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I Prati di Caprara occupati dai profughi

Il centro è ufficialmente chiuso ma ci vivono ancora, senza luce e acqua, in ventidue. Meno critica la situazione a Villa Aldini. Martedì 12 assemblea pubblica promossa da realtà associative e sindacali in vicolo Bolognetti.

11 Marzo 2013 - 21:28

Non sono bastati due anni per mettere fine alla parola “emergenza”. La gestione della ‘Emergenza Nord-Africa’ (Ena) si è rivelata inadeguata ed insufficiente. Per accorgersene è sufficiente scorrere le notizie che provengono da quasi tutte le città italiane dove erano presenti strutture di accoglienza per i migranti che rientravano all’interno del programma terminato alla fine di febbraio. Sono molteplici i casi in cui i migranti hanno occupato le strutture, cosa che di fatto è accaduta anche a Bologna:  molti dei profughi dell’Emergenza Nord-Africa rimangono nei centri dove hanno vissuto finora, solo per alcune decine il Comune ha offerto una sistemazione temporanea nei dormitori allestiti per il  “piano freddo”.

Ai Prati di Caprara sono 22 i migranti che hanno deciso di rimanere all’interno del centro, dopo  lo sgombero impedito il 4 marzo scorso. A dispetto delle recenti rassicurazioni, da venerdì 8 marzo la Croce Rossa ha sospeso il servizio pasti e ha tagliato luce ed acqua. I rifugiati si sono allestiti autonomamente una cucina da campo. Sono arrivati anche due profughi ospitati precedentemente ad Alessandria. “Pensiamo che il loro numero possa aumentare ancora – spiega Antonio di Primavera Urbana, una delle associazioni che si stanno attivando nell’assistenza – chi se ne è andato con 500 euro in tasca a breve potrebbe tornare, oppure come già successo potrebbero arrivare a Bologna profughi che tentano di cambiare città sperando di trovare condizioni migliori”.

A Villa Aldini invece le utenze sono ancora allacciate, molti sono già andati via, alcuni allontanati dalla Polizia il 4 marzo, mentre altri 8 permangono all’interno della struttura, dove non hanno più il servizio pasti, ma hanno ottenuto la possibilità di cucinarsi da sé. Il Consorzio Indaco, che aveva in gestione la struttura, ha dichiarato che si sta cercando di inserire i migranti ancora presenti all’interno dei percorsi di assitenza Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati attivato in rete dagli enti locali.

Una vera e propria emergenza infinita, in classico stile italiano, costata 3 miliardi di euro che ha visto coinvolti Prefetture, Protezione Civile, Croce Rossa, amministrazioni comunali ed una serie di cooperative ed associazioni. Venti mesi durante i quali non si è vista traccia di programmi concreti di inserimento e integrazione.

Nel frattempo una circolare emanata il primo marzo dal Ministero dell’Interno lascia aperta la possibilità di “proseguire le misure di accoglienza” , anche per coloro “in attesa di essere sentiti dalle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale e quelli in attesa dell’esito del ricorso”, come molti di coloro che ancora vivono nelle strutture d’accoglienza  cittadine.

Scrive Usb Migranti: “Resta da chiarire se la cosiddetta ‘misura per favorire percorsi di uscita’ della Prefettura, ovvero l’offerta di 500 euro di buonauscita, non sia stato un modo per estromettere dalle tutele indicate da questa circolare, la stragrande maggioranza dei richiedenti asilo.” Per sostenere la difficile situazione dei profughi si è creata una rete di realtà che “sta cercando di aiutare i rifugiati a reclamare il proprio diritto ad una esistenza autonoma e dignitosa – prosegue il sindacato – attivando un percorso di solidarietà e lotta”. Questa rete promuove per martedì 12 marzo’012 un’assemblea pubblica alle ore 21,00 alla Sala Silentium di Vicolo Bolognetti. Inoltre, informa Usb, stati allestiti due punti per la raccolta di alimenti, coperte e stufe, presso il Presidio permanente di Asia-Usb di fronte all’ex-Caserma Sani in via Ferrarese 109 e allo Studio Alberghini in Via Pelizza Da Volpedo 20, dal lunedì al venerdì dalle 8,30 alle 19.