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AAA vendesi Dams e Giurisprudenza [+comunicato]

Con la benedizione di Merola, Dionigi dà il via alla svendita di nove immobili, c’è anche tutta Economia, e si dice “offeso” dalle posizioni dei collettivi. Hobo: “Dimissioni!”.

10 Settembre 2014 - 12:46

Dams, via Barberia, Palazzo MarescottiNove edifici di proprietà dell’Alma Mater, tra cui palazzo Malvezzi Campeggi in via Zamboni 22 (sede della Scuola di Giurisprudenza), palazzo Brazzetti Marescotti (ovvero il Dams di via Barberia), nonché i tre immobili in cui si divide la Scuola di Economia e Statistica, le aule di informatica di Mura Anteo Zamboni, uno stabile in via Ugo Foscolo, due ville a Ozzano e Reggio Emilia.

E’ tutto quello di cui il Senato accademico ha deciso di disfarsi, per finanziare la faraonica operazione in progetto all’ex Staveco. Complessivamente 40.000 metri quadri, circa la stessa metratura a disposizione nell’ex area militare, dove però 16.000mq saranno destinati a spazi per i docenti, servizi come una nuova mensa e una palestra (10.000mq), e solo i restanti 15.000 metri quadri alla didattica. Altri 51.000mq sono aree verdi.

I vertici dell’Università contano di ricavare un gruzzolo tale dacoprire almeno il 70-80% dei costi da sostenere in viale Panzacchi, ma il mercato immobiliare è depresso da anni di crisi e i recenti tentativi andati a vuoto di mettere all’asta varie proprietà demaniali non fanno ben sperare: il rischio che il tutto si concluda in una svendita in piena regola, in sostanza, c’è tutto.

Più di un collettivo universitario si oppone ad alienazioni e nuovo campus. Ieri il blitz di Hobo al rettorato: “L’ateneo gestisce i soldi delle tasse in maniera mafiosa – spiegavano gli attivisti del collettivo – il rettore decide da solo cosa farne, senza consultare gli studenti. Quei soldi potrebbero essere usati per abbassare i prezzi della mensa e per aumentare il numero delle borse di studio, anziché per un progetto di speculazione immobiliare che porterà denaro solo nelle tasche dei soliti noti come Legacoop” e causerà anche “l’aumento degli affitti nella zona della Staveco”.

“Questa è  solo la prima di una serie di proteste”, promettono gli studenti, ricordando l’appuntamento per domenica, lunedì e martedì al  campeggio in via Filippo Re, “nel luogo in cui c’era lo spazio Hobo abbattuto ad agosto, in cui ci saranno dibattiti ma anche nuove mobilitazioni e proteste”.

Difende ovviamente la sua decisione il rettore Ivano Dionigi (“Da Hobo giudizi offensivi”) e arriva subito in suo soccorso il sindaco Virginio Merola, che aveva regalato l’area all’Università, mandando dalla trasferta romana (per un convegno dal titolo “Italia ti voglio bene”) una nota in cui dà la sua benedizione alla decisione di oggi del Senato accademico parlando di “un passo importante”.

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> Il comunicato di Hobo:

Staveco-Unibo: impresa fallita, dimissioni!

Dopo aver stilato insieme alla sua cosca la lista degli stabili dell’Università di Bologna da dismettere (pagati con i nostri soldi, svenduti per le loro tasche), un Re-ttore schiumante di rabbia e finta indignazione ha provato in modo maldestro a difendersi dall’iniziativa contro il senato accademico, il cui slogan riassume con precisione i risultati dell’amministrazione dionigiana: “Azienda Unibo – sgomberi, demolizioni, speculazione”. Sugli sgomberi c’è poco da dire, visto che ormai è difficile distinguere l’Università di Bologna da una scuola di polizia. Sulla demolizioni idem: il primo target sono proprio l’università e il sapere, la cui riduzione in macerie è stata completata dalla riforma Gelmini in avanti (di cui il “magnifico offeso” è stato uno dei principali sponsor), insieme alla demolizione dei diritti di precari e lavoratori (leggi contratti di insegnamento a zero euro e svendita dei lavoratori a Coopservice). Dionigi invano cerca di correre ai ripari rispetto all’accusa di speculazione, dopo aver siglato un accordo che prevede un giro di centinaia di milioni di euro per le imprese del mattone e la rendita immobiliare. Non pago, il Re-ttore sostiene di averlo fatto – udite udite – per i lavoratori dell’università (le cui condizioni gli stanno molto a cuore, come dimostrano i 2,80 euro che generosamente elargisce ai lavoratori del Paleotti) e per gli 8.000 studenti che saranno coinvolti, che diventano una figura astratta e silenziosa, di cui Dionigi si erge a rappresentante. Il progetto Staveco, oltre a essere concretamente un progetto di speculazione urbana e immobiliare, rappresenta il tentativo di imporre un modello di campus in cui gli studenti siano dei semplici utenti, i lavoratori dei precari, l’università compiutamente un’azienda che cancella gli spazi di autonomia e mercifica quei luoghi della socialità che sono una parte centrale dell’esperienza formativa. E’ allora contro questo progetto nel suo complesso – di cui la Staveco è un paradigma ma che riguarda l’intero modello universitario, comprese via Zamboni o Filippo Re – che la battaglia è appena cominciata. “Non voglio legare il mio nome a un fallimento”, sosteneva ieri il pavido Dionigi. Troppo tardi, signor Re-ttore: siamo ben contenti di essere complici del fallimento della tua “impresa universitaria”…

Hobo – Laboratorio dei saperi comuni