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E l’ICI sui beni immobiliari della Chiesa mai?

A Bologna, se l’ICI venisse introdotta sugli immobili di proprietà della Chiesa, oggi esenti dall’imposta, l’incasso potrebbe essere di circa 2 milioni di euro.

08 Dicembre 2011 - 16:00

Il Cardinale Bertone, segretario di Stato Vaticano, commentando la manovra del Governo Monti ha detto: ”I sacrifici fanno parte della vita”.

La Chiesa italiana, però, anche in questo caso conferma che preferisce predicare bene e razzolare male. Pure questa volta all’immagine del buon Samaritano ha sostituito quella di coloro che passano accanto al derelitto o al bisognoso e cambiano marciapiede.

Infatti, mentre l’ICI sulla prima casa (stavolta chiamata IMU) torna ad entrare in vigore, i beni immobiliari della Chiesa, come pensionati e case per ferie per studenti e turisti gestiti da religiosi in edifici ecclesiastici continuano ad essere esentati.

La Chiesa possiede quasi il 30% del patrimonio immobiliare Italiano e con l’8 per mille toglie quasi 1 Miliardo di Euro all’anno al nostro paese.

Tassare la Chiesa e i suoi possedimenti sarebbe dunque ora, ma il premier Mario Monti ha chiarito: «È una questione che nel pacchetto urgente non ci siamo posti ancora».

Oltre al governo della BCE, dei banchieri e dei finanzieri, l’esecutivo Monti è risultato, in occasione della manovra, essere anche il tutore degli interessi delle gerarchie ecclesiali. Pagare le tasse su immobili che la Chiesa usa a fini commerciali, anche questa era una questione morale che andava sanata.

La Curia bolognese può negare fin che vuole, ma per alberghi, cliniche, scuole, cinema, librerie la Chiesa Cattolica non versa l’ICI.

Vorremmo fare una prima domanda, le cosiddette “Case per ferie e ospitalità religiosa” facenti capo alla Curia della nostra provincia l’ICI la pagano o sono esentate?

Ecco l’elenco di questi immobili: Associazione Santa Maria, Bartolomeo dal Monte, Casa Don Orione – Unità San Giuseppe, Casa S. Francesco Saverio dell’Opera Diocesana, Casa San Giuseppe, Casa San Luca, Centro Accoglienza Villaggio (CAV), Collegio Universitario Alma Mater, Collegio Universitario S. Tommaso d’Aquino, Congregazione Suore Carmelitane delle Grazie, Convitto Giovanna d’Arco, Convitto Istituto Campostrini, Convitto Universitario Madonna di S.Luca

Convitto Universitario San Giuseppe, Istituto Ancelle S. Cuore di Gesù, Istituto della Torretta, Istituto Figlie di S. Anna, Istituto S. Dorotea, Istituto S. Giuliana, Istituto S. Giuseppe, Istituto Sacra Famiglia, Istituto Suore Francescane dell’Immacolata, Protezione della Giovane di Bologna, Studentato Duns Scoto.

Oltre a questi immobili c’è tutto il resto. La Curia di Bologna è la più grande immobiliarista di tutta la provincia.

A Bologna, le case e gli appartamenti di proprietà della Curia sono quasi 600, quasi tutti registrati al catasto in categorie economiche o addirittura come “popolari” anche se in pieno centro storico e alle quali, spesso, sono abbinati magazzini e cantine (quasi 140) e posti auto (oltre 100).

Ci sono poi gli uffici, con più di 70 tra studi e negozi diffusi sia in centro che in periferia, oltre 70 le attività commerciali, spesso vere e proprie cattedrali dello shopping.

Chiudono il lungo elenco i collegi, i seminari e i conventi, oltre 90 all’ombra delle Due Torri, mentre 13 sono i cinema e i teatri e circa 30 i centri sportivi.

Nel solo capoluogo, poi, più di 60 edifici, tra cui l´unica abitazione schedata dal catasto come “signorile”, sono di proprietà diretta dell´Arcidiocesi, mentre molte case e negozi fanno capo all’Istituto per il sostentamento del clero.

Poi ci sono i poderi e i fabbricati agricoli disseminati per tutta la provincia.

Nel capoluogo emiliano, il patrimonio immobiliare della Chiesa potrebbe produrre un’ICI “virtuale” di circa 3 milioni di euro.

Ma le esenzioni previste dalla legge impediscono agli enti religiosi il versamento di questi soldi nelle casse del Comune.

Solo un terzo di questa cifra viene effettivamente pagato da fondazioni, congregazioni, opere diocesane e istituti ecclesiastici che possiedono case e negozi, perché svolgono operazioni “puramente commerciali” e quindi sono esclusi dalle agevolazioni fiscali.

Sono invece esenti dall’ICI le proprietà in cui viene svolta “attività sociale”, come ospedali e scuole private, campi da calcio, sale cinematografiche che proiettano film “educativi”, oltre alle sedi di chiese, parrocchie, e conventi.

Per Bologna, la terza città in Italia più colpita dalle strette di bilancio dovute alle varie manovre finanziarie, se l’ICI venisse introdotta sugli immobili esenti dall’imposta, l’incasso potrebbe essere di circa 2 milioni di euro.