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Culture / Singing souls

Gli Huun-Huur-Tu sono musicisti provenienti dai pascoli dei monti Altai, nel sud della Siberia centrale, che hanno trascorso decenni a perfezionare il canto armonico e le tecniche di costruzione degli strumenti musicali.

24 Gennaio 2017 - 16:26

di Simona De Nicola

Secondo lo sciamanesimo siberiano il tamburo è “vivo”, grazie all’energia vitale dell’animale che ha permesso di costruirlo: ogni sciamano ne possiede uno, e si dice che quando viene privato del proprio, muore.

HUUN-HUUR-TU

Il loro nome rimanda alla “separazione verticale dei raggi luminosi che si possono vedere sui prati appena dopo l’alba o poco prima del tramonto”. HUUN-HUUR-TU, una parola selvaggia, che difficilmente potremmo concepire nella nostra cultura imprigionata dalle gabbie urbane.

Paesaggi aperti, dimentichi delle architetture violente, dei cieli interrotti delle nostre città.

La steppa siberiana, coi suoi venti taglienti e le nuvole che rincorrono la fine, senza mai raggiungerla.
Materiali strappati alla natura con la sapienza e la testardaggine dell’artigiano.
Suoni che sembrano realizzare il desiderio dell’artista –  dell’essere umano che sogna di uscire da sé, disumanizzarsi e farsi tutt’uno col cosmo.

Pura poesia, questa musica che riesce a disegnare nello spazio i luoghi della Tuva, terra russa distesa lungo il confine con la Mongolia.

Fondati nel 1992 da Sasha Bapa, da suo fratello Sayan, da Kaigal-Ool Khovalyg e Albert Kuvezin, con l’intento di concentrarsi su “canzoni vecchie e dimenticate”, gli HUUN-HUUR-TU portano in giro per il mondo una musicalità complessa, assieme indigena e post-contemporanea, senza tempo.

  

Provenienti dai pascoli dei monti Altai – nel sud della Siberia centrale – sono musicisti che hanno trascorso decenni a perfezionare il canto armonico e le tecniche di costruzione degli strumenti musicali, dando vita a un repertorio musicale che trascende confini geografici e culturali.
Sebbene depositari della musica indigena, non possiamo considerarli solamente un gruppo folkloristico: dal loro esordio per l’etichetta americana Shanachie nel 1993, hanno coperto molteplici mondi musicali, esibendosi assieme a Frank Zappa, The Chieftains, Johnny “Guitar” Watson e L. Shankar, tra gli altri.

Quando il canto si eleva dalle voci degli HUUN-HUUR-TU, la natura scivola densa nello spazio del Teatro San Leonardo e inonda l’aria con suoni che dicono di acqua, fuoco, vento.
Il canto fende lo spazio, lo piega docilmente, e d’improvviso ciò che canta è il respiro di un essere umano che corre, del battito del suo cuore nel nero della notte, di un sogno scivolato verso l’infinito. Il terrore e la meraviglia dell’indomabile trovano voce.

Il canto armonico che accompagna le loro melodie è una tecnica complessa, custodita da migliaia di anni dagli indigeni della steppa, nella quale, sfruttando le risonanze che si creano nel tratto tra le corde vocali e la bocca, vengono emesse contemporaneamente la nota e l’armonico relativo (detto anche ipertono). Questa tecnica – in inglese throat singing – permette lo sviluppo di un universo del suono unico e coinvolgente, ricco di armonici sopra e sotto la frequenza fondamentale.

Ritmi antichi e misteriosi, costruiti con strumenti tradizionali realizzati a mano: l’igil, il byzaanchi, il khommuz, il doshpuluur e il tuyug.
Ritmi battuti con la solennità e la grazia che solo gesti antichi – segnati dalla ripetizione, dal sapere tramandato di corpo in corpo e imbevuti nella pozione del tempo – sanno avere.
Il percuotere ossessivo di una corda contro il legno, la vibrazione della pelle del tamburo, il fremere sottile di un fascio di crine di cavallo si trasformano in un disegno meditativo che sembra provenire direttamente dall’avanguardia.

Batte il tuyug Alexei – col corpo che imita il suono denso della pelle che vibra – e passa la sua energia allo strumento – bagnando tre dita con la saliva e poi passandole lungo bordo della pelle tesa del tamburo.

Ci sono geometrie ancestrali, che ci parlano dei nostri sentire più profondi, universali.
Ci sono musiche senza tempo, che disegnano l’inizio e la fine di tutti i tempi.

 

Kaigal-ool Khovalyg  

Cantante autodidatta, estremamente dotato, di canto armonico, Khovalyg ha fatto il pastore fino all’età di 21 anni, quando fu invitato a far parte del Tuvan State Ensemble. Si trasferì a Kyzyl, dove cominciò a insegnare canto armonico e igyl. Co-fondatore degli Huun-Huur-Tu, abbandonò l’ensemble di stato per dedicarsi al nuovo quartetto. Si è inoltre esibito e ha inciso come solista con Vershki da Koreshki, la World Groove Band ed il Volkov Trio. Ha un’estensione vocale che va dal tenore al basso, ed è particolarmente noto per la sua abilità unica nel padroneggiare gli stili vocali khöömei e kargyraa.

Radik Tyulyush

Nato nelle campagne della Tuva, Radik faceva il pastore prima di diventare un musicista professionista. Ha perfezionato le sue abilità nel canto armonico suonando nei gruppi statali Sovietici, eccellendo nello stile borbangnadyr. È entrato negli Huun-Huur-Tu nel 2006, ma suona anche come solista e nel 2007 si è esibito in un tour in Inghilterra con un proprio programma.

Sayan Bapa

Originario della Tuva da parte di padre e di madre russa, è cresciuto nella città industriale di Ak-Dovurak. A Kislovodsk, nel Nord Caucaso, ha suonato basso fretless in un gruppo russo di jazz-rock per molti anni. È tornato a Tuva all’inizio degli anni ’90 per studiare le proprie radici, diventando membro di un gruppo folk-rock che eseguiva musica tradizionale di Tuva con strumenti elettrici. Co-fondatore degli Huun-Huur-Tu, Bapa è un versatile solista di strumenti a corda, e suona igyl, doshpuluur, e chitarra acustica. Come cantante si è specializzato nello stile kargyraa.

Alexei Saryglar

Alexei Saryglar si è unito al gruppo nel 1995 per sostituire Alexander Bapa. Ha completato gli studi musicali a Ulan Ude come percussionista per ensemble di musica classica e popolare, e diventò un componente del grande ensemble di stato sovietico Siberian Souvenir. Performer dai molti talenti, Saryglar è in particolare un efficace cantante sygyt, e la sua destrezza con strumenti tradizionali a percussione e a corda di Tuva si è estesa naturalmente al pianoforte. Come gli altri membri del gruppo, quando non è in tour, risiede a Kyzyl (capitale di Tuva).

A Bologna grazie al Centro di Ricerca Musicale Teatro San Leonardo e al Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna.

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