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Flash mob sotto la Regione: “La scuola non si chiude”

Ieri l’iniziativa di Priorità alla scuola e Cobas e, sempre ieri, è iniziato il presidio permanente all’Usr della Comitati genitori: si ribadisce richiesta di non ripristinare Dad per effetto delle misure anti-coronavirus. Intanto, il Covid torna a far paura nelle strutture per anziani: focolaio al Giovanni XXIII. Usb contro Comune per rientro in ufficio dipendenti.

20 Ottobre 2020 - 13:21

“La scuola non si chiude“. Questo il messaggio lanciato dal flash mob organizzato ieri da Priorità alla scuola sotto le finestre della Regione Emilia-Romagna “per ribadire al presidente Bonaccini che la scuola non si chiude né in Campania né altrove. No alla chiusura delle scuole per compensare le difficoltà di trasporti e sanità”. L’iniziativa ha preso spunto proprio dalla decisione di chiudere le scuole presa in Campania, dopo che “non si è fatto nulla per evitare che ciò avvenisse: nessun investimento sui trasporti, sul viaggio che si sapeva da mesi che sarebbe stato necessario per andare in queste scuole. La prossima regione a chiuderle potrebbe essere la nostra. Mobilitiamoci tutti per sostenere la Campania e per evitare che da lì parta un effetto domino”, ha scritto Priorità alla scuola. Al flash mob hanno partecipato i Cobas Scuola: “Le scuole non possono pagare per le incapacità delle amministrazioni. Il diritto all’istruzione deve essere sempre garantito! Ancora una volta il mondo della scuola non può rimanere a guardare. Chiediamo che vengano attivate tutte le misure necessarie per la sicurezza e la prevenzione sanitaria, che i finanziamenti attuali e quelli futuri non vengano sperperati, ma utilizzati razionalmente”.

Sempre ieri è iniziato il presidio permanente promosso della Rete dei comitati genitori di Bologna e provincia sotto la sede dell’Ufficio scolastico regionale. “Noi non ce ne andiamo da qui finchè le nostre scuole e tutte le scuole di Bologna non avranno al 14 di settembre di ogni anno scolastico la certezza di tutto il personale impiegato”, dicono i genitori in presidio, aggiungendo la preoccupazione per le ultime evoluzioni della situazione e quindi “la richiesta di non chiuderci le scuole. Il nostro discorso è: con tutto il tempo che hai avuto a disposizione non sei riuscito a trovare neanche i trasporti adeguati per mandare a scuola i ragazzini”.

E se la ripresa dei contagi da Covid-19 fa temere per le possibili conseguenze sulle scuole, torna già a farsi molto preoccupante la situazione nelle strutture per anziani: è di ieri la notizia di un nuovo focolaio al Giovanni XXIII di via viale Roma, gestito dall’Asp. A seguito delle attività di screening sono emersi 26 casi positivi tra gli ospiti e tre fra gli operatori all’interno di un nucleo che raggruppa gli ospiti con problemi di demenza, psicologici o comportamentali e che, per questa ragione, da marzo non escono dalla struttura (hanno un terrazzino dedicato). L’Asp spiega che sono tutti asintomatici e in isolamento all’interno della struttura, dove il reparto è stato dichiarato ‘zona rossa’ (i tre operatori invece sono in quarantena a casa). I numeri potrebbero però aumentare perchè sono in arrivo i referti degli ulteriori tamponi effettuati sugli altri operatori e ospiti del nucleo (che in tutto conta 35 posti). L’intera casa di riposo di viale Roma è stata dichiarata inaccessibile dall’esterno.

Infine, i luoghi di lavoro. Anche l’Usb attacca l’amministrazione comunale per la decisione di portare da due a tre le giornate di lavoro che i dipendenti devono svolgere non da remoto ma in ufficio: “Questa decisione, che non tiene conto né della differente natura degli uffici e dei servizi né delle specifiche condizioni del personale impiegato, viene presa dall’amministrazione senza considerare in alcun modo il delicato contesto pandemico che nelle ultime settimane sta vedendo l’aggravarsi della diffusione del contagio in tutto il Paese e pertanto anche nella nostra regione. Tale decisione è stata presa unilateralmente dall’amministrazione in assenza di qualsiasi reale confronto con le organizzazioni sindacali, senza specificare le modalità di rientro e quali misure mettere in campo per tutelare la salute e la sicurezza dei dipendenti, dei cittadini-utenti e dei loro familiari. Anzi, l’amministrazione azzarda una non meglio specificata flessibilità in entrata ed in uscita dei dipendenti per limitare il sovraffollamento sui mezzi di trasporto ignorando il fallimento della decisione politica di questa Regione in materia di trasporto pubblico che imponeva una capienza massima dell’80% dei posti in vista della riapertura delle scuole piuttosto che prevedere un reale potenziamento del servizio stesso. L’incuranza e la superficialità dell’amministrazione di fronte ad un incremento significativo del numero dei contagi si ripercuote perciò inevitabilmente su tutto il personale coinvolto che si ritroverà a riprendere l’attività in presenza senza precise indicazioni e nella totale discrezionalità dei dirigenti dei singoli servizi. A tal proposito crediamo infatti che la modalità di svolgimento della prestazione non possa essere decisa senza una valutazione concreta che concili la tutela della salute psicofisica dei lavoratori con la necessità di garantire i servizi ai cittadini. Ciò deve tener conto delle peculiarità dei servizi, ossia quelli che non prevedono il diretto contatto con gli utenti e quelli che lo prevedono. A ciò va aggiunta la valutazione degli spazi che, come già ampiamente riferito in passato, devono essere adeguati a garantire le distanze interpersonali e ogni misura necessaria ad evitare la diffusione del contagio. Ciò, ad esempio, non è sempre possibile negli uffici di piazza Liber Paradisus dove il rientro forzato dei dipendenti comporterebbe l’esposizione dei dipendenti al rischio di contagio”.