Editoriale

Editoriale / Se oggi elogia Merola chi ha votato per il Piano casa

Dal Pd fiumi di belle parole a difesa del sindaco, indagato per aver ridato l’acqua a due occupazioni. Ma i parlamentari Pd hanno voluto e approvato la barbarie dell’articolo 5: evidentemente, fingono di averlo dimenticato.

25 Luglio 2015 - 16:33

AcquaLa vicenda è nota. Il sindaco Virginio Merola ha firmato due ordinanze per far riallacciare l’acqua nelle occupazioni di via de Maria e via Fioravanti, staccate in base al barbaro articolo 5 del Piano casa del governo Renzi. La Procura ha aperto un’inchiesta e lo ha indagato, accusandolo di abuso d’ufficio. Non staremo a spellarci le mani per Merola: il suo gesto rappresenta il minimo indispensabile, un atto di semplice buon senso di fronte ad una norma crudele, che punta ad estorcere l’abbandono di un’occupazione privando chi vi abita, anziani e bambini compresi, di un bene di vitale (realmente) importanza. Una mossa che sarebbe giudicata disdicevole perfino in guerra: ce n’è traccia anche nelle Convenzioni di Ginevra. E’ un po’ come avvelenare i pozzi al nemico assediato.

Non ci dilungheremo (non serve) neanche sul comportamento della Procura che, ancora una volta, antepone legalità a umanità. Approccio che fa il paio con quello della Questura, che pur di inanellare sgomberi immediati non guarda in faccia a niente e nessuno.

Piuttosto, di fronte all’iniziativa di Merola, motivata da ragioni di salute pubblica e igienico-sanitarie, ci sorge qualche domanda rispetto al comportamento dello stesso Comune nel distacco dell’acqua ai danni di un’altra occupazione, quella delle ex scuole Ferrari in via Toscana. E subito dopo, ci poniamo qualche quesito nel leggere la pioggia di dichiarazioni con cui gli esponenti del Pd hanno difeso il sindaco indagato. “Bene ha fatto Merola a tutelare interessi costituzionalmente garantiti, a maggior ragione in presenza di soggetti vulnerabili quali i numerosi minori coinvolti”, ha detto il segretario provinciale Francesco Critelli, aggiungendo che “ridare l’acqua a minori, donne e famiglie rappresenta un gesto che il Pd ha sempre sostenuto”.

L’assessore Andrea Colombo ha sottolineato che quello all’acqua “è un diritto umano”, il suo collega Alberto Ronchi ha parlato di intervento di “carattere umanitario” e un altro assessore, Riccardo Malagoli, lo ha detto con una certa franchezza: “Sarebbe stato peggio se ci avessero indagati per la morte di qualcuno”. Il capogruppo Claudio Mazzanti ha parlato di “problema di salute pubblica ed igienico- sanitario”, definendo “surreale” l’accusa a Merola. Il segretario regionale Paolo Calvano ha detto che si tratta di “proteggere i diritti fondamentali”. E poi ci sono i parlamentari: Andrea De Maria concorda con la necessità di “garantire i minori e la salute pubblica”, Sandra Zampa (vicepresidente del Pd) e Sergio Lo Giudice hanno definito l’articolo 5 una “norma ottusa e cieca”, Francesca Puglisi ha parlato di “scelta saggia ed equilibrata” rispetto alla decisione di Merola e Marilena Fabbri ha affermato che non bisogna “mettere a repentaglio la salute dei bambini, che non possono pagare per le scelte dei propri genitori”.
Non è nostra abitudine dare tanto spazio agli esponenti del Pd e, se ce ne fosse bisogno, precisiamo che le affermazioni citate sono state puntualmente affiancate da una ferma condanna delle occupazioni (come se l’acqua fosse un diritto, ma la casa no). Ci è sembrato utile fare questa piccola rassegna stampa, però, per dar conto di una doppiezza che dà la nausea. I fiumi di melassa di cui sopra, infatti, non bastano a nascondere una verità semplice e chiara: il Piano casa che contiene l’articolo 5 porterà pure la firma dell’allora ministro Maurizio Lupi, esponente Ncd nel frattempo dimessosi perché inseguito dallo spettro dei Rolex, ma è un provvedimento dell’intero Governo Renzi e votato dal Parlamento, Pd in testa. Le belle parole di assessori e segretari, perciò, si scontrano con una norma medievale che il loro stesso partito ha voluto, difeso e approvato. Voto su voto. E se per gli esponenti del Pd locale è un tema di coerenza, per i parlamentari entra in gioco anche la coscienza (?) personale perché loro, materialmente, hanno premuto il bottone e fatto sì che alle stesse famiglie e agli stessi bambini per cui oggi fanno finta di stracciarsi le vesti venisse tolta l’acqua per bere e lavarsi.

E’ il caso di essere precisi. Al Senato, il 14 maggio 2014, votò a favore Francesca Puglisi (non è un’omonimia), votò a favore Claudio Broglia, votò a favore Gian Carlo Sangalli, votò a favore Rita Ghedini. Alla Camera, il 20 maggio 2014, votò a Favore Andrea De maria (non è un’omonimia), votò a favore Marilena Fabbri (non è un’omonimia), votò a favore Sandra Zampa (non è un’omonimia), votò a favore Donaza Lenzi, votò a favore Paolo Bolognesi. Tra tutti i parlamentari che il Pd ha spedito a Roma, solo Carlo Galli e Sergio Lo Giudice non votarono perché non presenti in aula.

Aver votato il Piano casa e l’articolo 5 è un atto di cui bisognerebbe vergognarsi. Votarlo e poi fingere di averlo dimenticato è una vergogna, se possibile, ancora più grande.