Culture

Draghi, piazze, parole:
a 40 anni dalla rivolta del ’77

Tra le prime iniziative in cantiere: un corteo l’11 marzo e un premio per tesi di laurea promossi dal Cua; tre giorni di iniziative a cura del CentroDoc “Lorusso-Giuliani” e Vag61; un seminario dal titolo “Se7en”.

29 Gennaio 2017 - 10:50

Anno 2017, anno di anniversari. Quello della Rivoluzione d’ottobre e quello della rivolta del 1977, che proprio nella città di Bologna vide uno dei contesti di maggior espressione: le strade di marzo, le strade di Radio Alice edi Francesco Lorusso, dei carri armati in via Zamboni e molto, molto altro ancora. A Bologna l’impronta lasciata dal movimento del ’77 rivive ogni anno e, ovviamente, questo vale anche per l’anniversario del quarantennale. Una delle prime iniziative ha avuto luogo qualche giorno fa, quando in zona  universitaria è riapparso il drago: dalle foto in bianco e nero di quegli anni di nuovo in via Zamboni. “Dopo 40 anni, rinasce il drago! Perché non ci siamo arresi. Perché la storia ci ha dato ragione. Perché è necessaria la liberazione dal lavoro salariato“, si legge sulla pagina Facebook del libro “L’eresia bolognese”, su cui è stata pubblicizzata l’iniziativa.

Tra gli altri appuntamenti già in circolazione, poi, torna il corteo che già da qualche anno viene organizzato per l’11 marzo. L’appuntamento è alle 16 in piazza Verdi. Dall’appello firmato dal Cua: “Corteo per Francesco Lorusso a 40 anni dalla sua morte. Francesco vive! E’ sempre con infinito rispetto ed umiltà che pronunciamo il nome di Francesco Lorusso, così come quello di chi, in ogni epoca, è morto combattendo per la libertà. Spalla a spalla con migliaia di compagni e compagne per un mondo più giusto ed equo. Eppur quel sacrificio non è bastato. Eppure oggi, a distanza di 40 anni, tanta è ancora la strada da fare. Non passa giorno senza che un fratello muoia lavorando, spezzato dalla crudeltà dei padroni e del tempo, dalla voracità del commercio, dalla velocità incisa da pochi sulla pelle dei molti. Non passa giorno che una sorella non muoia annegata, risucchiata con decine di migliaia di altri uomini e bambini nel coraggioso viaggio oltre il limite del mare, in lotta contro correnti e confini, tenacemente. Non passa giorno che da una parte all’altra del globo non giunga però la forza ribelle di chi resiste, di chi non si arrende e combatte contro le barbarie fasciste e razziste, o contro le bombe, le mine ed i proiettili dello Stato Islamico e di ogni altro stato assassino. Ed è in questa forza ribelle, qui e ora, che dobbiamo situare il ricordo e la memoria di Francesco. Un ricordo ed una memoria che non possono essere assolutamente condivisi con chi oggi osteggia le lotte e i movimenti, ma possono vivere ed essere tramandati solo nelle lotte stesse. Quelle lotte che anche nella fase non facile che viviamo tengono viva la possibilità di cambiamento radicale della società”.

Sempre il Cua, inoltre, insieme alla casa editrice Red Star Press promuove un premio intitolato a Lorusso “da assegnare a tesi di laurea triennale conseguite in qualunque disciplina e dedicate ai temi della storia della conflittualità sociale, delle lotte di liberazione dei popoli oppressi e contro le istituzioni patriarcali e alla cultura della Resistenza e del movimento operaio. Le tesi di laurea dovranno essere state discusse presso le Università di qualunque parte del mondo nel periodo compreso tra il 14 dicembre 2010 e il 7 novembre 2016 e dovranno essere inviate, accompagnate da un breve sommario (max 100 righe) esclusivamente in formato pdf entro l’11 marzo 2017 alla mail redstarpress@email.it, unitamente ai propri dati anagrafici, completi dell’indirizzo di residenza, dei riferimenti telefonici e indirizzo mail, del codice fiscale e del titolo della tesi con l’indicazione del relatore, della materia, della data e dell’università in cui è stata discussa”.

Il Centro di documentazione dei movimenti “Francesco Lorusso – Carlo Giuliani” e lo spazio libero autogestito Vag61, invece, promuovono “1977 – Storie di un assalto al cielo”. Questa la presentazione delle iniziative, che si svolgeranno il 10, l’11 e il 12 marzo a Vag61, in via Paolo Fabbri 110: “Le parole e le immagini del movimento del ‘77 e della rivolta del marzo. Tre giorni di mostre, proiezioni, libri, reading, musica, brigate cuciniere”. Si comincia venerdì 10 con l’inaugurazione della mostra “11 marzo, il Grande Caldo” (foto, manifesti e giornali sul movimento), la proiezione di “Occuperemo il paradiso” (cortometraggio realizzato dalle alunne e dagli alunni di una seconda classe del Liceo Laura Bassi), la presentazione del libro “77, la storia di un assalto al cielo” (a cura dal Centro di documentazione dei movimenti “Lorusso-Giuliani”), il reading “La rivoluzione” (su un testo di Maurizio Colmegna) e per finire “Fuori i compagni dalle balere” (dischi e canzoni). Per l’11 marzo il Centro di documentazione e Vag61 rilanciano innanzitutto l’appuntamento che si ripete ogni anno davanti alla lapide di Lorusso in via Mascarella e poi il corteo del pomeriggio da piazza Verdi; la sera di nuovo a Vag61 per una cena sociale e il concerto dei Gang con la presentazione di “Calibro 77”. Infine, domenica 12 un “pranzo da battaglia” a cura della Brigata Rita del Pratello seguito dalla proiezione di video e documentari.

Con il titolo “Se7en – Osare fare la rivoluzione”, invece, si annuncia per il 3 e 4 marzo un seminario “sull’attualità della rivoluzione e la sua genealogia, attraverso gli anni ’70 interrogati in rapporto all’oggi, preceduto da un ciclo di iniziative con dibattiti, proiezioni e presentazioni di libri”. Dalla presentazione: “1917-1977-2017. C’è qualcosa che, nel profondo o in superficie, lega questi tre anni, al di là delle simbologie e degli anniversari? C’è qualcosa che possa oggi permetterci di parlare della rottura bolscevica in Russia e del tentativo di rottura autonoma in Italia in termini non meramente memorialistici o celebrativi? C’è un futuro alle nostre spalle? Ci poniamo queste domande a partire dalle generazioni presenti, innanzitutto le nuove generazioni militanti. Dentro gli spazi di movimento e del pensiero critico il rapporto con la storia è spesso problematico, anche o forse soprattutto dopo gli anni ’70 è ondeggiato tra la feticizzazione del passato e la sua rimozione, producendo di volta in volta una memoria identitaria oppure un’identità immemore. Nostalgia e nuovismo sono, in fondo, due facce di un medesimo pensiero della subalternità alle narrazioni dominanti. Questo duplice “anniversario” può essere l’occasione per sperimentare e coltivare un metodo differente. Per rapportarci politicamente a esperienze storicamente determinate proviamo a interrogarle sui problemi e i nodi irrisolti del presente, analizzando le ricorrenze nei mutamenti delle forme sociali e della produzione, così come le discontinuità nella permanenza dei rapporti di dominio e sfruttamento. Il punto è come costruiamo una storia rivoluzionaria di parte, impadronendoci di ciò che è vivo nel passato, delle ricchezze e dei limiti di ciò che sta dietro di noi. Possedere la memoria, non essere posseduti dalla memoria: è il modo per non ripetere ciò che è finito, per ripensare ciò che è vivo. Una storia rivoluzionaria di parte, infatti, è sempre basata sulla capacità di selezione e di analisi, non di celebrazione e scimmiottamento. Il ’17 è la rottura riuscita, l’assalto al cielo della classe operaia, la presa del palazzo d’inverno, la trasformazione della guerra imperialista in guerra civile rivoluzionaria. Il ’77 – come anno paradigmatico dei movimenti sovversivi di due interi decenni – è la rottura mancata, il passaggio dalle lotte dell’operaio massa all’insorgenza dell’operaio sociale, il rifiuto del lavoro e il territorio che diventa fabbrica, le lotte che costringono il capitale all’automazione tecnologica e l’automazione tecnologica che mangia facoltà umane, il cielo caduto sulla terra ma senza salto rivoluzionario. Il ’77 è la continuità dell’attualità rivoluzionaria e la discontinuità con le forme della rivoluzione del ’17. La guerra civile perde il palazzo da assaltare e deve reinventarsi con nuovi modelli di conflitto e di organizzazione. Il nodo resta irrisolto, dentro le dure mutazioni del lavoro, della composizione sociale e di classe, nell’affermazione e proliferazione delle differenze, dentro le cesure nella soggettività e perfino antropologiche”.