Acabnews Bologna

Via Gandusio, 43 abitanti denunciati

E si scopre che il Guernelli potrà riaprire solo nel 2018: “Una doccia fredda”. Le associazioni attive nel circolo: “Uso strumentale dello sgombero per imporre delle condizioni di trattativa favorevoli ad Acer”.

21 Luglio 2017 - 20:36

Ventitré alloggi liberati perché “occupati abusivamente”, 43 denunce, 51 persone (tra cui 18 minori) accolte provvisoriamente tra ostello San Sisto e dormitori comunali. E’ il bilancio fornito oggi dal Comune, a una settimana di distanza dallo sgombero del complesso di via Gandusio.

Brutte notizie intanto dall’incontro di stamane tra Arci, tecnichi Acer e quartiere San Donato-San Vitale. Ci sarebbe stato un cambio di piano nelle modalità di gestione del cantiere di via Gandusio, e perciò, contrariamente a quanto era stato comunicato già da febbraio, il circolo Guernelli dovrà restare chiuso almeno fino alla fine dell’anno. “E’ una doccia fredda, nessuno ci aveva mai ventilato una cosa del genere”, è il commento a caldo del circolo (ma il Comune fa sapere che avrebbe avvisato l’Arci due settimane fa). L’attigua palestra popolare Gino Milli, invece, potrà tornare attiva a settembre, con accesso dalla strada, e ci sarebbe da parte di Palazzo d’Accursio l’ipotesi di un’autorizzazione temporanea per attività di somministrazione al suo interno, così come quella di assegnare degli spazi provvisori altrove per le attività amministartive del circolo.

Le parti dovranno presto tornare a incontrarsi per cercare un accordo sulla ridefinizione della convenzione: il Guernelli chiede di tener conto del fatto che il circolo sarà chiuso e dunque non incasserà, delle spese straordinarie sostenute per la palestra e dei danni (da quantificare) subiti venerdì.

Dopo il tavolo tecnico, prendono posizione, con un comunicato congiunto, alcune realtà attive all’interno della palestra e del circolo: Il Grinta Asd, Leib – il corpo che resiste, Palestra Popolare Stevenson, Pallavolo Palestra Gino Milli, Sinistra Classe Rivoluzione Bologna. Si legge: “Acer e Comune pretendono, prima della riapertura del circolo, di ridiscutere il piano di rientro del debito entro Agosto, ponendo di conseguenza il circolo in una posizione di ricatto. Siamo certi che questi passaggi, apparentemente tecnici, avranno un’incisività sull’identità e la vita di un posto sgomberato a causa di un ‘pasticcio’, soprattutto se non si farà chiarezza su quanto avvenuto. Ad ora sembra chiaro che non vi sia stato alcun ‘pasticcio’, ma che invece ci sia stato un uso strumentale dello sgombero per imporre delle condizioni di trattativa favorevoli ad Acer. Di fatto il tavolo tecnico sta mettendo a repentaglio l’autonomia delle strutture ed eclissando quanto avvenuto il 14 luglio. Esigiamo a questo punto chiarezza sui motivi che hanno scatenato la ‘devastazione e saccheggio’ di via Gandusio e che i soggetti coinvolti chiariscano le proprie responsabilità”.

Nel lungo testo, le associazioni ricostruiscono la genesi dei fatti: “Abbiamo impiegato diversi giorni a capire cosa fosse successo e a dir la verità ancora oggi non abbiamo un’idea chiara, anche per la pericolosa mancanza di trasparenza da parte dei soggetti istituzionali coinvolti: Comune, Questura e Acer. Tuttavia come realtà della Palestra Popolare Gino Milli, uno degli spazi chiusi durante le operazioni di via Gandusio di venerdì scorso, ci siamo confrontati per capire il più possibile quanto avvenuto e come riappropriarci una palestra che ci è stata tolta dopo due mesi di attività senza alcun preavviso. Sentiamo pertanto l’esigenza di esporci innanzitutto per ringraziare le persone e numerose realtà che nei giorni scorsi hanno manifestato la loro solidarietà, anche con la loro partecipazione attiva. C’è da aggiungere però che se questa solidarietà è così ampia è anche perché la situazione a dir poco preoccupante non solo per i nostri progetti, ma per la città intera”.

Dunque, “il 12 luglio il Comune di Bologna ha emesso un’ordinanza relativa ai civici pari dal 6 al 12 di via Gandusio, nella quale si affermava di dover liberare gli stabili in virtù di un progetto di ‘recupero di alloggi ed immobili’. I fondi, stanziati dalla Regione, ammontano a 5 milioni di euro. Questo è stato il motivo principale che ha portato prima di tutto allo sgombero delle case in via Gandusio. Siamo consapevoli del contesto abitativo e sociale all’interno del quale si trova la Palestra Popolare Gino Milli, ed è in virtù di quel contesto che, chi da mesi chi da anni, abbiamo investito le nostre energie nel progetto di una Palestra Popolare. La palestra che abbiamo con difficoltà fatto vivere si definisce Popolare non solo per le pratiche e le modalità utilizzate nel fare sport e creare socialità, ma anche perché inserita all’interno di un contesto popolare che rimane il nostro principale interlocutore. Pertanto un’azione violenta che introduce il tema della ‘riqualificazione’ allontanando materialmente diverse persone dal quartiere rappresenta nei fatti un’aggressione a noi e al contesto in cui siamo radicati. Per questo, come realtà della Palestra Popolare Gino Milli siamo solidali con le persone e le famiglie sgomberate e più in generale al movimento di lotta per la casa: riteniamo che gli sgomberi non rappresentino mai una soluzione, ma che siano parte del problema. Senza nulla togliere alla legittimità del movimento di lotta per la casa né alla gravità delle pratiche di sgomberi abitativi, riteniamo tuttavia che la vicenda dello sgombero del circolo Guernelli abbia in sé diversi aspetti specifici e del tutto nuovi per la città che è bene denunciare in quanto hanno un risvolto decisamente macabro. Il numero civico 6 corrisponde al Circolo Arci Guernelli, a cui siamo legati non solo perché è il titolare della convenzione della Palestra Popolare Gino Milli, ma da un vincolo affettivo e di affinità politica per il ruolo che ricopre nel quartiere. Il Circolo gode di una convenzione che legittima legalmente la sua presenza in quella sede e stava interloquendo con le istituzioni per decidere come agire a fronte del progetto che coinvolgeva la palazzina. L’ordinanza emessa il 12 non fa esplicito riferimento al Guernelli, ma sottolinea che ‘negli stessi immobili sono presenti inoltre locali destinati a usi diversi rispetto a quello residenziale’. Questa formulazione retorica ha spinto il Corriere di Bologna a definire l’ordinanza uno ‘strano pasticcio’. Se si legge l’ordinanza, insomma, qualcosa non torna, tanto che non siamo i soli, dunque, a pensare che quell’ordinanza, firmata dal Sindaco, sia stata fatta male. Certo, ci chiediamo se ciò sia avvenuto per incompetenza, o (non si pensa mai abbastanza male) consapevolmente. In entrambi i casi, lo scenario è preoccupante”.

Prosegue il comunicato: “L’azione delle forze dell’ordine inoltre è fuori dai canoni della legalità stessa che l’ordinanza dovrebbe garantire, dal momento che questa prevede «che Acer-Bologna notifichi la presente ordinanza ai destinatari mediante affissione della stessa presso gli stabili di Via Gandusio nn. 6-8-10-12». Tutto ciò non è mai successo: Acer non ha mai notificato alcunché, ma le operazioni si sono comunque svolte. A tutt’oggi Acer non ha rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale in merito, né sulle proprie mancanze, né per commentare i fatti. L’illegalità della legalità raggiunge il culmine rispetto a quanto successo dentro i locali del circolo Arci Guernelli, che un consigliere comunale della maggioranza non ha esitato a definire ‘devastazione e saccheggio’. In molti si sono scandalizzati e hanno invocato un’indagine da parte delle forze dell’ordine, ma nessuno ha esplicitato alcuna ipotesi. Possiamo dire con certezza che possono essere accaduti solo dopo le 6.40 del mattino, ossia durante lo sgombero, quando la polizia stacca la corrente elettrica causando lo spegnimento delle telecamere che fino a quel momento non avevano registrato nulla di anomalo. Si legge quindi che ‘chi ha assaltato il circolo rubando e danneggiando, ha potuto farlo praticamente indisturbato’. Quello che si sa è dunque che durante le operazioni di sgombero, quando le forze dell’ordine bloccavano a cento metri di distanza dagli edifici chiunque volesse avvicinarsi, compresi i soggetti interessati, qualcuno si è introdotto nel Circolo dal primo piano rimuovendo un pannello blindato, ha sfondato tutte le porte che ha trovato, ha rubato l’incasso e il fondo cassa e si è preso tutto il tempo per bere succhi di frutta e birre. Fino alle 17 nessun altro è entrato nella zona”.

Scrivono poi le associazioni: “Facciamo un gioco: chi può aver sistematicamente sfondato le porte del Circolo, mentre decine e decine di esponenti delle forze dell’ordine presidiavano il territorio, con un livello di controllo che bloccava i passanti a più di cento metri, mentre le persone occupanti, uniche presenti nella zona, erano sgomberate e allontanate dagli edifici? Mettiamola così: se non sono state le forze dell’ordine stesse allora in città deve esserci in giro un genio del crimine capace di beffare cento poliziotti in un colpo solo, sfondare portoni e bersi birrette passando totalmente inosservato. In questo caso il livello di negligenza degli uomini in divisa dovrebbe quantomeno allarmare le istituzioni della città e la questura stessa, ma nessuno ha dichiarato nulla in merito. Tuttavia riteniamo difficile che un ladro così abile abbia il Circolo Arci Guernelli come oggetto delle sue attenzioni.È inquietante che non sia stata fatta alcuna dichiarazione da parte di Acer o della Giunta per chiedere chiarezza ai rappresentanti delle stesse forze dell’ordine. Perché il problema non sono solo i responsabili che materialmente hanno condotto la ‘devastazione e saccheggio’, ma solo il fatto che ciò sia accaduto desta preoccupazione: la legittimità o meno del Circolo passa in secondo piano in quanto, se sono queste le operazioni della polizia normalmente messe in campo, lo scenario mostra una violenza arbitraria del tutto inquietante”.

In conclusione: “Proprio per l’arbitrarietà dell’operazione e per la violenza con cui è stata condotta, ci stupisce molto il silenzio da parte dei soggetti istituzionali coinvolti, non ultimo il voto contrario, in sede di Consiglio Comunale, ad un Ordine del Giorno dedicato alle operazioni che hanno coinvolto di via Gandusio. Tutto ciò avviene sotto un’amministrazione comunale che continuamente afferma la necessità di una ‘partecipazione civica’. Eppure negli ultimi tempi il dibattito sugli spazi di socialità a Bologna si è nutrito di sgomberi, di minacce, di interventi ‘preventivi’ da parte delle forze dell’ordine, di proposte di riqualificazione che hanno portato alla nascita di luoghi difficilmente accessibili a livello economico. La violenza dell’operazione, la sua arbitrarietà e l’omertà da parte dei soggetti istituzionali coinvolti nelle operazioni di via Gandusio (ripetiamo: Comune, Questura e Acer) lanciano però un segnale ancora più agghiacciante alla città: a nessuno è garantito il proprio diritto ad essere ascoltati e tutelati dall’amministrazione pubblica, nemmeno all’interno dei criteri della legalità. A questo scenario che non esitiamo a definire fascista ci opponiamo e ci opporremo”.