Chi siamo

Zic.it è un giornale autogestito, online e multimediale, che grazie all’impegno volontario di una redazione orizzontale e aperta al contributo delle/i lettrici/ori lavora per offrire un’informazione indipendente (e partigiana) attraverso la produzione di notizie e approfondimenti. Una voce libera e antagonista, un piccolo ingranaggio dell’autorganizzazione e dell’autogestione, una freccia all’arco – tra le tante e diverse – di quel conflitto sociale e culturale di cui c’è (ancora, sempre) estremo bisogno: con buona pace di chi immagina una Bologna pacificata, con l’assoluta convinzione che non ci possa arrendere alle ondate nere che attraversano il contesto politico nazionale e internazionale.

A partire dal 2007, per 16 anni Zic.it è stato un giornale quotidiano. A ottobre 2023, con circa 16.000 articoli pubblicati alle spalle, ha deciso di cambiare veste: preservando uno sguardo prioritariamente locale, ha messo in secondo piano la cronaca per concentrare la propria attività su spunti, contenuti, notizie particolari e punti di vista che possano stimolare le opportunità di comprensione, analisi e approfondimento della realtà che ci circonda, tenendo le porte aperte alla possibilità di proporre contributi anche dall’esterno della redazione. Un layout flessibile, certo, ma con un obiettivo di fondo: un respiro più lungo, se così vogliamo dire, che riteniamo possa aderire meglio a tempi profondamente cambiati rispetto a quelli, ormai lontani, in cui questa esperienza è nata.

Zic|notes è come chiamiamo questa nuova vita di Zeroincondotta.


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Zero in condotta
Autorizzazione del Tribunale di Bologna n.6497 del 7/10/1995 – Aut. estesa al sito www.zic.it
Editore VAG61-APS – Direttore responsabile Valerio Monteventi


Zic|notes: nuove pagine da scrivere
(5/11/23)

Zic.it si rimette in cammino su basi diverse rispetto al passato, preservando la propria natura autogestita e partigiana
ma ricalibrando le prospettive e gli strumenti: alla ricerca di un respiro più lungo che dia spazio a contenuti e punti di vista
che stimolino le opportunità di comprensione, analisi e approfondimento della realtà che ci circonda.

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Zic non prende ordini
(10-5-22)

Chi pensa di poter prevaricare l’autonomia della nostra redazione, sbaglia di grosso. Questo è un quotidiano libero,
che non segue altre bussole se non quella dell’autorganizzazione. Di fronte ad accuse pretestuose e ad attacchi arroganti,
andiamo avanti per la nostra strada e rivendichiamo l’indipendenza del nostro giornale: per fortuna non siamo nella Russia di Putin.

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Dov’eravamo rimasti?
(3/1/22)

Un avviso ai naviganti. Un ‘check-up’. Un aggiornamento sul cammino di Zic.it per tenere aperto il dialogo con le/i lettrici/ori
e raccontare le trasformazioni del nostro quotidiano online autogestito. E anche un’occasione per ricordare che Zic
è un giornale completamente autoprodotto e autofinanziato: dare un contributo significa sostenere la sua sopravvivenza.

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Fase Zero. Tutto cambia, Zic cambia.
(31/7/20)

Ci siamo trovati di fronte a un bivio. Abbiamo scelto. Continuare a esistere e allo stesso tempo tutelare la progettualità di un quotidiano
online autogestito che, nonostante le difficoltà, pensiamo possa ancora essere utile alla diffusione del conflitto sociale e culturale in città.

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3.0incondotta, on line il nuovo Zic.it
(9/10/19)

Il libro a cura della redazione
(19/2/18)

“ZERO IN CONDOTTA. Dieci anni di movimenti a Bologna e di Zic.it
e appunti sull’informazione autogestita oggi”

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Ne succedono di cose, in cinque anni
(21/9/12)

Nel 2007, dopo una fase sperimentale, cominciava l’attività del nostro quotidiano online autogestito.
Oggi continuiamo a farci sempre la stessa domanda, orgogliosi di avere ogni volta la risposta.


Alle origini del progetto Zic.it

Io vengo dal mondo di sotto / il grande criminale viene dal grande salotto / nelle strade scava la trincea / cambia idea la morte / da chi la prende torna a chi la crea / notte / perché la tentazione all’illegale resta sempre così forte? / Tolleranza ZERO / abbiamo questo in comune / ZERO tolleranza per davvero / ultima frontiera ora / spirali di piramidi sociali mi stringono alla gola / tolleranza ZERO / abbiamo questo in comune / ZERO tolleranza per davvero / ultima frontiera / ora

La nostra avventura editoriale non ignora lo scenario dell’informazione ufficiale e i meccanismi che riducono la pluralità delle voci, che mortificano la libertà di informare e comunicare, che contribuiscono a determinare la subordinazione sociale di larghi strati della popolazione, che spengono dissenso e dialettica, che producono conformismo e una sorta di “linea piatta” dei cervelli.

E’ per queste ragioni che intendiamo lavorare in controtendenza, privilegiando la lettura critica della realtà. Intendiamo scoprire, verificare, sollecitare, mettendo in evidenza ciò che non appare, rifuggendo da mode e conformismi, considerando le contraddizioni come elemento fecondo, da conoscere e non da esorcizzare, interrogando ogni spunto di trasformazione che si ispiri ai criteri dei diritti personali e collettivi, valorizzando la creatività inespressa, cercando di entrare in contatto con i saperi e le intelligenze collettive esistenti nel territorio.

Negli ultimi anni le società che abitiamo, le città che attraversiamo, si sono profondamente trasformate. Nuovi abitanti, nuovi linguaggi, nuove tecnologie, nuovi territori, nuova (vecchia) repressione: la vita quotidiana di tutti noi è costantemente intrecciata con l’impetuosa trasformazione del nostro mondo. Le percezioni di questo presente sono spesso contraddittorie. Abbiamo, infatti, una quotidianità di tempi e di luoghi che sembra indicare passività, arretramento, subordinazione ma allo stesso tempo non mancano i segnali di una ribellione che ancora percorre un mondo tutt’altro che “ordinato”.

COMUNICAZIONE E MOVIMENTO
tenLa produzione e la diffusione di news su tutto ciò che si muove verso “altro” a Bologna e nel mondo può essere un modo produttivo per tematizzare il rapporto tra comunicazione e movimento. A questa decisiva prospettiva è possibile però aggiungerne un’altra, capovolgendo il binomio comunicazione del/per il movimento e provando a considerare il movimento generale del lavoro in rapporto alla comunicazione. Il terreno della comunicazione è sempre di più riconosciuto come decisivo nello sviluppo della produzione dei paesi più industrializzati dell’occidente capitalistico, ma anche nei cosiddetti “paesi emergenti” (ormai abbastanza emersi…) come India e Cina. Nella nostra economia, la produzione di informazioni e di simboli accomuna una serie sterminata di mestieri e professioni in costante sviluppo: da ormai alcuni anni, è il settore di nuova occupazione in maggiore espansione. Inoltre, la produzione di informazioni e di simboli ha una centralità politica negli assetti del governo della società evidente agli occhi di tutti. Si tratta dunque di un settore di notevole importanza tanto dal punto di vista economico quanto dal punto di vista politico oltre che, ovviamente, da quello culturale. A Bologna, poi, questo è ancora più vero: il mercato della cultura, dell’informazione e della formazione ha un’importanza che difficilmente si potrebbe sopravvalutare. E dal punto di vista del lavoro, anche questo settore, come molti altri, è attraversato da impetuose dinamiche di precarizzazione.

Ptalpagiorecarizzazione che, col dispiegarsi di una crisi che il gioco finanziario globale ha scaricato sulla vita reale di donne e uomini di tutto il mondo, finisce per diventare esclusione dal mondo di lavoro, per mettere in discussione le stesse condizioni di sussistenza. Per i lavoratori migranti vuole anche dire rischiare l’espulsione, il rimpatrio, l’allontanamento dai propri affetti, dalla propria vita. Sempre più mestieri “comunicativi”, sempre più precari: è probabile che molti di noi saranno costretti ad attraversarne (se non stanno già attraversando) molti nel corso della propria vita lavorativa: dal freelance al tecnico del suono, dal cuoco all’insegnante, dal telefonista al bibliotecario. Insieme ai mestieri tradizionalmente “operai”, compongono la stragrande maggioranza del brulicante mondo di corpi, azioni, tecniche e merci con cui si sopravvive e si fa vivere un’ area metropolitana. Come è noto, si tratta di impieghi la cui condizione tende sempre più a livellarsi verso il basso, accomunati a moltissimi altri dalla totale subordinazione e ricattabilità, dal continuo degrado delle condizioni di lavoro e di vita. L’esperienza di ognun* di noi potrà confermare questa realtà. Allo stesso tempo, in modi differenti e spesso isolati, esistono tentativi di risposta e di autorganizzazione in molteplici situazioni, che tuttavia restano spesso scollegati e silenziosi, incapaci di radicarsi e sedimentare continuità. Incapaci, prima di tutto, di comunicare e di comunicarsi.

Si tratta, dunque, di affrontare il rapporto tra movimento e comunicazione dal punto di vista del lavoro e della precarietà. Non certo per chiudere il nostro sguardo su una condizione lavorativa escludendo le altre, al contrario: avendo ben chiaro l’obiettivo di giocare la nostra parzialità, i nostri strumenti, le nostre competenze, le nostre limitate possibilità di azione a vantaggio di tutti i precari. Esplorare le implicazioni politiche di questo rapporto, le possibilità di connessione di percorsi differenti e di lotta, le potenzialità di conflitto e di sovversione che può comportare: ecco un’altra tematizzazione del rapporto tra comunicazione e movimento, potenzialmente produttiva.

LA MEMORIA, IL PRESENTE, IL FUTURO DELLE LOTTE
681_a1204Prima di tutto la comunicazione delle lotte. Si tratta di un ambito di azione molto più vasto e complesso di quanto potrebbe apparire: coinvolge, infatti, molteplici dimensioni spaziali e soprattutto temporali. Innanzi tutto è in gioco la nostra storia di battaglie e di invenzioni: in questi nostri anni, è furibondo lo scontro politico sulla memoria delle secolari lotte del lavoro contro il capitale, e passa proprio dalla comunicazione del passato. Al nostro presente in cerca di riscatto dobbiamo ricordare e raccontare che si tratta di una lotta lunga e ancora in corso, che le battaglie dell’oggi sono anche quelle per difendere la nostra storia dalla violenza dell’oblio.

Inoltre, come abbiamo visto, è decisivo dare voce ad un’attualità “altra”, seguire e diffondere gli eventi e le situazioni politiche di lotta che si determinano tanto a livello globale e nazionale quanto a livello locale e cittadino. Accanto a questo occorre promuovere occasioni di conoscenza e riflessione su temi e realtà centrali ma oscurate dal discorso mediatico ufficiale: le migrazioni e i migranti, la guerra, la precarietà, la repressione, le esperienze di trasformazione dell’esistente praticate in altri paesi e in altri continenti. Infine, è fondamentale utilizzare le molteplici risorse comunicative a disposizione per promuovere attivamente, connettere e rilanciare – con le nostre forze, partendo dalla nostra parzialità e dalla nostra condizione – situazioni e percorsi di conflitto in città, sperimentando, quando ciò è possibile, forme e strumenti nuovi. Si tratta di provare a funzionare davvero come “mediacenter” per il conflitto sociale.

LA COMUNICAZIONE CONTRO IL DEGRADO
homeLa precarietà è una condizione sempre più diffusa e ormai difficilmente relegabile a fenomeno generazionale. Spesso, attraverso questo nome si indicano una serie di fenomeni e condizioni diversi ma accomunati da un unico orizzonte esperienziale: il degrado delle condizioni di lavoro e di vita, lo stato di passività e subordinazione, la permanente ricattabilità, l’insicurezza che grava sul presente e sul futuro delle proprie vite. Su questa drammatica esperienza collettiva il silenzio spesso prevale, coperto dalle urla stridule della televisione e dalle grottesche campagne contro il “degrado”, divenuto principale valvola di sfogo della profonda insicurezza e della crisi sociale e con cui si è aperto questo secolo, oltre che continuo veicolo di repressione. Per uscire da questa situazione di generale sfruttamento e violenta oppressione molti esperimenti sono stati tentati e molti sono attualmente in corso, anche a Bologna, nella convinzione che una ripresa sia possibile, necessaria, urgente. Il nostro compito deve essere innanzitutto di dare voce e possibilità a questi esperimenti, quando sono diretti verso il comune obiettivo della ripresa di parola, della costruzione di un’efficace difesa collettiva contro la violenza del capitale, del rilancio del conflitto sociale. Sostenere le lotte, connetterle, diffonderle come virus potenti nel corpo sociale: questa è l’unica possibile comunicazione contro il degrado. Allo stesso tempo non vogliamo rinunciare ad agire la nostra parzialità soggettiva e il nostro posto nella produzione. Manipolatrici della “comunicazione”, tecnici del “sapere”, capacità mobili per necessità e intelligenze in fuga per desiderio: organizzare la nostra forza e connetterla alla rivolta del lavoro contro la precarietà, è un orizzonte che possiamo provare a immaginare, un cammino che possiamo provare a percorrere.

talpaPer questo occorre guardare avanti schivando pericolose ambiguità e contraddizioni improduttive. Da quale punto di vista alcune contraddizioni si possono definire “improduttive”? La risposta è semplice: dal punto di vista del «movimento reale per l’abolizione dello stato di cose presente», come si diceva una volta. Non sono le contraddizioni tra i vissuti, tra le sensibilità, tra i desideri e le passioni, tra le esperienze quelle che consideriamo improduttive; lo sono quelle tra istituzioni e movimento, tra movimento e “sinistra radicale di governo” etc. In altri termini, sono improduttive tutte quelle contraddizioni che risultano un freno o addirittura un ostacolo alla presa di parola radicale e all’azione dal basso per la trasformazione del presente. Per far questo ci rivolgiamo a chi voglia promuovere iniziativa politica facendo comunicazione e fare comunicazione promuovendo iniziativa politica: c’è cospirare, attraversare reti, produrre e moltiplicare le lotte; e istante per istante comunicarle. Ci rivolgiamo a chi pensa che un’informazione partigiana, in senso gramsciano, sia non solo giusta ma necessaria; perché spesso chi dice non volere linee politica una linea ce l’ha già. Ci rivolgiamo a chi ritiene che l’eterogeneità è un valore se non soffoca la progettualità, e sa che possiamo autodotarci degli strumenti che trasformano le differenze in ricchezza, coesione e coerenza. Ci rivolgiamo a chi sa bene che il movimento si autogestisce e si rappresenta, senza bisogno di deleghe; a chi non attende buone nuove da partiti, sindacati verticali e istituzioni “un po’ meno cattive”, e vede nell’autorganizzazione e nell’azione dal basso l’unica via percorribile. Con coscienza, gioia e un’irrinunciabile tendenza all’insubordinazione.


tirocinio
Zic è convenzionato per lo svolgimento dei tirocini formativi con le facoltà di Lettere e Filosofia e Scienze politiche dell’Università di Bologna (gli iscritti ad altre facoltà possono attivare la convenzione). Svolgere il tirocinio con Zic dà la possibilità di redigere articoli, recensire eventi culturali, realizzare prodotti giornalistici multimediali e inchieste.