Storia e memoria

Giampaolo Pansa e i partigiani bolognesi

“Fantasie spacciate per informazioni con l’unico scopo di mettere in cattiva luce la Resistenza antifascista”, ha scritto Resistenze in Cirenaica commentando le ombre gettate dal giornalista sulla morte di Giuseppe Bentivogli e Sante Vincenzi, uccisi dai nazifascisti nel ’45.

14 Gennaio 2020 - 12:18

Facendosi largo nel fiume di peana sgorgato alla morte – due giorni fa – di Giampaolo Pansa, vale la pena ricordare che l’opera del giornalista e scrittore si è intrecciata anche con alcune pagine della storia della Resistenza bolognese. Con una delle più tragiche, in particolare: quella dei partigiani Giuseppe Bentivogli (“Nonno”) da Molinella e Sante Vincenzi (“Mario”) da Parma, uccisi dai nazifascisti proprio nel giorno della Liberazione della città, il 21 aprile 1945. Figure di primo piano della Resistenza emiliana: a Vincenzi, ad esempio, sarebbe spettato il compito di comunicare l’ordine di attacco ai comandi partigiani per far scattare l’insurrezione armata e liberare Bologna. Di questa, come di altre vicende legate alla lotta contro il nazifascismo, Pansa diede la propria ‘rilettura’: se ne parla nel secondo volume della collana I quaderni di Cirene, curata da Resistenze in Cirenaica. Nel libro, il giornalista compare tra quei sparuti “produttori di fango e menzogne” che a decenni di distanza hanno ricostruito la morte di Vincenzi e Bentivogli “spacciando per informazioni le loro fantasie con l’unico scopo di mettere in cattiva luce la Resistenza antifascista”.

Dal quaderno di Cirene: Pansa “in uno dei suoi libri diffamatori, ‘I vinti non dimenticano’, tratta un tema che, secondo lui, sarebbe un tabu: l’eliminazione degli antifascisti che non accettavano la supremazia del Pci. Nel capitolo ‘Il nemico socialista’, si domanda come mai, alla fine dell’inverno del 1944, cominciarono a morire fucilati i dirigenti socialisti catturati dai fascisti o dai tedeschi. La prima vittima fu Paolo Fabbri, l’ultima Giuseppe Bentivogli. Per chiunque la risposta più convincente è che siccome erano combattenti antifascisti, se catturati dai nazifascisti, rischiavano la morte. Pansa, invece, racconta che Paolo Fabbri e Giuseppe Bentivogli riuscirono a bloccare l’iniziativa del Pci di proclamare uno sciopero generale insurrezionale il 25 settembre 1944. Questo, secondo l’imbrattacarte revisionista, contribuì ad accentuare l’ostilità di (Ilio, ndr) Barontini e dei suoi contro chi non era disposto a mettersi agli ordini del partito rosso bolognese. Parlando della morte del socialista Giuseppe Bentivogli, catturato e ucciso nelle ore precedenti la liberazione di Bologna, Pansa scrive che esistono molti dubbi sulla versione ufficiale della sua morte e, di conseguenza, su quella di Vincenzi. A confermarli ci sono le condizioni dei loro cadaveri. Secondo Pansa non risulta che fossero stati torturati: Bentivogli venne ucciso con un colpo di rivoltella alla tempia che gli frantumò, anche, una stanghetta degli occhiali. Il Vincenzi venne ucciso nello stesso modo, mentre aveva le mani legate dietro la schiena. Continua sostenendo anche la teoria della loro cattura per mano della brigata nera bolognese non regge perchè i tedeschi avevano cominciato a ripiegare e abbandonare Bologna già dal 16 aprile e, di conseguenza, tutto l’apparato fascista si era dissolto. Perchè, dunque, attardarsi ad arrestare due politici avversari per torturarli, trasportarli in un altro luogo della città e ucciderli? Bentivogli, poi, poteva servire ai fascisti più da vivo che da morto e in più si trattava di una preda molto preziosa perchè non era un semplice militante. Allora, perchè disfarsene? Pansa ipotizza che Bentivogli morto era più utile ai comunisti, perchè poteva diventare un sasso nell’ingranaggio del Pci e perciò, quel sasso, bisognava farlo sparire per consentire alla macchina comunista di funzionare alla massima potenza. Poi nega che ci sia un pregiudizio anticomunista nel suo ragionamento adducendo che tutti sanno cosa voleva ottenere il Pci dalla vittoria sul fascismo: in breve, un mutamento radicale della società italiana, ossia una rivoluzione”.

Quello che accadde, si può leggere nel quaderno di Cirene, è che il 20 aprile Vincenzi e Bentivogli furono arrestati dalle camicie nere in piazza Trento e Trieste, portati nella caserma di via Borgolocchi e torturati. Poco dopo, con qualche rallentamento dovuto alla mancata comunicazione dell’ordine di attacco da parte di “Mario”, i partigiani entrarono comunque in azione e, con i nazifascisti ormai in fuga, le truppe alleate poterono entrare nella Bologna liberata senza incontrare opposizione. Il 21 aprile, “poco prima delle 12, mentre il Comitato di Liberazione Nazionale si riunisce a Palazzo D’Accursio- continua il libro- alcuni partigiani riportano la notizia che fuori porta San Felice sono stati trovati i cadaveri di due uomini con segni di percosse, torture e colpi d’arma da fuoco. Sono Sante e Giuseppe, le ultime vittime dell’accanimento fascista. Le loro salme vengono portate in una sala del palazzo comunale. ‘Nonno’ e ‘Mario’ sono caduti quando il sole della libertà stava per tornare a splendere sulla città”. I funerali si tennero il 24 aprile, con un corteo partito da Palazzo D’Accursio. Dopo la Liberazione, “la vicenda dell’uccisione di Bentivogli e Vincenzi fa sorgere parecchi dubbi: in diversi sostengono che gli alleati avrebbero avuto un certo interesse a impedire l’insurrezione armata dei partigiani”.

In una strada di Santa Viola, si segnala sempre nel quaderno di Cirene, c’è un cippo di mattoni eretto nel 1946. Recita la lapide:

Nella notte sul 21 aprile 1945
Giuseppe Bentivogli socialista
e
Sante Vincenzi comunista
uniti nella lotta
contro il nemico interno ed il nemico fuori
qui
caddero uccisi da piombo fascista
I compagni di fede
e i lavoratori tutti di Molinella vogliono
che
la nobilità del sacrificio
nel compiersi del primo anniversario
sia ricordata
a quanti hanno sacro l’amore
alla libertà ed il culto all’idea