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Interporto, emerge un altro caso di razzismo

È nuovamente il Coordinamento migranti a riferire di un insulto rivolto da un lavoratore a tempo indeterminato a un collega precario per il colore della sua pelle: “Il razzismo è uno strumento che serve a governare il lavoro migrante”.

28 Dicembre 2019 - 15:38

L’insulto razzista di cui si ha avuto notizia due settimane fa non sarebbe un episodio isolato. Il Coordinamento migranti denuncia infatti una nuova vicenda anch’essa avvenuta all’Interporto: “Lo scorso anno C. lavorava a chiamata in un magazzino. Appena arrivato sapeva già usare il muletto e aveva il patentino per farlo. ‘Ma può un nero imparare così velocemente un lavoro da bianco?’ Deve aver pensato così quel lavoratore a tempo indeterminato che, insospettito da un nero che guida un muletto, ha intimato a C. di mostrargli il patentino. Una provocazione, ma C. non ha abbassato la testa in silenzio. Ha risposto a tono e gli ha chiesto di mostrargli il suo di patentino. In cambio si è preso in piena faccia un ‘n*gro di merda'”.

Prosegue l’articolo sul sito del Coordinamento: “‘So di essere nero, ma non c’è nessun n*gro di merda’, ci dice C. L’insulto razzista ha fatto male ma C. non lo ha denunciato, semplicemente si è rifiutato di lavorare con un razzista. Da allora, e sono passati pochi mesi, C. ha cambiato più lavori, attende il ricorso dopo il diniego della Commissione territoriale e oggi lavora in un altro magazzino dell’Inteporto, ma non più a chiamata”.

“Non basta però scandalizzarsi – si legge in conclusione – perché il razzismo, violento e sfacciato, esiste ancora. Il razzismo è infatti uno strumento che serve a governare il lavoro migrante: serve a intimidire donne e uomini migranti, a tenerli al loro posto, a dividerli dagli altri lavoratori. Il razzismo non è fatto solo di parole che insultano i neri e suonano sporche all’orecchio dei bianchi, ma segna gerarchie che girano attorno ai documenti, diversi uno dall’altro ma tutti da rinnovare, che i migranti tengono in tasca”.