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Il Primo maggio “la festa ve l’abbiamo fatta noi!”

I comunicati dell’Assemblea student@-lavorator@-precar@, di Noi Restiamo e dell’Usb sulle diverse iniziative che hanno caratterizzato la giornata del Primo maggio.

04 Maggio 2014 - 13:06

Il Primo Maggio la festa ve l’abbiamo fatta noi!

Avevamo detto che volevamo che questo Primo maggio fosse anche No Coop: lo è stato. Sotto quelle bandiere e nel percorso della manifestazione, abbiamo identificato con chiarezza quelle che sono le nostre tre principali controparti. Ovviamente la Legacoop, che con Poletti al ministero del lavoro sta cercando di trasformare questo modello di precarizzazione istituzionalizzata in una forma di governo dello sfruttamento sul piano generale. In secondo luogo l’università, e non a caso abbiamo scelto Palazzo Paleotti come luogo di partenza del corteo: è infatti l’amministrazione Dionigi che, come ripetiamo fin dall’inizio, deve rispondere delle vergognose condizioni retributive e contrattuali dei suoi lavoratori appaltati a Coopservice. Last but not least, la Cgil e i sindacati confederali: sono loro che firmano i contratti-vergogna, sono loro i complici di questo sistema di sfruttamento, sono loro una parte integrante del modello di potere di Legacoop sul piano cittadino, regionale e nazionale.

Ecco perché siamo arrivati in Piazza Maggiore, per affermare che di welfare e diritti ne devono parlare i lavoratori e non chi è responsabile della loro distruzione. Qual è stata la risposta della Cgil? I cordoni di polizia. Già questo la dice lunga sulla loro rappresentatività sociale: un sindacato che ha bisogno di proteggersi dietro agli scudi dei celerini per paura dei lavoratori, è un sindacato che non rappresenta nessuno. È un sindacato di plexiglass. Con determinazione siamo riusciti a entrare in piazza, dove il servizio d’ordine della Cgil – ormai composto da funzionari stipendiati per proteggere i vergognosi accordi firmati dai loro datori di lavoro – ha provato a bloccarci e aggredirci, con pugni e spintoni. Ancora una volta, è stata la determinazione della nostra dignità a non farci arretrare nemmeno di un metro: siamo al contrario avanzati, fino ad arrivare davanti al palco frettolosamente abbandonato dai sindacati confederali. Mentre le bandiere No Coop sventolavano dalle impalcature intorno alla piazza e dal Nettuno, il corteo ha raccolto la solidarietà di una parte dei (pochi) partecipanti alla parata confederale.

Per noi la giornata del Primo Maggio non voleva essere semplicemente quella di un corteo, ma un’importante tappa di creazione di uno spazio comune, di un processo di unificazione delle lotte. Ora possiamo dire che la nostra battaglia non è più solo locale, ma immediatamente generale, riguarda tutte e tutti. In piazza, infatti, a fianco di lavoratori di Coopservice, studenti e precari, c’erano i lavoratori della logistica in lotta a Granarolo e altrove, e c’erano i lavoratori delle cooperative sociali. Un’unità che è stata ribadita nel pomeriggio con il corteo per la casa, il reddito, la dignità, contro le cooperative e gli speculatori, partito dalla Bolognina e arrivato in Piazza Verdi. Il Primo Maggio è stata inoltre l’apertura di un nuovo mese di lotta, a partire dallo sciopero già convocato da Flaica CUB per martedì 13 e mercoledì 14 maggio.

Sappiamo che quello che abbiamo ottenuto in questi primi due mesi di lotta è solo quello che ci siamo conquistati. Sappiamo altrettanto bene che quello che ci siamo conquistati è solo una piccola parte di quello di cui abbiamo bisogno. Abbiamo appena iniziato e andremo avanti fino alla vittoria!

Assemblea student@-lavorator@-precar@

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Il primo maggio non si lavora… si costruisce

La giornata del primo maggio bolognese ha espresso un momento di mobilitazione molto positivo, tanto in termini di partecipazione quanto di pratiche e consistenza del messaggio politico che si è voluto lanciare. La composizione delle iniziative che hanno caratterizzato la giornata ha evidenziato la necessità di costruire percorsi a cui sappiano contribuire molteplici realtà politiche attive nel tessuto urbano, che diano voce e corpo ad un’alternativa che parta da quelle fasce della popolazione sfruttate e allontanate della gestione della “cosa pubblica”.

E sono proprio queste le persone che hanno attraversato il centro di Bologna, in piazze colme di lavoratori, occupanti, precari e studenti, determinati a esigere quello che dovrebbe essere condizione garantita per tutti, il diritto a determinare la propria vita in maniera equa e
dignitosa in tutte le sue articolazioni: il diritto alla casa, al reddito, all’istruzione, alla salute…
Il corteo mattutino, convocato dal sindacato USB, ha sfilato per le vie del centro dimostrandosi agguerrito nell’affermare che il primo maggio, giornata delle lavoratrici e dei lavoratori, non si lavora, sanzionando quegli esercizi commerciali che, forti della capacità di ricatto verso i dipendenti hanno tenuto aperta la propria attività, mettendo in mostra quanto sia scellerata e diffusa ormai la pratica di calpestare i diritti dei lavoratori.

E soprattutto, ha saputo indicare in maniera decisa che tutte le nostre rivendicazioni hanno un tratto comune: alla base della privazione dei diritti a cui assistiamo giorno dopo giorno non possiamo che riscontrare il ruolo dell’Unione Europea, polo imperialista che sfrutta i paesi membri tanto quanto quelli esteri per alimentare la propria sopravvivenza nella competizione globale. Un sistema che si alimenta con appetito insaziabile delle misure di austerità e dei diktat finanziari imposti agli stati membri, così come dello sfruttamento delle filiere produttive dislocate strategicamente nei paesi in via di sviluppo.

Il corteo, di fronte al comizio dei sindacati che si rendono complici di questa macchina di sfruttamento – già duramente criticati durante l’iniziativa “no coop” che ha attraversato la cittadella universitaria – come di fronte a tutta la città, ha espresso un messaggio chiaro:
“via i complici della troika”. Questo significa dire basta al susseguirsi di governi non legittimati democraticamente che mettono in pratica il disegno europeo senza guardare in faccia le condizioni oggettive di un paese che soffre.  L’ultimo esempio lampante è il governo guidato da Matteo Renzi, vero e proprio fantoccio che, servo delle banche e degli interessi della borghesia internazionale, impugna a tutto spiano la bandiera europea come orizzonte della democrazia e del progresso. Questa bandiera non possiamo riconoscerla come nostra, non può essere simbolo di una comunità internazionale dei popoli perché quegli stessi popoli sono oggetto e vittima del sistema politico ed economico che si identifica in tale bandiera.

E proprio in questo senso la giornata del primo maggio ha dimostrato cosa significhi per noi “restare”: non si tratta di una firma politica ma della volontà di poter determinare le proprie vite in un contesto in cui libertà, diritti e democrazia non siano solo parole vuote ma condizioni garantite nella pratica, e non essendo costretti a fuggire verso ipotetici paradisi rincorrendo una speranza ormai impossibile di soddisfazione o sopravvivenza personale.

E questo non può che avvenire con uno sforzo collettivo, basato sulla condivisione di analisi, pratiche, progetti e sogni che sappia dare corpo a un’alternativa che è possibile ma osteggiata in tutti i modi dall’avversario politico, dalla gestione dei percorsi di studio al mercato del lavoro fino ai più subdoli metodi di condizionamento della mentalità. Nel complesso la giornata, in tutte le espressioni e le pratiche che l’hanno caratterizzata, ha messo in luce la composizione variegata e meticcia del movimento cittadino, in grado di esprimere conflitto così come ricomposizione “meticcia”, lampante nei cortei e nel pranzo sociale al centro d’accoglienza occupato Lampedusa”. Momento di festa, questo sì, che ha fatto risplendere ancora di più il sole primaverile, celebrando la possibilità di una società e una socialità diverse se solo si potessero abbandonare quelli che sono i cardini del modo di vivere occidentale moderno: individualismo, competizione, diffidenza verso il “diverso”.

E oggi? Oggi guardiamo al futuro, ad una estate che vedrà insediarsi il semestre di presidenza italiana dell’ UE e che, speriamo, troverà la risposta determinata di tutti coloro che non possono più sopportare questo dominio, che vogliono sovvertirlo immaginando alternative politiche non solo per l’Italia ma per tutti i paesi e i popoli che subiscono la stessa sorte.

Noi Restiamo

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In mille in corteo contro la Troika e il Governo Renzi

Un importante corteo quello che ha attraversato le strade del centro cittadino la mattina del primo maggio, non solo perché è stata l’iniziativa di gran lunga più partecipata nei numeri, ma per la determinazione e la combattività espressa dai partecipanti nell’opposizione alle politiche di austerity.

Lavoratori italiani ed immigrati di tutti i settori, studenti e disoccupati, attivisti per il diritto alla casa ed occupanti, giovani e pensionati, hanno manifestato fondendo le specificità nelle parole d’ordine riassunte dal primo striscione d’apertura: lavoro, diritti, casa e reddito per tutti.

Un corteo che si era posto l’obbiettivo di sostenere lo sciopero indetto da Usb per i lavoratori del commercio obbligati a lavorare il primo maggio con il ricatto della perdita del posto di lavoro e che perciò ha “sanzionato” i negozi aperti grazie anche al fatto che il Sindaco si è rifiutato di emettere una apposita ordinanza di chiusura.

Il corteo, giunto all’incrocio con via Indipendenza e Via Ugo Bassi ha detto la sua sulla piazza di cgil, cisl e uil srotolando lo striscione “Via i complici della Troika”; striscione che poi ha preso la testa del corteo. E’ stato poi “riportato a casa sua” un fantoccio raffigurante Renzi, depositandolo davanti ad una banca. Il corteo si è poi concluso in Piazza XX Settembre con un microfono aperto ai partecipanti e da dove sono stati lanciati altri appuntamenti di lotta fra i quali una manifestazione sotto la Regione per rivendicare l’utilizzo sociale dei fondi strutturali europei per il 22 maggio prossimo.

In oltre 300 hanno infine partecipato al pomeriggio di solidarietà con i rifugiati politici ed umanitari che occupano con ASIA/USB l’ex Clinica Beretta di via XXI Aprile.

Una mobilitazione quindi che non ha accettato di trasformare il primo maggio in una ricorrenza retorica, limitandosi magari alla mera “rappresentazione del conflitto” ma che ha materializzato un blocco sociale vero che intende proseguire nella mobilitazione di contrasto alle politiche di attacco alla vita dei settori popolari.

Usb