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Comune: chiesto sgombero per ex Magazzini del popolo e per La Rage

Richieste avanzate sia dalle proprietà che dall’amministrazione. Intanto, gli occupanti di via Zago: “Porte aperte agli abitanti di S.Donato e Bolognina, nella speranza di creare situazioni di dialogo, solidarietà e confronto”.

15 Maggio 2015 - 17:48

17210941955_43bea2c8b8_zLe rispettive proprieta’ e il Comune hanno chiesto di sgomberare sia l’occupazione degli ex Magazzini del popolo di via Stalingrado che La Rage, nell’ex centro Cesare Ragazzi di via Zago. E’ l’informazione emersa oggi in Consiglio comunale: l’ha resa nota il neo assessore alla Sicurezza, Riccardo Malagoli, rispondendo ad un’interrogazione della Lega nord.

Proprio oggi, gli occupanti di La Rage diffondono un secondo comunicato sull’esperienza nata in via Zago: “Caustica si riversa sull’oppressione cittadina la violenza quotidiana necessaria al funzionamento della macchina finanziaria. I suoi rulli compressori e il suo bitume operano tutti gli strumenti possibili per cristallizzare l’attuale status quo sociale, comprimendo entro frigide categorie identitarie ogni elemento creativo, eversivo, nomade verso  cui l’uomo, nell’attuale condizione moderna, tende implacabilmente. Sabato 9 maggio, una cellula inattesa ha cominciato a dimenarsi fra i sobborghi del complesso urbano bolognese. Sabato 9 maggio La Rage occupata ha dato il via ad un percorso di lotta, creatività, socialità e cultura nello stabile abbandonato di via Emilio Zago. Una controffensiva alla gentrificazione imperante pone così le basi per un meccanismo di resistenza, un moto di aggregazione con un fine di contestazione che, poggiando su una pluralità di pratiche, percorsi e visioni diverse al suo interno,  ricerca l’elaborazione di un pensiero attivo e riflessivo tra i quartieri più colpiti dalle manovre di potere della brutale logica economica urbana, il quartiere San Donato e il quartiere Bolognina. Ed è naturalmente anche ai loro abitanti che lo spazio occupato apre le porte, nella speranza di creare situazioni di dialogo, solidarietà e confronto che sappiano dar voce all’isolamento cittadino cui il dogma del sorvegliare-punire induce. A caratterizzare la composizione di questo insieme di soggettività in lotta è l’eterogeneità, la compresenza di strade, esperienze e traiettorie di provenienza diversa, una composita identità mossa dall’evidente necessità di ritrovare fantasia e stimolo, riappropriandosi di ciò che invece, seppellito dall’impietosa dittatura della speculazione capitalista, muore. In un tempo di stagne e definite divisioni identitarie, la nostra premessa imprescindibile è stata trasformare ciò che poteva rappresentare un limite in una sonda volta ad approfondire i limiti del possibile. Ad agitare questa molteplicità è l’incontrovertibile desiderio, la liberazione di uno spazio caduto nell’abbandono, come forma di riluttanza ad una visione del mondo che non ci appartiene, ed è per questo che La Rage rifiuta ogni tentativo di assimilazione o identificazione a una o un’altra determinata realtà esistente: La Rage sorge sull’intreccio di vie di lotta asimmetriche. Ad essere avvolta in un turbinio vitale di fermento politico e artistico è la stessa rabbia che la condizione di vita post-industriale prevede a livello strutturale. La rabbia cui noi siamo sottoposti in ogni anfratto del vivere attuale, la stessa che vi porgiamo indietro, la stessa che rifiutiamo, contrattaccando un’immobilismo culturale elitario che confeziona futuro ed esistenze in involucri di passività e di rassegnazione. Caustica si riversa sull’oppressione cittadina la violenza quotidiana necessaria al funzionamento della macchina finanziaria, ma la Rage ha cominciato a sollevare sull’asfalto un fermo grido di risposta, La rage non si arresta, La Rage avanza a furor di creazione tra il deserto di cemento”.