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“Il confine alpino e la violenza alle porte di casa che facciamo finta di non vedere”

I rapporti sui flussi migratori che cercano di passare dall’Italia alla Francia mostrano “una situazione sempre più critica”, segnala la redazione di OpenDdb, sottolineando che la crescente militarizzazione delle frontiera “obbliga coloro che tentano l’attraversamento a scegliere percorsi più lunghi e pericolosi”, mentre “la rete di accoglienza vive in Italia una situazione di costante emergenza”.

09 Febbraio 2021 - 14:06

“Lo scorso novembre avevamo scritto di come il 2020 avesse portato un sostanziale cambio nei numeri, nella composizione e nella provenienza dei flussi migratori che cercano l’attraversamento del confine alpino tra Italia e Francia. Il nuovo rapporto pubblicato qualche giorno fa da Medu – Medici per i diritti umani, evidenzia una situazione che non esitiamo a definire sempre più critica, che il periodo invernale non ha fatto altro che esasperare”. Inizia così un approfondimento pubblicato dalla redazione di OpenDdb, che prosegue: “Si stima che tra settembre e dicembre 2020 siano transitate da Oulx, in Alta Val di Susa, oltre 4.700 persone (quasi quanto durante l’intero 2018) nella maggior parte dei casi provenienti dall’Afghanistan (44%), dall’Iran (23%), dall’Algeria (8%) e in minima percentuale dalla rotta del Mediterraneo centrale. Arrivano in condizioni fisiche e psicologiche estremamente precarie a causa della durezza del viaggio e delle violenze subite, in particolar modo lungo la rotta balcanica. La neve e le temperature rigide della stagione invernale rendono particolarmente rischioso l’attraversamento della montagna – per la possibilità di perdersi o di essere travolti da valanghe, per il rischio di ipotermia – e i salvataggi in quota sono quotidiani, come documentato più volte negli ultimi mesi. Dal 15 novembre la Francia ha aumentato la presenza di polizia e militari sui confini, in particolare su quello di Claviere – Monginevro. La crescente militarizzazione obbliga coloro che tentano l’attraversamento a scegliere percorsi più lunghi e pericolosi, aumentando il rischio di incidenti, per cercare di eludere la sistematica violazione del diritto di asilo e della possibilità di richiedere protezione umanitaria in Francia. A questo si aggiungono i crescenti episodi di intimidazione e repressione dei solidali, a cui nell’ultimo mese sono state notificate decine di multe, ufficialmente per violazione del coprifuoco”.

Scrive poi OpenDdb: “La rete di accoglienza vive in Italia una situazione di costante emergenza. Sui due versanti alpini sono presenti tre rifugi, ma tutti rischiano la chiusura o lo sgombero imminente. Il Refuge Solidaire di Briançon accoglie le persone che sono riuscite a varcare la frontiera dopo ore di marcia nella neve a temperature rigidissime, spesso in condizioni di ipotermia o con inizio di congelamento agli arti. La rete dei maradeurs, i soccorritori volontari che tentano recuperare i dispersi in montagna, conta più di 200 persone che da settembre hanno soccorso 196 persone. Sul versante italiano, a Oulx sono presenti due rifugi: Il rifugio Fraternità Massi-Talità Kum, con una disponibilità effettiva di 40 posti e aperto esclusivamente dalle 16 del pomeriggio alle 10 del mattino. Offre assistenza notturna prevalentemente a coloro che vengono respinti dal Monginevro o dal Frejus e accompagnati dalla polizia o dalla Croce Rossa. Infine, la casa cantoniera autogestita Chez JesOulx ospita la maggioranza dei migranti in arrivo, in media 30 persone ogni giorno, con picchi di 80 nei mesi di maggiore affluenza. Il preannunciato sgombero della casa cantoniera da parte della Prefettura comporterebbe, con ogni probabilità, il sovraffollamento dell’unica struttura disponibile, o peggio: lascerebbe in strada uomini, donne e bambini a temperature che ne metterebbero a rischio l’incolumità”.

Tra i dati più preoccupanti, OpenDdb segnala innanzitutto “la sempre più numerosa presenza di famiglie, donne in gravidanza e bambini. Da ottobre a dicembre 2020, il transito di donne in gravidanza è stato quasi quotidiano: alcune al settimo e ottavo mese, alcune prossime a partorire, con difficoltà a camminare, alcune con contrazioni, altre con perdite ematiche, altre ancora con evidenti stati di depressione”. Nel mese di dicembre 2020, inoltre, “sono arrivate almeno una decina di donne in stato avanzato di gravidanza: perlopiù afghane e kurdo-iraniane, ma anche tre di origine africana e una marocchina. Nello stesso periodo, una donna incinta all’ottavo mese è stata salvata dopo essersi persa presso il colle Chabaud (2.217 metri d’altitudine)”. Da luglio a dicembre “sono arrivati in Francia circa 390 minori, di cui il più piccolo aveva solo 14 giorni”, continua OpenDDb, mentre a dicembre “al Refuges solidaires di Briancon sono arrivate 337 persone, di cui 42 donne e 110 bambini sotto i 13 anni”. L’emergenza però non riguarda solo donne e bambini: “Molti sono infatti gli uomini che presentano patologie ortopediche e infezioni agli arti inferiori, dovuti alle percosse e alle violenze subite in Croazia (dove molti hanno riferito di esser stati denudati e costretti a ritornare in Bosnia Erzegovina scalzi) e alle lesioni causate dall’attraversamento della cosiddetta ‘Jungle’ balcanica”. Risulta poi “particolarmente rilevante- scrive OpenDdb- la questione delle sofferenze psicologiche, presumibilmente di natura post-traumatica. Sono numerosi i casi di persone che non riescono a sopportare situazioni di tensione, che non sono in grado di gestire la violenza, di dormire senza luce accesa o che non tollerano situazioni di caos, rumore o sonorità forti. In più casi la tensione insopportabile si è tradotta in forme di autolesionismo e di violenza”.

Conclude la redazione di OpenDdb: “A novembre concludavamo l’articolo scrivendo che ‘Con la stagione invernale ormai alle porte, il rischio concreto è quello di una crisi umanitaria che potrebbe esplicitarsi da qui alle prossime settimane’. Questo rischio si è tramutato in realtà. Le frontiere uccidono sempre. Su un confine a 2.000 metri, con neve e temperature che scendono anche di 20 gradi sotto lo zero, la violenza della frontiera è ancora più letale. Come ricordato dall’appello lanciato dai volontari di ValSusa Oltre Confine (firma qui) ‘c’è chi accoglie e chi respinge’. Lo ribadiamo, ‘nessuno si salva da solo’ presuppone una scelta partigiana, decidendo il ‘noi in cui stare’. La solidarietà è un’arma, usiamola!”.