Storia e memoria

Genova / Piazza Alimonda 20 luglio 2011

Un racconto, molto personale, sul decimo anniversario dell’uccisione di Carlo Giuliani.

21 Luglio 2011 - 15:35

di Valerio Monteventi

Genova, Piazza Alimonda 20 luglio 2011, per ricordare Carlo… Sono 10 anni che non manco a questo appuntamento. Lo faccio per me, ero in via Tolemaide, a 50 metri da dove l’uccisero, quel 20 luglio 2001. Ma lo faccio, più di ogni altra ragione, per Haidi e per Giuliano Giuliani, due belle persone che quella tragedia mi ha fatto conoscere. Haidi soprattutto ci tiene al mio abbraccio, come io al suo. Quel momento in quella piazzetta è sempre molto commovente, con le lacrime che ci velano gli occhi e le voci che si “mettono a tremare”.

Anche ieri ho percorso un pezzo di via Tolemaide e ho fatto scorrere rapidamente a ritroso le immagini di quelle giornate tragiche e intense del luglio 2001. Il corteo del Carlini, attaccato di fronte e ai lati dai carabinieri… la notizia dell’uccisione di un compagno e la disperazione che correva di bocca in bocca… e poi, il giorno successivo, la manifestazione dei 300mila caricata da tutte le parti, da tutti i punti, da terra, dal mare e dall’elicottero che sparava gas lacrimogeni CS sulla testa dei manifestanti… poteva essere un massacro di massa… E i treni che non partivano e i pattuglioni di sbirri che provocavano sui binari, la stazione circondata e quell’elicottero che ci puntava la luce sul volto… Poi arrivarono le telefonate del massacro della Diaz… quella macelleria non si voleva fermare…

In quei momenti ho visto centinaia di volti di ragazze e ragazzi terrorizzati… con il megafono cercavo di rincuorarli, di tranquilizzarli, di fargli trovare quel coraggio che non poteva esserci in quel frangente…

Sono state giornate angoscianti e drammatiche… Hanno voluto terrorizzare un’intera generazione, in parte ci sono riusciti… Ma sono stati anche momenti di esperienze intense, di un confronto tra movimenti di tutti i continenti che non si era mai visto. In due/tre anni abbiamo fatto decine e decine di manifestazioni in tutti luoghi d’Europa dove i potenti della terra si incontravano, abbiamo invaso con cortei oceanici le capitali del Vecchio Continente, abbiamo ragginuto con un’assemblea di un foro sociale il più sperduto dei paesi della nostra Penisola… E poi ci sono stati i blocchi dei treni contro la guerra, le “invasioni” delle aree militari e dei CPT, le occupazioni di spazi per l’aggregazione o di residenze per abitare…

Abbiamo cambiato qualcosa? almeno nella testa delle persone?… Questa è una delle domande a cui dovremo rispondere.

Lo “spirito di Genova”, i contenuti del movimento no global, sono riapparsi (questa volta vittoriosi) nei referendum per la difesa dei beni comuni. Forse i referendum sull’acqua pubblica e sul nucleare non avrebbero avuto quel risultato se non ci fosse stato quel movimento e il lavoro di tanti comitati territoriali, nati nei primi anni successivi a Genova. Sui rapporti di rapporti di forza, però, e sui luoghi di decisione, soprattutto in Italia, non siamo riusciti ad incidere quasi per nulla. La nostra capacità di ottenere dei risultati è stata molto spesso uguale a zero… In America latina, invece, le cose sono andate diversamente.

Qualcuno in questi giorni, uno di quelli che anche allora aveva l’ansia della conferenza stampa, ha chiesto a Napolitano di chiedere scusa, a nome del paese ufficiale, per quello che è successo a Genova nelle giornate delle manifestazioni contro il G8, da parte delle forze dell’ordine.

Io me ne faccio un baffo delle loro scuse, perché, nel corso dei decenni di lotte e conflitti sociali a cui ho partecipato, la dignità e i diritti li abbiamo sempre strappati, pagandone anche le conseguenze… Mai ce li hanno concessi…

Non abbiamo mai avuto bisogno dei loro “riconoscimenti formali”. Quando qualcuno a livello politico istituzionale ha tentato di rappresentarci o di riconoscere le nostre istanze ci ha sempre fregato.

Qualche giorno fa c’è stato anche chi ha scritto che “pur rifiutando l’estetica e l’autolesionismo della radicalità fine a se stessa, tuttavia resta evidente come le eccedenze che hanno rotto gli argini il 20 luglio 2001 in via Tolemaide a Genova e il 14 dicembre 2011 in piazza del Popolo a Roma sono anagraficamente distinte ma politicamente legate dallo sforzo comune di sottrazione dai dispositivi governamentali di controllo e di gestione del conflitto”.

Oggi, non me la sento di addentrarmi in ricercate analisi sociali, forse ne sarei capace, ma sono in Piazza Alimonda e i sentimenti predominano: sì, anch’io ho rivisto nelle facce degli indignados europei e dell’altra sponda del Mediterraneo i fratelli minori dei no global di quella stagione.

Quante ne ho viste di queste belle facce nel corso degli anni della mia vita… ma sono un’altra volta lì ad aspettarne di nuove…

Oggi però sono in Piazza Alimonda e lo spazio è tutto per i saluti e gli abbracci ai compagni e alle compagne di quel luglio 2001… dieci anni in più si vedono, nei corpi, nelle facce, nei modi pensare.

C’è una cosa che però mi manca e, forse, manca a ciascuna delle mille persone che sono qui per ricordare Carlo: è un discorso sul futuro.

Ho sentito molte narrazioni sul passato, pochi racconti sul presente, ma niente sul futuro.

Questo mi ha smosso tutte le emozioni che vissi in quelle giornate di 10 anni fa, ma mi ha messo anche molta tristezza…

Tra le tante magliette “parlanti”, ce n’è una che vorrebbe interpretare un desiderio di molti dei presenti: “Io non invecchio, miglioro”… Chissà se c’è riuscita…

Mancano pochi minuti alle 17 e 27, parte una versione “elettronica”, solo musicale di “Bella ciao”… poi esplode, come ogni anno, l’applauso lungo, ritmato, per salutare Carlo. Quest’anno c’è un motivo in più ber battere le mani: nell’aiuola di Piazza Alimonda è stato finalmente istallato un cippo con una lapide: «Carlo Giuliani, ragazzo. 20 luglio 2001».

Infine, è stata la volta di uno strepitoso Don Gallo che chiamando tutti, diverse volte, compagni (“Perché a me quel nome continua a piacere. Deriva da cum-panis, quello con cui si spezza insieme il pane…”) ha spronato la Piazza a “tenere sempre alta la testa”.

“Carlo è vivo e lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai…”, uno slogan che si è fatto mantra e che in tanti continuano a gridare con convinzione. Sarà così anche sabato 23 luglio… Ci tornerò ancora a Genova il 23 luglio, per la manifestazione che parte a Sanpierdarena e arriva al Caricamento, non so se sarà meglio di ieri, ma ci andrò… io a quella storia mi sento di appartenere fino in fondo…

E, del resto, diceva sempre il Che: “Si alza il vento, bisogna tentare di vivere”

Ancora…