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Due agosto: l’interruttore ritrovato “non è della bomba”

Lo dice la Polizia scientifica, nell’ambito delle consulenze tecniche richieste nel corso del processo a carico dell’ex Nar Gilberto Cavallini, relativamente all’oggetto rinvenuto tra le macerie accumulate ai Prati di Caprara. Per i legali di parte civile, questo allontana ulteriormente la cosiddetta ‘pista palestinese’.

23 Settembre 2019 - 19:29

L’interruttore trovato tra le macerie della strage del 2 agosto conservate ai Prati di Caprara, che si ipotizzava potesse essere quello usato nella bomba alla stazione, sembrerebbe invece non aver fatto parte dell’ordigno. E’ emerso oggi nel corso dell’udienza in Corte d’Assise del processo a carico dell’ex Nar Gilberto Cavallini. Un tecnico della Polizia Scientifica, tra i consulenti della Procura nell’ambito della perizia chimico-esplosivistica affidata all’esperto Danilo Coppe, ha segnalato che l’interruttore “non è di ghisa, come ipotizzato in un primo momento, ma di alluminio, come abbiamo saputo il 5 settembre”. Dunque, “se fosse stato vicino alla bomba si sarebbe fuso”, mentre invece l’oggetto trovato ai Prati di Caprara è soltanto deformato. Questo, sottolineano gli avvocati di parte civile, allontanano ulteriormente la cosiddetta “pista palestinese”. Le parole sentite oggi infatti “escludono quello che si era ipotizzato potesse essere un meccanismo di innesco riconducibile all’ordigno trasportato da Christa Margot Frohlich” al momento del suo arresto nel 1982 e identificano “i tipi di esplosivo usati a Bologna come non riconducibili alla stessa matrice” di quelli usati da Carlos.

Sempre oggi si è saputo che la Corte d’Assise ha dispsoto l’acquisizione, dal Csm, dei verbali delle audizioni di Mario Amato, comprese le parti secretate. Anche questa novità soddisfa gli avvocati di parte civile, perchè Amato era il pm di Roma che indagava sull’estremismo di destra e che venne ucciso proprio da Cavallini il 23 giugno 1980. Il magistrato romano, ricordano i legali delle vittime, “fu lasciato all’epoca, in totale isolamento nella Procura di Roma, e questo squarcio di verità, legato anche alle importanti somme di denaro finite sul conto di Flavia Sbrojavacca (all’epoca compagna di Cavallini, ndr) due giorni dopo l’omicidio, diventa ulteriormente importante”. Questo, concludono i legali, da un lato perchè “l’omicidio Amato si salda alla strage di Bologna”, e dall’altro perchè il pm assassinato dai Nar “aveva ereditato le indagini di Vittorio Occorsio che riguardavano non solo l’eversione di destra e il neofascista Pierluigi Concutelli, ma avevano posto al centro, nel 1975, anche un signore che si chiama Licio Gelli”.