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Làbas: “Misure cautelari? La storia non la scrivono i tribunali”

Il collettivo sui divieti di dimora chiesti dopo lo sgombero dell’ex Masini. Il Pd contro uno striscione antifascista appeso in Bolognetti, dove intanto sono nate un’aula studio intitolata a Regeni e una ciclofficina per i riders.

17 Marzo 2018 - 18:05

“A otto mesi di distanza dallo sgombero di Làbas la Procura della Repubblica ha chiesto di punire cinque nostri compagni con delle misure cautelari restrittive dalla loro libertà personale. Il Tribunale le ha respinte, ma la Procura ha già fatto ricorso. Tutti i giornali di oggi (ieri, ndr) parlano di un conflitto tra la Procura e il Tribunale, ma questa è una discussione totalmente sconnessa dalla realtà. I fatti hanno già dimostrato che le decine di persone (non cinque, né gli undici indagati) che hanno resistito con le unghie e con i denti allo sgombero di Làbas avevano ragione: quella resistenza ha parlato un linguaggio che ha portato oltre 15.000 persone in piazza il 9 settembre scorso per chiedere la riapertura di Làbas”. Così il collettivo commenta la notizia emersa nei giorni scorsi. “Quella resistenza- continua Làbas- ci ha consentito di intraprendere un percorso nuovo che ora vive in vicolo Bolognetti, le cui attività sono già partecipate ogni settimana da centinaia di persone, mentre l’ex caserma Masini è tornata all’abbandono e al degrado. La storia la scrivono i corpi che resistono, non le carte dei tribunali. I nostri compagni non si toccano! L’8 agosto c’eravamo tutte e tutti!”.

Intanto, il Pd in Comune s’arrabbia per uno striscione antifascista appeso all’interno di vicolo Bolognetti. Recita “Con ogni mezzo necessario, contro il fascimo” e per il Pd ciò non va bene, tanto da chiedere che lo striscione “venga rimosso o che almeno venga modificato, scrivendo: ‘Con ogni mezzo democratico’. Le idee sbagliate vanno combattute in maniera democratica”. L’assessore alla Sicurezza di Palazzo D’Accursio, Alberto Aitini, raccoglie: “Non ne ero a conoscenza, sicuramente approfondirò la questione, perchè concordo con lei che siano messaggi che non devono passare”. E’ tutto vero, eh. Non a caso, il Pd è in ottima compagnia visto che Fi, contemporaneamente, ha perfino presentato un’interrogazione in Regione per segnalare che sempre a Làbas è esposta anche una bandiera con scrtto “Still not loving Police”. Fi parla di “intollerabili comportamenti”, ipotizzando che la bandiera possa “essere annoverata fra le cause di decadenza per gravi motivi dall’assegnazione di immobili” da parte del Comune.

Passando a cose più serie, nel frattempo da vicolo Bolognetti si segnala l’intitolazione di un’aula studio a Giulio Regeni, su iniziativa di LuBo e Studenti medi autorganizzati: “Ci associamo alla richiesta di verità sui fatti che hanno determinato la sua morte; riteniamo inaccettabile che in nome di interessi economici e politici tra l’Italia e l’Egitto si possa nascondere la mano di chi ha ucciso Giulio”. Inoltre, a Làbas è stata inaugurata anche una “ciclofficina-dopolavoro” per i riders, denominata LaBike, in collaborazione con Riders Union: è nata per rispondere “in primis all’esigenza di avere un luogo di incontro- spiega la rider Adele- perche’ si vede sempre di più come le piattaforme stiano cercando di non far sapere chi è il tuo collega, affinchè non si creino dei rapporti che vanno magari a sfociare in scioperi, com’è successo nelle ultime settimane”. Inoltre, lo spazio è pensato per “cercare di andare incontro all’esigenza di poter sistemare le bici, perchè ora come ora le piattaforme non danno nessun tipo di servizio, gratuito o meno, per farlo. Noi crediamo sia importante creare una ciclofficina sociale in cui non devi spendere 50 euro per farti mettere a posto il freno, perchè puoi venire qui e utilizzare la strumentazione”. E a proposito di riders, pare che al momento solo due delle cinque piattaforme di delivery food attive a Bologna siano disposte a discutere la bozza di “Carta dei diritti” proposta dal Comune.