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“Il 25 luglio io chiudo il negozio e vado a Xm24”

Rita, 65 anni, indirizza una lettera al sindaco Merola: “Che città vuole lasciare? Quella della Paura del diverso? Quella della cementificazione che si mangia territorio e ambiente? Quella della speculazione? Quella del profitto sopra ogni cosa? Quella del tutto (cultura, relazioni) ridotto a Merce?”.

22 Luglio 2019 - 11:32

“Signor sindaco, vorrei che fosse più chiaro perché in tante/i abbiamo resistito e resistiamo nel difendere l’esperienza, quasi ventennale, dello spazio autogestito Xm24“. Comincia così una nuova lettera pubblica rivolta a Virginio Merola per esprimere contrarietà allo sgombero del centro sociale di via Fioravanti. La firma in calce: Rita Pareschi, 65 anni, Bologna. Che scrive: “Non è, il mio, un ingenuo intento volto a far cambiare idea all’amministrazione che, a quanto par di capire dai media, ha fatto dello sgombero di quella realtà un irrinunciabile traguardo politico (completamento della fallimentare opera, iniziata da privati, di cementificazione dell’area; risposte irrimandabili da fornire a ‘semplici’ cittadini che chiedono lo sgombero di ‘quel posto’, che poi bisognerebbe che Lei definisse un po’ di più questa categoria di ‘semplice’ cittadino – mi scusi la digressione -. Non basta essere ‘cittadini’ per interloquire e farsi ascoltare da una Amministrazione che dovrebbe nascere con questa vocazione?), ma, la necessità di alzare la voce, di palesare senza essere messi sotto accusa, una parte di città che esiste, che lavora , che si relaziona agli altri cittadini e all’ambiente che la circonda. Non Ufo, non diversi di cui aver paura (ché la diversità va considerata una ricchezza di cui approvvigionarsi a piene mani, lo potrebbe, per esempio, insegnare Lei che, mi pare, almeno in altre epoche, ha fatto dei diritti della realtà Lgbt uno dei suoi punti di programma). Siamo quei cittadini (e, sì, anche noi lo siamo) che con dolore hanno visto trasformarsi questa città. Bologna che quando andavi in giro tutti raccontavano di voler venire a viverci perché era diversa, gioviale, piena di spunti culturali. Bologna della Piazza Grande dove la parola ‘respingimento’ non stava inscritta nel pensiero di alcuno, neanche si poteva immaginare potesse riguardare gli umani, era una bestemmia. Bologna ‘laboratorio’ nel vero senso della parola, dove nel più dei casi non era la contrapposizione, la divisione, il litigio a regolare la ricerca e le sperimentazioni nel campo dell’educazione, della cultura, della politica (quella con la P maiuscola), della socialità. Ma prevaleva la collaborazione in un’idea di collettività generatrice. Bologna che pungolava, stuzzicava e dove le idee venivano raccolte, perché non si sa mai, e riversate in quel ‘laboratorio’. Bologna dove si veniva per mangiare bene e tutti, nel senso di ‘tasche’, potevano godere (da sotto le due Torri alla Cirenaica fin alla Bolognina, e, per un certo periodo, perfino in stazione) di un nettare e di un cibo sincero che conciliava con il mondo e faceva amare questa città. Bologna generosa che dei suoi servizi sanitari faceva vanto e arrivavano da tutto il resto del paese e dei paesi perché si sentivano garantiti. Poi è arrivata l’Azienda. E, come si sa, le aziende devono far valere, e quadrare, il bilancio prima di tutto. E così è stato per la cultura diventata mordi e fuggi, nel senso ‘prenoto: Italo, B&B (che in tutta la città non si trova più niente in affitto) biglietto della mostra (caruccio)’. Fuga tra le sale della stessa che gli altri prenotati premono per il loro turno, a volte ristorante consigliato dal pacchetto, Italo. Una gran bazza, forse, per i ‘taglieri’ ma, forse, per i Wolfango e quelli della sua stazza un piccolo rigurgitino”.

Continua la lettera: “Xm24. Socialità, cultura, elaborazione intellettuale, consulenza sanitaria per i più deboli, servizi, sport, e molto altro tutto gratuito, tutto scambiato in nome, non della tanto usurpata solidarietà ma, di una rara forma di cooperazione collettiva che arricchisce l’un l’altra in nome del bene comune, chè da solo non sei niente. E poi quel grande laboratorio e prefigurazione di mercato ‘altro’ che è l’Associazione dei contadini biologici di Campi Aperti che contrappongono la salvezza e la tutela della terra, la condivisione di quello che dona nel rispetto di chi la lavora, al Dio denaro. Questa è la vera scommessa, anche in senso economico io penso, per il futuro. Tutto questo è anche quel ‘posto’ Xm24. E se, a volte, sono un po’ caciaroni, il traffico, moltiplicato, che porta alla stazione lo è di più. Per questo noi cittadini, che anche noi lo siamo, abbiamo resistito e resistiamo alla chiusura di Xm24. Quasi 20 anni non sono pochi, esperienze malvolute si sarebbero esaurite, da sole, in meno tempo. Lei signor Sindaco che città vuole lasciare? Quella della Paura del diverso? Quella della cementificazione che si mangia territorio e ambiente? Quella della speculazione? Quella del profitto sopra ogni cosa? Quella del tutto (cultura, relazioni) ridotto a Merce? Non interrompa l’esperienza di Xm24 isola di salvaguardia della Partecipazione collettiva e di reale Responsabilità Sociale verso la Città. Io personalmente, senza pensare di fare alcunché ma ritenendolo doveroso, giovedì 25 luglio chiudo baracca, mi metto in sciopero bianco al mio negozio, e mi unisco alla staffetta dei tanti recandomi a Xm24. Ci metto la faccia, lì sulla strada in mezzo ai tanti cittadini”.