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“Detenzione di Zaky non cada nel silenzio”, attivisti in piazza in tuta bianca e mascherina

Làbas: “La chiusura dell’Università a causa della diffusione del coronavirus non può essere un alibi per fermare la mobilitazione. Le mascherine e le tute bianche rappresentano la nostra necessità di continuare a lottare anche in uno stato d’emergenza!”. Saperi naviganti: “Alma Mater non fa abbastanza”.

28 Febbraio 2020 - 16:30

“Questa mattina abbiamo svolto un flash mob nella deserta Piazza Verdi per non far cadere nel silenzio l’ingiusta e sempre più drammatica detenzione di Patrick Zaky nelle carceri egiziane”. Lo scrive Làbas.

“La chiusura dell’Università – prosegue il collettivo – a causa della diffusione del coronavirus non può essere infatti un alibi per fermare la mobilitazione. Le mascherine e le tute bianche rappresentano proprio questo: la nostra necessità di continuare a lottare anche in uno stato d’ emergenza! La realtà è che il Governo italiano non ha messo in campo nessuna misura diplomatica concreta per colpire la dittatura di Al Sisi e nemmeno l’Università di Bologna sta rimettendo in discussione i propri accordi con Eni sui giacimenti di gas in Egitto. Ai proclami devono seguire i fatti! La mobilitazione continua almeno fino a quando Patrick non sarà liberato!”.

Sulla vicenda di Zaky era intervenuto ieri anche Saperi naviganti: “Il 24 febbraio Patrick è stato trasferito nel carcere pubblico di Mansoura all’insaputa di familiari e avvocati. L’accusa ha rifiutato ogni richiesta di poter vedere Patrick in colloquio prima della prossima udienza, destando preoccupazione tra familiari, amicx e colleghx. Nel mentre in Italia l’emergenza del Coronavirus sta sovrastando ogni cosa, bloccando metà Paese e divenendo l’unica grande notizia riportata dai media, offuscando il resto. Pur non sottovalutando quella che è la situazione sanitaria attuale e nonostante le ordinanze, riteniamo che sia di vitale importanza portare avanti la mobilitazione per la liberazione di Patrick: in questo momento più che mai, il nostro collega rischia di rimanere intrappolato tra le tenaglie affilate del regime assassino di Al-Sisi, che potrebbe giovare del silenzio internazionale, europeo e italiano che minaccia di calare sulla questione. Noi, studenti e studentesse, compagnx, colleghx di Patrick, non possiamo permettere che tutto questo cada nel dimenticatoio. Andiamo avanti, rilanciamo le nostre richieste! Manteniamo viva l’attenzione! Vogliamo che l’Università di Bologna ci ascolti e interrompa gli accordi con l’Egitto e che faccia pressione sul governo italiano per fare altrettanto ritirando l’ambasciatore dal Cairo.  Aggiungere un fiocco e una frase accanto al logo nel sito dell’università non è abbastanza per riportare Patrick a casa. Non è tempo di nasconderci dietro una mascherina, prendiamo una posizione!”.