda impone e propone è una vera e propria sfida all’immaginazione di ognuno/a di noi, che non può essere – per la sua caratura – ignorata e ‘costretta’ in futili categorie”.

Prosegue Làbas: “Cosa intendiamo? Pensiamo che continuare a insistere sulla dicotomia collettivo-amministrazione, proposta-non proposta (via del Porto), ultimatum-controultimatum significa non guardare in faccia la realtà: Làbas – almeno nella sua ‘dimensione fisica’ – dalla mattina dell’8 agosto non c’è più. Finito. Pura e semplice verità. Làbas non c’è più e ancora c’è chi non riesce a cogliere la grande opportunità apertasi da questa vigliacca chiusura: possiamo davvero finalmente capire, affermare, quale tipo di città abbiamo, ma soprattutto vogliamo, tutti e tutte, nessuno escluso/a. E su questo, caro sindaco, a poco servono le inesatte ricostruzioni di ciò che (non) è stato fatto. Tutto questo serve solo a relegarla nell’invisibilità del suo ruolo non esercitato, nel silenzio assordante di una politica che ha fallito, di una risposta vera e concreta che parla di modi, tempi e dati di fatto, che ad oggi ancora non c’è, che ad oggi disattende tutta una città che chiede – se la si ascolta veramente – un atto di giustizia sostanziale: avere la possibilità, i mezzi, i luoghi adatti per scrivere la città del domani, proprio quella che si dovrà abitare. E così, caro sindaco, a poco serve ‘dolcificare’ la scelta di un albergo di lusso al posto dei sorrisi dei bambini, di appartamenti privati al posto di letti che non guardano a provenienza e portafoglio, di un maledetto Poc che sacrifica – oltre che svalorizzare, letteralmente – un’intera area cittadina. A poco serve credere che tutto sarà come prima, che nulla è cambiato, che bastano belle promesse, sofisticate ambizioni a sciogliere il ‘nodo Làbas’: è tempo di fatti, di scelte concrete, di responsabilità verso una città in cammino. E che non si fermerà”,  promette Làbas, a partire dal 9 settembre con la manifestazione indetta al grido di “Riapriamo Làbas”. Il 29 agosto, “giorno in cui ci ha invitato a Palazzo D’Accursio, l’opportunità è ‘sua’: può scegliere di essere la politica di sempre, distopica e lontana dalle vite della città, oppure la politica del coraggio, della trasformazione, quella che sfida gli interessi di pochi per valorizzare un’esperienza di straordinaria innovazione. Quella politica, caro sindaco, che abbiamo costruito insieme a migliaia di persone in questi cinque anni: la politica del fare”, concludono gli ex occupanti della caserma Masini.

E restando in tema sgomberi, arriva un aggiornamento da Pugno chiuso dopo la rimozione, ieri mattina, del presidio che si era formato in via Gandusio a seguito dello svuotamento dei palazzi Acer. Ieri pomeriggio il sit-in si è spostato sotto le Due torri e Pugno chiuso fa sapere: “Dopo averci cacciato dalla strada e dopo che ci siamo fatti vivi nel vostro centro città sotto le due torri vi comunichiamo che i fogli di via sono solo stati intimati oralmente ma non ancora consegnati, mentre sono stati emessi ben tre decreti di espulsione dall’Italia. Questi provvedimenti sull’espulsione riguardano una coppia di rumeni che vive e lavora in Italia da 20 anni e un operaio marocchino che vive e lavora in Italia da 10 anni”.