Culture

Corazón del tiempo

La recensione del film di Alberto Cortes, proiettato in anteprima giovedì 3 dicembre al centro sociale Tpo.

06 Dicembre 2009 - 15:54

Un piccolo gioiello (che vi consigliamo di recuperare in qualche modo, anche se probabilmente sarà un’impresa ardua) è stato proiettato ieri sera in anteprima al TPO: Corazón del Tiempo di Alberto Cortes, realizzato e interpretato dalle comunità Zapatiste del Chiapas della zona della Giunta del Buongoverno, Hacia la Esperanza e Caracol de la Realidad. Non si tratta di un film strettamente politico, non vuole essere nemmeno un documentario o un inno alle battaglie dell’EZLN del subcomandante Marcos. Vuole piuttosto essere solo un fotogramma della “banale” realtà di chi si trova a vivere ogni giorno dentro la rivolta zapatista, fatta di piccole e grandi battaglie e di cose di tutti i giorni, come l’innamoramento fra due ragazzi. Ma cosa succede se a innamorarsi sono due giovani (Sonia e Julio) che vivono in una comunità Zapatista? E se la ragazza fosse già impegnata con un altro ragazzo (Miguel), con tanto di vacca data in dote? E se il terzo incomodo appartenesse all’ EZLN, e pertanto clandestino nelle montagne, e Miguel dovesse guidare una spedizione semiclandestina per recuperare una turbina, terminando così una piccola centrale elettrica per rendere autosufficiente la sua comunità? Sonia seguirà Julio sulle montagne dandosi anche lei alla clandestinità, o si piegherà alle pressioni delle comunità del villaggio per onorare l’impegno preso? Cortes attraverso questa piccola storia, mostra senza troppi abbellimenti o retoriche come le piccole libertà e battaglie che le comunità Zapatiste affrontano giorno per giorno, siano affrontate tenacemente e con la convinzione che un mondo migliore sia là dietro l’angolo, pronto ad aspettarci. Il film ha sicuramente qualche pecca come un’eccessiva lentezza delle volte (ma ripagate da degli sguardi rapiti della macchina da presa verso le bellezze ancora incontaminate del Chiapas), e una recitazione che delle volte è fastidiosamente “finta” (ma anche qui veniamo ripagati dagli sguardi altrettanto rapiti e muti fra Miguel e Sonia, e dai dialoghi pieni di sorrisi e ammiccamenti fra la nonna e la sorella minore di Sonia). A proiezione conclusa resta comunque la sensazione di aver assistito a una piccola ma importante storia, che ci aiuta a comprendere meglio un movimento in passato forse fin troppo pubblicizzato, e di cui recentemente non si è quasi più sentito parlare.