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Culture / Alda, la randagia

A otto anni dalla scomparsa della Merini, a Bologna uno spettacolo dedicato alla poetessa che cantò gli “ultimi”. Il ricavato sosterrà richiedenti asilo e rifugiati, con particolare attenzione a minori non accompagnati e vittime di tortura.

30 Ottobre 2017 - 15:40

di Simona De Nicola

La prima volta che l’ho vista avrò avuto 12 o 13 anni: era alla tele, in uno di quei programmi che trasmettono a notte fonda e che io pensavo trasgressivi.
Mi dicevo – se li fanno di notte è perché non tutti possono guardarli.
Questo mi bastava a renderli affascinanti.

Ricordo che sentii un misto di ripugnanza e attrazione per quella signora col rossetto rosso rosso e gli orecchini di perla. Mi piaceva il modo in cui fumava, era strano, la sua voce roca, quel modo decadente che aveva di indossare il suo abito elegante.
Tutto era nuovo, mai visto, tutto era strano in quel modo di essere donna.
Mentre ero indecisa su che cosa pensare di quella signora così perturbante, lei sorrise e iniziò a recitare una poesia.


E poi fate l’amore.

Niente sesso, solo amore.
E con questo intendo i baci lenti sulla bocca,
sul collo, sulla pancia, sulla schiena,
i morsi sulle labbra, le mani intrecciate,
e occhi dentro occhi.
Intendo abbracci talmente stretti
da diventare una cosa sola,
corpi incastrati e anime in collisione,
carezze sui graffi, vestiti tolti insieme alle paure,
baci sulle debolezze,
sui segni di una vita
che fino a quel momento era stata un po’ sbagliata.
Intendo dita sui corpi, creare costellazioni,
inalare profumi, cuori che battono insieme,
respiri che viaggiano allo stesso ritmo,
e poi sorrisi,
sinceri dopo un po’ che non lo erano più.
Ecco, fate l’amore e non vergognatevene,
perché l’amore è arte, e voi i capolavori.

Credo fu la prima volta che pensai all’amore per davvero.
Alda aveva questi occhi, questa luce – in un lampo ti diceva del tormento più oscuro e della gioia più intensa. Occhi attorno a cui tutta la sua persona era costruita.
Occhi che mi fanno venire in mente Borges quando scrive: “Zahir, in arabo, vuol dire notorio, visibile […] la gente, in terra musulmana, lo usa per gli esseri umani e le cose che hanno la terribile virtù di essere indimenticabili, la cui immagine finisce per rendere folli gli uomini”.

Credits ufficio stampa Duse

Avrei incontrato e riconosciuto più tardi quello sguardo in altre persone – lo stesso guizzo vivo, lo stesso oscillare tra la grazia e l’inferno. La stessa noncuranza tra il bucare l’esistenza – fiondarsi sempre più giù, senza curarsi di proteggersi – e attraversarla lievi, senza paura.
Sempre mi hanno fatto pensare a lei.

Sono passati otto anni dalla sua morte, molte parole sono state spese sul genio e sulla follia di questa donna, sulle ombre scure della sua mente, sui suoi amori sofferti.
Alda era una dea dell’amore, una di quelle persone che quando non ci sono più ti fanno sentire quell’assurdo sentimento di nostalgia per qualcosa che non hai mai vissuto.

Il 26 giugno 2008 fu invitata a Lampedusa per rendere omaggio alla “Porta d’Europa”: un monumento dedicato ai migranti, che affrontando i mari difficili, la fame e la sete giungono nell’isola siciliana. Scrisse questa poesia, si intitolava “Una volta sognai”.

Una volta sognai
di essere una tartaruga gigante
con scheletro d’avorio
che trascinava bimbi e piccini e alghe
e rifiuti e fiori
e tutti si aggrappavano a me,
sulla mia scorza dura.
Ero una tartaruga che barcollava
sotto il peso dell’amore
molto lenta a capire
e svelta a benedire.
Così, figli miei,
una volta vi hanno buttato nell’acqua
e voi vi siete aggrappati al mio guscio
e io vi ho portati in salvo
perché questa testuggine marina
è la terra
che vi salva
dalla morte dell’acqua.

Ispirandosi a queste parole, Roberto Vecchioni, Giovanni Nuti e Monica Guerritore le renderanno omaggio il prossimo 2 novembre, al Teatro Duse di Bologna.

Credits ufficio stampa Duse

Niente rime baciate, niente reading, niente letture ingessate davanti al leggio e nemmeno uno spettacolo in forma di amarcord.
L’avremmo fatta infuriare, lei avrebbe acceso la sua sigaretta e forse avrebbe dato fuoco al teatro.
Era la poetessa degli ultimi, vicina agli emarginati, emarginata lei stessa, le sue parole sono un richiamo alla vicinanza tra gli esseri umani.

Credits ufficio stampa Duse

L’intero incasso della serata sarà devoluto a sostegno delle attività in favore dei richiedenti asilo e rifugiati presenti sul nostro territorio, con particolare attenzione ai minori stranieri non accompagnati e alle vittime di tortura.

uno scarabocchio di Simona de Nicola