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In piazza il 25 aprile anche il ”pane antifascista”

Perchè i panini calpestati a Torre Maura sono “il simbolo di una nuova barbarie nemica dell’umanità”, spiegano le realtà cittadine che dopodomani manifesteranno da piazza dell’Unità a piazza San Francesco, passando per la Prefettura. Ci sarà anche Non Una Di Meno: “Riempiamo le strade dei nostri corpi resistenti”.

23 Aprile 2019 - 16:39

Durante la manifestazione antifascista del 25 aprile “verranno distribuite tante piccole pagnotte di pane. Il pane come simbolo antifascista contro chi a Roma ne ha impedito la distribuzione e lo ha calpestato”. Lo annunciano le realtà antifasciste bolognesi che oggi, con una conferenza stampa davanti al Sacrario dei caduti partigiani, in piazza Nettuno, hanno presentato pubblicamente il corteo che dopodomani partirà alle 10 da piazza dell’Unità. Insieme alle pagnotte, verrà distribuito il seguente volantino, che spiega il senso dell’iniziativa: “Il pane che ai fascisti fa paura. «Chi calpesta il pane non ha ideali ed è un infame», i manifesti apparsi sui muri del Tufello rappresentano una sintesi efficace per descrivere quello che è avvenuto nella periferia romana di Torre Maura, dove i fascisti di CasaPound hanno istigato gli ultimi della città contro una settantina di rom, gli ultimi degli ultimi. I problemi di un quartiere povero, simile a tanti altri di una delle tante periferie italiane private di servizi essenziali e luoghi di socialità, sono diventati l’alibi per azioni xenofobe nei confronti degli zingari. La scena accaduta a Torre Maura, dove del pane destinato a delle persone è stato preso gettato e calpestato, è sgradevole e minacciosa. Quei panini nelle buste trasparenti schiacciati con le suole delle scarpe, buttati ai lati di un marciapiede, sparsi come rifiuti sull’asfalto della strada, sono il simbolo di una nuova barbarie nemica dell’umanità, sono i proiettili spuntati di una guerra tra i poveri che i salviniani, i razzisti e i fascisti del terzo millennio vorrebbero scatenare con l’odio e il disprezzo per chi è diverso. Nei Lager che oggi evocano per gli stranieri, i migranti e i rom, un tempo si viveva e si moriva per un avanzo di pane, come recitava la poesia di Primo Levi: «Se questo è un uomo / che lavora nel fango / che non conosce pace / che lotta per mezzo pane / che muore per un si o per un no». Chi ha deciso di calpestare il pane ha voluto mandare un messaggio preciso: non vi riconosciamo il diritto di esistere e per questo distruggiamo il cibo che vi dovrebbe sfamare. Si tratta della stessa possibilità di vivere che viene negata ai migranti in mare, impedendo i soccorsi e chiudendo i porti. Qualcuno, a sproposito, ha voluto assimilare l’episodio di Torre Maura agli assalti ai forni, che più volte sono avvenuti nel corso della storia. Ma quegli episodi erano tutt’altra cosa. Per esempio l’assalto ai negozi del pane avvenuto a Bologna il 23 settembre 1862 era stato scatenato dal rincaro dei generi di prima necessità. E, in epoca più recente, fu qualcosa di strepitoso l’assalto delle donne avvenuto il 9 settembre 1943 agli ammassi comunali delle campagne bolognesi. In tempi di guerra il pane era stato razionato e veniva distribuito con la tessera annonaria a un etto e mezzo per persona. Quando ai contadini fu ordinato dai fascisti di privarsi dei loro raccolti di grano, per permettere ai tedeschi di portarne ingenti quantità in Germania, l’ossequioso servilismo delle camicie nere a favore dei nazisti fece innalzare la rabbia di tante donne che diedero l’assalto ai depositi dove il grano era stato stoccato. Tutte erano decise a prendersi il ‘pane’ che i nazisti volevano rubare. A Torre Maura, al contrario, il pane è stato strappato a chi lo voleva distribuire per distruggerlo. Il pane è sempre stato un alimento fondamentale, per questo è diventato un simbolo da rispettare ed è proprio da queste storie che esce la differenza abissale, contrapposta, tra i fascisti e i compagni. La parola compagno deriva da «coloro che mettono il pane in comune», e il significato di questo vocabolo nella storia del conflitto di classe ha voluto dire tanto altro: fratello, amico, lotta, altruismo, solidarietà e partecipazione. Per tutte queste ragioni, in questo 25 aprile, abbiamo deciso di distribuire il pane come un simbolo antifascista, perché, come diceva Italo Calvino, «i sogni dei partigiani sono rari e corti, sono sogni nati dalle notti di fame, del cibo sempre poco e da dividere in tanti: sogni di pezzi di pane morsicati…»”.

Dopo la partenza da piazza dell’Unità, la manifestazione passerà davanti all’Xm24, “uno dei simboli dell’autogestione in città”, per poi proseguire per via Carracci e via Indipendenza. Davanti al Sacrario di piazza Nettuno sarà deposta una corona e, prima di concludersi in piazza San Francesco, il corteo farà tappa davanti alla Prefettura. Questo “per lanciare un messaggio chiaro- affermano gli antifascisti in conferenza stampa- contro le ‘prove tecniche di regime’ e il fascismo istituzionale che stiamo verificando giorno per giorno”, a cominciare dalla direttiva del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, sulle “zone rosse dove i prefetti possono intervenire direttamente, un provvedimento che ci riporta ai tempi dei podestà fascisti”. Il corteo sarà insomma un’occasione per parlare “del fascismo e della lotta di liberazione fatta dai partigiani, e di ciò che avviene oggi, che per certi versi ripercorre quelle strade”, aggiungono gli antifascisti, sottolineando che “purtroppo in questo momento abbiamo a che fare con tanti fascismi in tutto il mondo, a cominciare da quello che c’è in Italia, ben custodito e allevato dalle attuali forze di Governo”. Nel corso della manifestazione “ricorderemo anche chi, come Lorenzo Orsetti, ha combattuto a fianco dei curdi contro l’Isis” e non mancheranno le proteste “contro le politiche di chiusura e di repressione portate avanti da questo Governo, così come in passato abbiamo lottato contro il decreto Minniti. Non è una questione di colore politico, ma di contenuti”. Si manifesterà contro contro le politiche del Governo in materia di sicurezza e immigrazione, che “colpiscono le persone non per i reati commessi, ma per la loro condizione sociale”, e contro “provvedimenti come la legge sulla legittima difesa”. Tutto questo tenendo bene a distanza la “cosiddetta ‘memoria condivisa’, che ha dato il via allo sdoganamento dei comportamenti fascisti a cui assistiamo quasi quotidianamente. Chi disse, anni fa, che i ragazzi di Salò erano simili ai giovani partigiani ha aperto la strada a ciò che succede oggi”.

Alla manifestazione parteciperanno centri sociali, collettivi, movimenti e sindacati di base. Tra i contributi pubblicati in questi giorni, si segnala quello di Non Una Di Meno: “In questi anni di lotte abbiamo nominato dentro il nostro discorso contro la violenza maschile e di genere anche le diverse facce del fascismo. È quella del razzismo istituzionale che rafforza i confini legittimandone la violenza. È quella che stumentalizza il corpo delle donne in nome della sicurezza e per attaccare le persone migranti. È quella delle misure familistiche come il Ddl Pillon che promuove un’idea di famiglia patriarcale, luogo dove si consumano le violenze e in cui si riproduce la divisione sessuale del lavoro con l’imposizione di ruoli di genere. Il fascismo di oggi promuove l’idea della nazione bianca ed eterosessuale celandosi dietro il proseguimento delle politiche coloniali. Il 25 aprile non è solo una ricorrenza da celebrare, ma rivive nelle nostra lotte contro vecchi e nuovi fascismi. In Italia come in Brasile, in Ungheria come in Turchia stiamo assistendo all’ascesa delle destre estreme. Ma anche qui a Bologna, solo qualche settimana fa la Libreria delle donne di Bologna è stata attaccata dall’associazione neonazista Evita Peron, costola femmminile di Forza Nuova. La notte prima dell’8 marzo 2019 i centri antiviolenza sono stati presi  di mira in diverse città: Roma, Bologna, Modena, Parma, e prima ancora Ravenna. E di nuovo solo qualche giorno un altro atto intimidatorio e è avvenuto contro una nostra compagna di Modena. Di fronte a questo clima di odio e di violenza razzista, istituzionale e sociale, ci riprendiamo le strade. Le riempiamo dei nostri corpi resistenti per incrociare ancora una volta le lotte che fanno del movimento che ogni giorno costruiamo, un movimento politico transfemminista, intersezionale, antirazzista, antifascista, anticapitalista, e autonomo. Anche il 25 aprile ci ritroviamo insieme per riaffermare forte e chiaro che non ci fermeremo, perché siamo la marea che sta già costruendo la realtà che vogliamo! Ci vediamo giovedì 25 aprile alle ore 10, in piazza dell’Unità”.

Riceviamo e pubblichiamo dall’Sgb, che rilancia così l’appuntamento per il corteo di dopodomani: “Bella Ciao! Contro fascismo, razzismo, sessismo e sfruttamento, per la democrazia sindacale in tutti i posti di lavoro. Mentre si moltiplicano atti vili che vedono protagonisti formazioni neofasciste, partiti di governo continuano a strizzare l’occhio alle formazioni di estrema destra che tali atti mettono in atto legittimandone l’esistenza e la propaganda neofascista. Le attuali politiche razziste e autoritarie del decreto sicurezza e immigrazione che colpisce le lotte dei lavoratori e dei movimenti sociali, la proposta reazionaria del Ministro Pillon che riporta il ruolo della donna al medioevo, la negazione delle agibilità sindacali nei confronti di quei sindacati, come Sgb, che non aderiscono agli accordi della complicità ossia al testo unico sulla rappresentanza nei luoghi di lavoro, sono tutti elementi che ci confermano la necessità di rilanciare la mobilitazione antifascista a partire dai luoghi di lavoro. Crediamo che il nostro compito, oltre a lottare nella quotidianità per il diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, sia quello di fare cultura di classe, antifascista e anticapitalista; lottare per un reale cambiamento che veda protagonisti i lavoratori e le lavoratrici; per questo ci siamo mobilitati in questi mesi e continueremo a farlo”.