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“I test sierologici non bastano per riaprire in sicurezza”

Usb attacca un piano della Regione “per tracciare in modo non strutturale i contagi da Covid-19”, che finirebbe per “privilegiare interessi del mondo imprenditoriale sacrificando diritto alla salute”. Mujeres Libres su Ivg: “Semplificato l’accesso al servizio ed evitata l’esposizione ad inutili rischi”, procedura “venga ‘ufficializzata’ a fine emergenza”. Sportello Migranti Tpo attiva linea telefonica diretta.

11 Maggio 2020 - 19:13

“I test sierologici non bastano per ‘riaprire in sicurezza'”. A dirlo oggi Usb, che in un comunicato attacca il piano annunciato dalla regione Emilia-Romagna pensato “per tracciare in modo non strutturale i contagi da Covid19“. Secondo il sindacato di base il piano “risulta gravemente insufficiente e non previene un aumento futuro dovuto alla riapertura che il presidente Bonaccini vorrebbe addirittura anticipare rispetto alle indicazioni del Governo e dell’Istituto superiore di sanità. L’Unione Sindacale di Base da mesi denuncia i rischi a cui sono stati sottoposti i lavoratori e i cittadini, che rimangono ulteriormente esposti nella cosiddetta ‘fase 2’ regionale nella quale invece di rendere concreta la promessa di un più capillare uso di tamponi per testare, tracciare e trattare, si annuncia un piano di monitoraggio dell’epidemia da effettuarsi tramite test sierologici a partire da martedì 12 maggio su base volontaria da parte di aziende e privati cittadini che decidano si sottoporvisi ovviamente dietro contributo economico privato (dai 45 ai 90 euro pare)”.

“I test sierologici -spiega Usb- possono avere un valore significativo dal punto di vista epidemiologico, ma non sono attendibili dal punto di vista diagnostico. Pertanto, i test individuali sono fortemente sconsigliati dalla comunità scientifica, non possono e non devono essere utilizzati per il rilascio di certificati di riammissione al lavoro e rimangono, quindi, a tutti gli effetti una misura insufficiente per riaprire in sicurezza. Anche la circolare del Ministero della salute n. 16106 del 9 maggio 2020 ricorda quanto evidenziato dall’OMS circa l’utilizzo dei test sierologici che ‘secondo il parere espresso dal Comitato tecnico scientifico istituito presso il Dipartimento di Protezione civile, non possono, allo stato attuale dell’evoluzione tecnologica, sostituire il test molecolare basato sull’identificazione di RNA virale dai tamponi nasofaringei, secondo i protocolli indicati dall’OMS. Infatti, il risultato qualitativo ottenuto su un singolo campione di siero non è sufficientemente attendibile per una valutazione diagnostica, in quanto la rilevazione della presenza degli anticorpi mediante l’utilizzo di tali test non è, comunque, indicativo di un’infezione acuta in atto e, quindi, della presenza di virus nel paziente e del rischio associato a una sua diffusione nella comunità'”.

Per questo, conclude il sindacato di base, “a tutela della salute pubblica rimangono necessarie quelle misure diagnostiche che sono realmente efficaci per proteggere tutta la popolazione e scongiurare una seconda ondata di contagi, misure che vanno messe in pratica prima di una scriteriata riapertura di tutte le attività produttive. Non è ammissibile che le istituzioni della regione Emilia Romagna scelgano di privilegiare gli interessi e i profitti del mondo imprenditoriale sacrificando il diritto alla salute dei lavoratori e dei cittadini emiliano-romagnoli”.

Oggi intanto il collettivo femminista Mujeres Libres ha pubblicato un nuovo aggiornamento sull’accesso all’Interruzione volontaria di gravidanza negli ospedali cittadini: “Stiamo tenendo costantemente monitorata la situazione inerente l’interruzione volontaria di gravidanza e i passaggi pratici. Le informazioni circa l’accesso all’Ospedale Maggiore continuano ad essere discordanti, in particolare riguardo alla necessità di presentarsi lì essendo già in possesso del certificato di gravidanza. Dopo le informazioni raccolte via telefono nelle scorse settimane abbiamo ricevuto testimonianza diretta di una IVG farmacologica eseguita senza che sia stato necessario presentarsi con il certificato di gravidanza. Siamo soddisfatte di constatare come a Bologna sia stato semplificato l’accesso al servizio ed evitata l’esposizione ad inutili rischi di contagio. In tempi ‘normali’, a cui non vorremmo tornare, invece, il passaggio da un medico esterno all’ospedale e il test di gravidanza refertato (analisi delle urine) sono obbligatori. Questa situazione di emergenza sta svelando molte contraddizioni su vari campi, e riguardo all’aborto mostra come è possibile semplificare l’accesso, ridurre i passaggi e il numero di strutture a cui rivolgersi. Vogliamo che questa procedura venga seguita e ‘ufficializzata’ anche al rientro dell’emergenza sanitaria. L’aborto è un servizio essenziale, deve essere erogato con professionalità, evitando di allungare i tempi di attesa, complicando un percorso che già di per sè risulta impegnativo dal punto di vista emotivo e pratico”.

“Rilanciamo ancora -continuano le Mujeres Libres- le rivendicazioni della Rete Pro-choice, che chiede ‘un adeguamento normativo delle procedure attuali, in particolare quelle per l’aborto farmacologico, che in questa fase di emergenza sanitaria appaiono particolarmente arretrate e non consone alle evidenze scientifiche e alla best practice medica’. Occorre accorpare gli esami necessari in un’unica giornata, incentivare l’uso della Ru486 ed estenderne la somministrazione alla nona settimana (come avviene in diversi paesi europei da parecchi anni), promuovere il teleaborto. Vogliamo poter abortire in sicurezza e tranquillità nelle nostre case, per non esporci inutilmente al rischio del contagio in ospedale e per riconquistare una maggiore autonomia sui nostri corpi. L’emergenza rende ora necessario un repentino adattamento e ci fa capire che l’unico vero ostacolo alla messa in pratica di procedure più snelle è l‘assenza di volontà politica in tal senso. Vogliamo estendere le nostre rivendicazioni oltre l’emergenza! Non accettiamo più che l’aborto sia una battaglia politica che si combatte sui nostri corpi, l‘IVG deve essere una procedura non soggetta agli attacchi degli obiettori di coscienza, né rallentata dalla burocrazia. I consultori devono tornare ad essere spazi femministi, liberi da pregiudizi, dove poter eseguire l’aborto farmacologico, mantenendo in ospedale solo quelli eseguiti chirurgicamente. L’interruzione volontaria di gravidanza deve essere vissuta in serenità: è da qui che passa l’autodeterminazione, il controllo delle scelte sui nostri corpi deve essere lasciato a noi e solo a noi. Vogliamo finalmente esercitare liberamente le nostre scelte, senza essere ospedalizzate quando non strettamente necessario. Ricordiamo ancora una volta che offriamo il nostro sostegno emotivo e pratico a tutte le persone che ce lo richiedono in tale momento. La solidarietà femminista è forte e necessaria. Noi ci siamo, scriveteci!”.

Infine, lo Sportello Migranti Tpo segnala di aver attivato il “nuovo numero 3534076384 per chiamate e WhatsApp! Rispondiamo dal lunedì al venerdì dalle 18 alle 20!! Dall’inizio della pandemia abbiamo modificato il nostro modo di fare Sportello, sostituendo i contatti a distanza alla relazione diretta che ci caratterizzava, che ci ha sempre consentito di instaurare relazione, scambio e condivisione sul tema dei diritti violati delle persone migranti che abbiamo conosciuto. Oggi ci siamo riadattate, creando una linea telefonica diretta che ci consenta di arrivare vicino a chi chiede a gran voce il rispetto del proprio diritto a restare, a lavorare, ad accedere ai servizi pubblici e privati, a vivere con dignità. Anche oggi, in tempi di emergenza, in tempi di incertezza, quando la riapertura dell’ufficio immigrazione non è definita, le modalità di prosieguo delle pratiche di richiesta o rinnovo dei permessi di soggiorno non sono chiare, il dibattito politico si spezza su una paventata sanatoria, noi siamo qui pronte a rispondervi e a costruire con voi un mondo più giusto. #nessunorestasolo #nooneisillegal #sanatoriasubito”.