Riprende l’inchiesta di Zic.it sulla sanità pubblica ai tempi del Covid-19. Un’intervista su privatizzazioni e salute dei cittadini, sulle diseguaglianze che condizionano la vita delle persone durante la pandemia, sulle contraddizioni tra quella che era l’idea delle Case della salute e quello che realmente sono. Per partecipare: redazione@zic.it
L’inchiesta sociale di Zic.it sulla sanità pubblica nella pandemia da Covid-19 prosegue con l’intervista a uno psicologo che tra i vati temi si sofferma, in particolare, sul ruolo delle Case della salute. Per partecipare all’inchiesta: inviare testimonianze e contributi all’indirizzo redazione@zic.it
* * * * * * * * * *
Luca è un giovane psicologo che da tempo segue il percorso e le iniziative dell’Assemblea per la salute del territorio. Sabato scorso, in un suo intervento durante l’iniziativa pubblica che si è tenuta in piazza Nettuno, ha posto la questione dello spazio pubblico in epoca di pandemia, sottolineando il fatto che le limitazioni e i lockdown da Covid non sono vissuti dalle persone tutti allo stesso modo. Vivere in tre in famiglia in un alloggio da 50 metri quadri è diverso dall’avere un appartamento da 80/90 metri quadrati. Di queste e di altre cose occorrerebbe tenere conto per capire i diversi gradi di sofferenza anche psichica delle persone.
Al margine dell’assemblea pubblica abbiamo fatto a Luca una breve intervista.
A un anno dall’identificazione del paziente uno qual è per te la situazione che stiamo vivendo?
“Abbiamo visto che tutta la capacità di approccio preventivo e tracciamento delle emergenze sanitarie, di attenzione alle condizioni sociali e sanitarie, è venuto meno. E’ stato destrutturato”.
Guardando ai territori, qual è il tuo giudizio?
“Se in Lombardia questo processo ha assunto l’aspetto della privatizzazione selvaggia delle prestazioni e degli accordi economici fra pubblico e privato, in cui il privato detta legge, in una regione come l’Emilia-Romagna e in una città come Bologna vediamo una forte divaricazione sulle Case della salute. Parlo di una palese difformità tra quelle che sono le affermazioni contenute nelle leggi regionali sulle Case della salute e quelle che sono le forme pratiche della loro realizzazione. Le Case della salute non dovrebbero essere dei semplici poliambulatori, ma degli spazi di partecipazione alla governance sanitaria. Nella pratica questo non avviene, anche per una destrutturazione delle capacità organizzative di programmazione e di pianificazione dei servizi, che scelgono di non rapportarsi alle comunità come protagoniste”.
Invece cosa si dovrebbe fare?
“Correttamente inteso, il protagonismo delle comunità sulle questioni di salute dovrebbe essere qualcosa che permette di intervenire ai cittadini su quelle che sono le condizioni di vita e di lavoro, sulle condizioni abititative, sulle politiche economiche e urbanistiche, e sulle politiche che determinano l’accesso al reddito”.
Hai elencato una serie questioni che sono determinanti per la vita delle persone…
“Infatti si tratta dei problemi che, molto spesso, generano le condizioni di malessere, di disagio e di malattia. Se non si realizzano correttamente gli spazi partecipati nella governance sanitaria è perché c’è un conflitto di poteri e di interessi. Le attuali scelte politiche ed economiche, di fronte di una comunità veramente partecipe e protagonista delle politiche di salute, finirebbero in diverse contraddizioni”.
Facci un esempio.
“Prendiamo, su scala globale, la questione dei vaccini… Se le popolazioni fossero davvero protagoniste, non sceglierebbero assolutamente che i vaccini fossero subordinati al profitto determinato dalle leggi sui brevetti. Le popolazioni vogliono salute per tutti e che sia condivisa. Questa è una rappresentazione globale del problema su cui oggi ci troviamo a intervenire, ma che ha anche forme di manifestazione più locale sul nostro territorio”.