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Il governo cambia nome ai Cie e mette i richiedenti asilo a lavorare gratis

Il piano Minniti nero su bianco nel decreto legge firmato venerdì scorso, insieme a un altro che amplia ancora una volta il potere di ordinanza dei sindaci. E rispunta l’idea del ‘daspo’ per la sicurezza urbana.

13 Febbraio 2017 - 10:07

Dopo un mese di soffiate ai quotidiani, chiacchiericcio, incontri con sindaci e governatori, il governo Gentiloni, venerdì scorso, ha licenziato il decreto legge sui migranti: “Severità con chi non è nelle regole, integrazione con chi le rispetta”, è il motto enunciato dal ministro dell’Interno Minniti in conferenza stampa. Ci sia concesso di tradurre: polizia e tribunali decideranno chi è degno della nostra accoglienza, gli altri saranno trattati da criminali.

“I vecchi Cie non ci saranno più diventeranno Centri di Permanenza per il rimpatrio che – assicura Minniti senza spiegare granché – saranno una cosa totalmente diversa, uno per regione, per complessivi 1.600 posti”. Poi, “il giudizio sui richiedenti asilo deve avvenire nei tempi più rapidi possibili. Bisogna abbattere i tempi di riconoscimento del diritto, gli attuali 2 anni sono troppi: abbiamo quindi deciso di sopprimere un grado di giudizio per i ricorsi” E nell’attesa, “Le nuove norme approvate oggi prevedono la possibilità per i comuni, di intesa con le prefetture, di impiegare i richiedenti asilo, su base volontaria, in attività di utilità sociale in favore delle collettività locali”. Far fare gratis ai rifugiati il lavoro per cui lo stato dovrebbe pagare qualcuno: finalmente capiamo che intendono i razzisti quando gridano “ci rubano il lavoro”.

Sempre venerdì, Gentiloni ha firmato un decreto per ampliare (per l’ennesima volta) il potere di ordinanza dei sindaci, e all’orizzonte c’è l’idea di introdurre nel campo della sicurezza urbana misure simili al divieto di assistere a manifestazioni sportive (daspo): «Di fronte a reiterati elementi di violazioni di alcune regole in un determinato territorio – ha spiegato Minniti – le autorità possono proporre che chi li ha commessi non possano più frequentare quel determinato territorio». Non è certo un’idea nuova, e ci vuole poco a immaginare che servirà prima di tutto a colpire le proteste di piazza.