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Bartleby: “Sul nostro futuro? Tutto tace”

Il collettivo di via San Petronio Vecchio lancia un altro ciclo delle “lezioni contro lo sgombero”, con un calendario di appuntamenti da gennaio a marzo: “Ci ostiniamo a rimanere qui”.

19 Dicembre 2012 - 17:51

Niente.

Ma proprio niente da fare.

Tutto tace.

Buio totale, notte che avanza, balle di fieno che rotolano nel deserto, vento e coyote in lontananza, ogni tanto un pistolero spaesato fuori tempo massimo.

Dopo che il sindaco Merola ci ha accusato di un fantomatico “uso privatistico” del nostro spazio, abbiamo scelto di mostrare ancora una volta come anche dentro all’accademia non sono solo gli studenti a credere nel nostro progetto.

Abbiamo deciso di dimostrare che Bartleby è l’esempio di come potrebbe essere costruita, dal basso e a partire da chi la fa vivere tutti i giorni, un’università differente da quella che conosciamo.

Abbiamo chiesto a docenti e rircatrici di costruire con noi un altro piccolo pezzo di Bartleby e dell’università che vogliamo e di farlo anche in difesa del nostro spazio e della nostra esperienza. In molti hanno risposto con entusiasmo all’appello.

Dall’ufficio del rettore, un immancabile quanto imbarazzante silenzio.

Nel frattempo i giornali si riempiono di notizie che ci parlano della Bologna del futuro: un futuro grattacielo, nuovi spazi all’imprenditoria, l’inaugurazione dell’anno accademico con la presenza di invitati rigorosamente scelti dal rettore, il tutto mentre Dionigi piange i fondi universitari che lui stesso ha fatto in modo fossero tagliati.

La città sta cambiando, dopo una lotta spregiudicata da parte delle istituzioni al mondo della cultura, le istituzioni hanno capito che la ricchezza creata dagli studenti, dall’università, dalle tante realtà culturali cittadine, deve essere messa a valore. O, per meglio dire, sfruttata.

Addirittura si può utilizzare questo patrimonio per mostrare quanto sono aperte e disponibili le istituzioni: per questo Dionigi si può fregiare di invitare cinque esponenti dell’università all’inaugurazione dell’anno accademico, così come Matteo Lepore&Co. possono parlare di distretti culturali promettendo piani quinquennali di rilancio della città.

Peccato che poi le scelte sul “come” e sul “chi” rimangano legate a coloro che siedono nelle poltrone più importanti. Peccato che le scelte di cosa è cultura e cosa no siano legate a dei criteri di pacificazione. Rompi le scatole? Allora sei fuori. Non ti piacciono gli schemi in cui sei inserito? Allora fuori. Hai un’idea politica del fare cultura? Allora fuori. Vuoi provare a determinare da te come vivere, come prendere parola su te stesso, come stare nel mondo del lavoro, come stare nella città? Allora fuori, è evidente che sei schizzinoso, che non meriti di stare nella città.

Durante la festa delle matricole il Sindaco Merola disse che alle istituzioni l’antagonismo fa bene, ma entro certe binari: insomma, anche le lotte devono seguire le regole, seguire il decoro.

La pace sociale sta diventando il nuovo criterio di merito cittadino e universitario: mostra la pace che Noi vogliamo, costruisci la pace che Noi vogliamo, e anche a te verrà concesso il lusso del sacrificio.

In questa città e in questa università in cambiamento costruire delle lezioni contro lo sgombero è un tentativo di rompere questi schemi.

Ci piacerebbe sapere cosa pensa il rettore del nostro esperimento, se anche quest’esperienza come tutte le altre attività merita uno sgombero coatto, magari durante le feste natalizie.

Ci piacerebbe sapere se questo esperimento di rinnovo non abbia secondo lui il diritto di vivere in città, dentro i luoghi dell’università.

Chi si è perso le prime lezioni può andare a vederle qui: http://bartleby.info/?p=2867; lo stanno già facendo in molti. Magari il sindaco e il rettore potrebbero trovare il tempo, tra un cda e l’altro. Chi definisce bamboccioni, svogliati, choosy le generazioni di oggi, farebbe bene a guardarsi questi video, così come chi ci dice di correre, di laurearci a tutti i costi in tempo, senza curare troppo la nostra preparazione.

Correre, produrre, morire: questa è l’università che stiamo cercando di smontare.

E di ricostruire: una partecipazione attiva da parte degli studenti sempre maggiore, lezione dopo lezione. In un mese siamo riusciti a creare, insieme ai docenti che abbiamo coinvolto, le condizioni in cui cui lo scambio di saperi fosse reale, libero dalle gerarchie, di alta qualità, senza obbedire ai criteri meritocratici che la Gelmini ha imposto.

Ma evidentemente questi esperimenti non rientrano nei criteri di cultura pacificata tanto cari al Magnifico, forse perché, dopo un mese di lezioni, lo possiamo tranquillamente dire: si può fare! Un’università differente è possibile, un’alternativa esiste, basta avere la pazienza di costruirla. La pazienza o la voglia: non è vero caro Rettore?

Il silenzio nuovamente calato su di noi ci dà la misura di quanto ciò che stiamo creando possa fare paura: un’università in cui la cultura non viene neutralizzata non può essere tollerata dalla classe baronale.

Via! continuano a urlare nei loro corridoi.

Lontano da qui!

Sacrilegio!

Lunga vita al re!

Evidentemente continuiamo a commettere il reato di Lesa Maestà, ma ci ostiniamo a rimanere qui: dentro l’università che facciamo vivere, nella città in cui viviamo, orgogliosamente in lotta per creare al loro interno spazi di autonomia e di libertà. E oggi più che mai siamo convinti di averne tutta la legittimità.

Bartleby

> Il caledario delle prossime lezioni:

We don’t need no education – Lezioni contro lo sgombero

Martedì 15 gennaio

Giovanna Cosenza (Docente Unibo, redattrice de Il Fatto) h.19

L’uso dei media secondo Beppe Grillo

Mecoledì 23 gennaio

Silvia Albertazzi (Docente Unibo), h.19

Fotografia e letteratura

Mercoledì 30 gennaio

Federico Martelloni (ricercatore Unibo), h. 19

Il lato oscuro dei contratti a progetto

Mercoledì 6 febbraio

Stefano Colangelo (ricercatore Unibo), h. 19

Prospettive letterarie gramsciane: la precarietà

Martedì 19 marzo

Raffaele Laudani (Unibo)

Robin D.G. Kelley

Occupy e la critica afroamericana al neoliberismo