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Culture / Come brillano le stelle tranquille

Ritratto sentimentale di Pietro Scarnera, autore di “Una stella tranquilla”, una graphic novel su Primo Levi. Una storia sulla memoria e sull’imprescindibile dovere di perpetuarla.

27 Marzo 2016 - 12:50

717GMFYqPvLdi Simona De Nicola

Ho incontrato per la prima volta Pietro Scarnera alla presentazione della campagna di crowdfunding di Bolognina Community Project, un percorso di arte pubblica a cura di Baumhaus, degli operatori del Mercato Albani e dell’Istituto Comprensivo Testoni-Fioravanti.

Pietro è tra gli artisti che accompagneranno i ragazzi alla realizzazione di una graphic novel ambientata nella Bolognina. Li aiuterà a rispondere con creatività a questa domanda:

“Cosa succederebbe se fossero i ragazzi e le ragazze a raccontare come vivono e come attraversano il loro quartiere? E come potrebbe arrivare agli adulti un punto di vista inedito sullo spazio urbano, sui bisogni e desideri di chi conosce e interpreta il territorio attraverso codici e linguaggi differenti?”

Una domanda che oggi suona come una speranza, un’auspicata minaccia, dopo il grigio che d’improvviso si è impadronito delle mura della nostra Bologna.

Una domanda impertinente, una di quelle che farebbe tremare e gridare allo scandalo il popolino tutto chiuso e infagottato nella sua desolante percezione della città.

Luoghi attraversati, non vissuti, mura prive di segni, strade prive di rumori, città prive di imprevisti, differenze, difetti. Città iperfunzionali, città smart, città-vetrine, dove tutto quello che discosta dalla norma viene represso, o peggio, ignorato.

Ma questo è un altro capitolo.

Oggi voglio parlare di quelle cose belle ed emozionanti che ancora succedono a Bologna, di quelle persone che rendono così speciale questa città.

Così eccolo Pietro: in mezzo a un piccolo gruppo di persone, mi guarda da lontano.

Non ci siamo mai visti, ma lo riconosco subito.

Quando mi avvicino e abbozzo un sorriso, Pietro mi sorride di rimando.

C’è una timidezza stramba nel suo sguardo, quasi impercettibile, nascosta, come rifiutata.

La riconosco subito, anche quella.

Io sento la sua timidezza e d’improvviso tutte le guance rosse della mia vita riaffiorano come papaveri nella mia memoria.

 

La memoria è un’inaffidabile compagna di avventure, questo è certo.

Si fa viva proprio quando avresti bisogno di reinventarti e poi ti molla lì su due piedi, se per caso avessi bisogno di ricordarti qualcosa su ieri.

 

Però la timidezza mi pare quasi una forma di resistenza, un’emozione coraggiosa di fronte alle virtù promosse da questi tempi così smart, social, veloci.

E sembriamo capirci, così iniziamo a chiacchierare.

 

“Io vengo dal mondo del giornalismo, dove ho lavorato per molti anni su temi sociali, ma da qualche tempo sentivo la necessità di muovermi nella direzione del giornalismo a fumetti, volevo provare a unire i due linguaggi. Così ho iniziato a sperimentare, e sono arrivato a Graphic News, dove facciamo giornalismo, ma con il linguaggio del fumetto e della graphic novel”.

 

Il neo acquisito linguaggio sembra essere nelle corde di Pietro: i suoi personaggi, i suoi luoghi hanno una fortissima identità, emergono dalle pagine come creature vive. Non si legge affatto quella fatica di cui mi parla – “una certa fatica a disegnare, venendo dal mondo delle parole”.

Si legge invece questa sintonia perfetta, che suona musicale, distesa.

 

Una stella tranquilla, è la graphic novel che Pietro ha scritto sulla vita di Primo Levi, a partire dal suo rientro a Torino dopo l’esperienza nei lager.

Pubblicata a novembre da Rackham, Una stella tranquilla vince il Prix Révélation al Festival di Angouleme 2016: dopo il successo all’estero, qualcuno lo nota anche dalle nostre parti e ora il suo racconto entusiasma sempre più lettori.

 

Perché un racconto su Levi, una storia sulla memoria e sull’imprescindibile dovere di perpetuarla?

Deve esserci qualche affinità più profonda tra due persone che arrivano a incrociare le loro traiettorie, a comprendere l’essenza dell’altro, quasi a “riceverla” tutta assieme.

 

Per Scarnera e Levi il filo rosso è Torino, città natale per entrambi, e questa certa “urgenza” della scrittura, che emerge da episodi di vita intensi, fortemente dolorosi.

Sono le passeggiate per Torino di Pietro – e di Primo – a trasportarci nella storia, un escamotage narrativo che ci consente di vedere come è cambiata negli anni la città, soprattutto in quartieri periferici come Lingotto e Mirafiori.

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Tra le pagine del racconto ritroviamo un ritratto insolito di Primo Levi: un uomo dedito alla chimica, alla famiglia, al mestiere di scrivere. Un Levi curioso, che spia nelle vite degli altri mestieri, si perde nel mistero delle molecole e dei marciapiedi, si diverte con la creazione di universi fantastici e gioca a mascherarsi da gufo.

 

Ci sono molti Levi in Levi: come aveva già denunciato qualcuno, siamo sempre in tanti: uno, nessuno, centomila.

Che importa.

 

“Mi interessa l’uomo e anche l’anti-uomo” disse una volta Levi intervistato alla radio.

Tutti abbiamo conosciuto il Primo Levi testimone della grande tragedia, il sopravvissuto, il salvato.

E però nel racconto di Scarnera prende vita un personaggio diverso, più leggero, che sentiamo subito familiare.

 

La forza di questa narrazione – scandita dal ritmo disteso di una delicata bicromia – sta nella capacità di dipingere un Levi interamente immaginato attraverso i suoi scritti, i suoi oggetti, i suoi luoghi.

“L’approccio che ho tenuto è più o meno quello che si ha davanti a un vecchio album di famiglia, quando tenti di immaginare come erano i tuoi genitori o i tuoi nonni da giovani, quando ancora non eri nato”.

 

Il suicidio dello scrittore, con tutti i dibattiti che l’accompagnano, è affrontato con sublime delicatezza: nessuna pretesa di stabilire la verità, ma un racconto di tutto ciò che resta attorno a Levi, l’uomo, i suoi affetti, i suoi oggetti, i suoi scherzi, la sua scrittura.

 

La sua scrittura: forse è questa la domanda di fondo di Una stella tranquilla: come raccogliere l’eredità dello scrittore? Come trasmetterla a nostra volta alle nuove generazioni? Scarnera ci prova riscoprendo la figura di Levi dal punto di vista di un ideale “nipote”, che condivide con lo scrittore lo stesso bisogno “fisico” di raccontare. Il risultato è la biografia di uno scrittore, un ritratto sentimentale di un uomo e delle ragioni della sua scrittura.

 

“Forse la definizione migliore è il titolo di un suo racconto… Una stella tranquilla. Da lontano Levi sembrava calmo ed equilibrato. Ed era anche a suo modo un punto di riferimento. Ma si sa che, dentro, le stelle ribollono… E quando si spengono lo fanno in maniera fragorosa”.

Il racconto di Levi inizia con la descrizione di un universo molto lontano e di una stella. Qualcuno si interroga sul senso di tre aggettivi attribuiti al corpo celeste: “grande”, “calda”, “enorme”. Come si fa a descrivere qualcosa che sfugge alle dimensioni umane?

Grande, piccolo, importante, senza senso.

Sono tutte percezioni costruite dall’uomo per orientarsi nel buio eterno dell’universo.

Le stelle tranquille brillano così: cercando molto, errando come i pianeti, marcati dagli eventi, tatuatori di sé stessi.

Facendosi molte domande sulla vita e sulla morte, sull’odio e sull’amore.

Senza cercare verità, lasciando aperte tutte le possibili soluzioni.

 

Consiglio a tutte le stelle tranquille dell’universo di leggere questa storia: è una visione emozionante delle ragioni che ci tengono al mondo, nonché un pezzo di memoria salvato con la forza della parola e la grazia del disegno dal gesto vanificatore dell’oblio.