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Di nuovo in piazza contro la riforma dell’Erp

Oggi presidio di Asia-Usb in San Donato e poi corteo, dopo un incontro nei giorni scorsi con l’assessore regionale Gualmini: “Ha affermato che le case popolari non sono un diritto, così scappa dal confronto”.

01 Aprile 2017 - 20:26

Prima in presidio in piazza Spadolini, davanti alla sede del quartiere San Donato, poi in corteo per le strade della zona così da raggiungere la sede territori del Pd: si è svolta così oggi pomeriggio una nuova manifestazione contro la riforma regionale dell’Erp, su iniziativa di Asia-Usb e con la partecipazione anche dello Sportello Antisfratto di Imola. L’appuntamento era stato lanciato dopo che Asia, nei giorni scorsi, è riuscita ad incontrare l’amministrazione regionale “in merito all’assurda riforma del patrimonio abitativo pubblico, che prevede centinaia di sfratti, aumenti degli affitti e una gestione delle case popolari basata sul ‘turn over’, ovvero la continua precarietà per gli inquilini su cui penderà costantemente la minaccia dello sfratto”, ha riferito il sindacato con una nota. “Abbiamo incontrato, insieme ad una delegazione di inquilini da vari quartieri, l’assessore regionale alla casa e lavori pubblici, nonché vice presidente della Regione, Elisabetta Gualmini, autrice del testo della riforma. In poco tempo l’assessore, mascherandosi inizialmente dietro falsi sorrisi e cordialità, ha svelato il vero volto del Pd e del suo progetto di governo della Regione. Fin da subito abbiamo chiarito la posizione dell’inquilinato, ovvero il rifiuto totale di questa riforma che non solo rende le case popolari un servizio d’emergenza, precario, ma risponde agli ordini dati nel 2014, sempre dal Pd, con la riforma nazionale chiamata Piano Casa. Questa legge, infatti, imponeva a Regioni e Comuni di svendere le case popolari a proprietari privati (non agli inquilini con diritto di riscatto), e gli sfratti che verranno dalla riforma regionale serviranno proprio a questo: liberare case per venderle all’asta. Inoltre una riforma di tale portata, con effetti concreti sulla vita di moltissime persone, deve essere discussa in modo democratico con i diretti interessati, non a legge già approvata ma in fase di preparazione. Completamente sorda a tutto questo, l’assessore si è prodotta in una spiegazione tecnica e burocratica sul perchè avesse ritenuto di abbassare il tetto massimo alla permanenza, e su come i Comuni potranno intervenire per mitigare il procedimento degli sfratti (ma non certo annullarli), sostenendo che la riforma sia guidata un criterio di ‘equità’. Ma quale equità è possibile quando soltanto a Bologna le case vuote si contano a migliaia? Se si vuole dare soluzione alle migliaia di persone che rimangono per anni in graduatoria aspettando l’assegnazione di una casa popolare, o che subiscono la violenza dello sfratto, serve che quelle case siano riqualificate e assegnate. E quali possibilità può avere un nucleo espulso dalla casa popolare dovendo fare fronte ai costi inaccessibili del mercato privato? E soprattutto, su questo siamo stati molto chiari, non saremmo arrivati a questa situazione se il Pd e i suoi predecessori non avessero scelto di vendere gran parte di quelle che erano in origine case popolari a grandi proprietari privati e speculatori, ed è per questo che siamo uno dei paesi europei con la più bassa percentuale di edilizia pubblica. Di fronte a queste ragioni è caduta definitivamente la maschera: l’assessore ha iniziato a balbettare che non ci sono fondi pubblici per ripristinare le case vuote, cercando poi di addossare ogni colpa all’Acer e ai Comuni. Le abbiamo fatto notare che i fondi ci sono eccome, che vengono continuamente spesi per opere inutili e che il Pd nell’ultima legge finanziaria nazionale ha decretato che la maggior parte dei fondi pubblici statali verranno destinati alle tecnologie militari, e dunque il problema non sono i soldi, ma le priorità con cui vengono spesi, ignorando i diritti fondamentali di una popolazione colpita dalla crisi economica”.

Scrive ancora Asia: “Rifiutando di confrontarsi su queste tematiche importanti, la risposta dell’assessore è stata più chiara che mai: ‘Nessuno ha mai detto che le case popolari sono un diritto’. Di fronte a questa frase scellerata è scoppiata la delusione e l’indignazione degli inquilini: le case popolari sono state edificate nei decenni scorsi con i fondi della tassa Gescal, che tutti i lavoratori pagavano perchè lo Stato le costruisse e le assegnasse, e oggi gli inquilini continuano a pagarle con affitti che spesso sono tutt’altro che ‘popolari’. Dunque possiamo affermare che la casa popolare è un diritto di tutti i lavoratori. L’assessore quindi ha fatto quello sempre fa il Pd quando si trova di fronte a una legittima protesta dei cittadini: è fuggita, sottraendosi al confronto e chiudendo così quel dialogo che con fatica eravamo riusciti ad aprire. Questa è la misera rappresentazione di come governa il Pd: leggi che sopprimono diritti e chiusura al dialogo con chi dissente. Ma non ci facciamo scoraggiare, anzi ci sentiamo più forti, perchè chi scappa dal confronto dimostra di essere nel torto, o almeno di avere qualcosa da nascondere. Non ci faremo distrarre dalla logica della guerra tra poveri, tra chi è inquilino e lotta per rimanerlo e chi non lo è e spera di diventarlo, perchè le case sfitte (sia pubbliche che private) e il patrimonio pubblico già esistenti sarebbero già quasi sufficienti a soddisfare il bisogno di tutti, a garantire a ognuno il diritto ad un alloggio dignitoso con un canone accessibile”.