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Dal cinema alla realtà: “Sacco e Vanzetti come Sacko e Abdel”

Ieri blitz prima della proiezione del film di Montaldo in piazza, Noi Restiamo: “Filo rosso lega sorti dei migranti di ieri e oggi”. Nuovo presidio delle maestre all’Usr. E riders: “Basta con i ricatti di Foodora”.

19 Giugno 2018 - 11:18

“Il pubblico applaude, la Polizia accerchia i compagni ma la folla la scaccia via. Sacco e Vanzetti come Sacko e Abdel: compagni ammazzati da chi ci sfrutta!”. Noi Restiamo racconta così l’azione comunicativa compiuta ieri sera in piazza Maggiore durante la rassegna “Sotto le stelle del cinema”, che per la serata inaugurale prevedeva la proiezione del film di Giuliano Montaldo. Questo il testo dell’intervento in piazza: “In occasione della proiezione in piazza Maggiore dello storico film diretto da Giuliano Montaldo, abbiamo voluto portare queste poche parole per evidenziare una verità troppo spesso volutamente taciuta: c’è un sottile filo rosso che lega ieri come oggi le sorti dei migranti, fatto di sfruttamento e di diritti negati, e che si stringe intorno al loro collo quando le lotte iniziano a far vacillare il sistema di ricatti e violenze contro cui si sono scagliate. Ancora più stretto diventa il cappio quando si aggiunge un colore della pelle diverso, o quando la ‘paura rossa’ o il conflitto sociale in un dato settore sono tali da far vacillare le certezze padronali. Così morivano ieri due anarchici, così muoiono oggi due sindacalisti indomiti. È nella stessa natura dei soggetti colpiti da questa violenza di classe che si riscontra un primo punto di chiarezza: a pagare il prezzo più caro è chi si mette in gioco lottando, e pertanto la nostra solidarietà non potrà che seguire la strada che questi compagni ci indicano, fatta di lotta e organizzazione. Praticare il pietismo sarebbe un dono immenso ai vari Salvini e alle elites liberali che ci hanno portato fin qui. Il mutualismo nel conflitto è invece l’unica via per disinnescare le attuali derive, e ci mette spalle al muro di fronte alle nostre responsabilità, qui e ora: vogliamo lavare le nostre coscienze, mantenendo immutati i rapporti sociali in essere che producono ciò contro cui diciamo di volerci battere, o vogliamo ammettere la materialità delle contraddizioni in campo e fare una scelta di parte che consenta a un’ipotesi di cambiamento di entrare davvero in partita? Le strade di Roma sono state riempite sabato scorso da quasi 20 mila persone che hanno fatto questa scelta, e i prossimi appuntamenti cittadini e nazionali ci chiamano a continuare su questa strada, costruendo l’opposizione sociale e politica al governo gialloverde, senza permettere ai responsabili che hanno governato fino a ieri, e qui ancora amministrano la città, di mettersi alla nostra testa. Nessuno sconto alle forze attualmente al comando del paese, nessuna assoluzione per chi come loro ha sempre portato avanti gli interessi delle classi dirigenti organizzate nelle istituzioni comunitarie. Sacco era di Foggia, e ben conosciamo la situazione nelle campagne del foggiano oggi, dove in quelle baraccopoli in lamiera si muore come tanti emigranti sono morti la scorsa estate a Londra nel rogo della Grenfell Tower. È proprio mentre provano a dividerci che creano le condizioni per una oggettiva riunificazione delle mille figure del (non) lavoro. Lavorare in questi spazi e accelerare processi di ricomposizione è il compito di chi vuole ribaltare il tavolo. In tal senso i prossimi appuntamenti di Fight/Right, così come la manifestazione di Piacenza di sabato 23 contro la repressione delle lotte dei facchini in contemporanea alla manifestazione dei braccianti a Reggio Calabria, sono tappe da rilanciare nel segno dell’unità delle lotte!”.

Sempre ieri intanto c’è stato un altro passaggio della mobilitazione contro l’esclusione dei diplomati magistrali dalle Graduatorie a esaurimento, le Gae, con un presidio davanti all’Ufficio scolstico regionale. Spiega il Coordinamento Dm: “Il tempo è finito! Tra qualche giorno ci sarà il più grande licenziamento di massa del pubblico impiego. Oltre 55.000 maestri e maestre verranno licenziati e relegati in chissà qualche graduatora. L’impatto sociale sarà devastante! Il Coordinamento Dm di Bologna chiede: 1) l’abolizione della legge ‘Buona scuola’, in modo particolare del comma 131; 2) l’apertura delle Gae per gli abilitati in ambito provinciale; 3) l’uguaglianza sociale senza nessun tipo di distinzione”. E dal Coordinamento lavoratori scuola Emilia-Romagna: “La lotta delle maestre e dei maestri non va in vacanza! Presidio davanti all’Ufficio scolastico regionale. Non una maestra di meno! Nessun passo indietro! Unità delle lotte!”. Al presidio hanno partecipato anche gli studenti del Cua: “Siamo qui per dare loro sostegno, in quanto il mondo della formazione – dalle scuole all’università – è sotto continuo attacco da parte dei governi che lo vedono come ambito da regolare tramite valutazioni economiche, mentre dovrebbe avere come scopo la crescita culturale delle persone e la produzione di saperi. Solidarietà alle maestre e ai maestri in lotta!”.

Cambiando ordine di scuola, le insegnanti delle materne comunali hanno inviato una lettera al sindaco Virginio Merola, con un centinaio di firme in calce, per affermare che la decisione di anticipare l’avvio delle lezioni al 3 settembre è un modo per “punire” le maestre dopo l’accontamento della sperimentazione della settimana di apertura a luglio. Nel messaggio si sottolinea il “crescente disagio” del personale, dettato innanzitutto dalla “incapacità di ascolto” della giunta: “Le nostre voci non esistono, sono un sottofondo fastidioso, al punto che ci e’ stata tolta anche la possibilità di votare negli organi collegiali”. L’altro grosso problema è quello della “improvvisazione delle decisioni, assunte all’ultimo momento senza un progetto discusso e condiviso, in cui il solo elemento ricorrente pare una sorta di accanimento contro noi insegnanti considerate, come ha candidamente espresso il presidente dell’Istituzione, una corporazione chiusa, refrattaria all’innovazione e privilegiata”.

Sempre ieri, intanto, a Roma il ministro del Lavoro Luigi Di Maio ha incontrato alcune delle principali piattaforme di delivery food dopo il confronto aperto con i riders. “Ho proposto alle piattaforme della gig economy di aprire un tavolo per costruire un nuovo modello di tutele e un nuovo contratto per il lavoro del futuro”, ha dichiarato il ministro. “L’incontro è andato molto bene, c’è disponibilità al dialogo per arrivare a dare più tutele ai lavoratori”, ha aggiunto il vicepremier. A chi gli chiede se quindi le misure per i riders non saranno piu’ inserite nel “decreto dignità”, il ministro ha risposto: “Vedremo nei prossimi giorni quale sarà il risultato del tavolo, noi vogliamo risposte il prima possibile”. Nella stessa giornata, Riders Union ha commentato così le uscite fatte da una delle piattaforme più grosse, Foodora: “Leggiamo dai giornali le parole dell’amministratore delegato di Foodora secondo cui il riconoscimento dei diritti dei lavoratori porterebbe alla chiusura della piattaforma in Italia. Altro che imprese innovative, alla richiesta di diritti ancora una volta si risponde con i ricatti occupazionali, sostenendo che non è possibile riconoscere la subordinazione in questo lavoro perchè non c’è sufficiente margine di guadagno. Eppure, in Germania la stessa Foodora riconosce i contratti di subordinazione, garantendo ai propri lavoratori diritti e salari più alti di quelli che nel nostro paese. Perché allora questo non sarebbe possibile in Italia? Non si tratta forse dello stesso lavoro? Siamo davvero stufi di questa arroganza, non siamo più disposti a lavorare ad ogni costo. Per questo oggi (ieri, ndr) Luigi Di Maio nell’incontro previsto con le piattaforme deve pretendere il rispetto dell’art. 41 della Costituzione secondo cui ‘l’iniziativa economia privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana’. Le piattaforme come foodora in questo paese fanno profitti senza pagare tasse, equi salari e contributi, arrichendosi alle spalle dei lavoratori e dei cittadini producendo povertà invece che ricchezza. Questo non danneggia soltanto noi lavoratori, ma tutta la società, che non solo si vede privata di risorse fiscali, ma viene gettata in una guerra al ribasso che impedisce di fare impresa rispettando la dignità dei lavoratori. Se Foodora vuole continuare a rubare salari e a sottrarre risorse alla fiscalità allora che chiuda. Di certo non sentiremo la mancanza di un’azienda che continua a inquinare l’economia e a negare la dignità delle persone che ci lavorano”.