Dal nostro corrispondente in Germania

Oggi non è un giorno qualunque per Dresda e i suoi abitanti

Ancora una volta, le organizzazioni neonaziste non si lasciano scappare la possibilità di costruire sulla tragedia del bombardamento di Dresda la retorica delle «vittime tedesche del terrorismo americano», producendo la più banale e semplice narrazione nazional-identitaria.
17 febbraio 2009 - Gennaro Imbriano

Venerdì 13 febbraio 2009: sono passati 64 anni da quella terribile notte in cui i caccia angloamericani rasero al suolo Dresda, monito della nuova potenza a guerra oramai finita, inutile massacro su un obiettivo che di militare e strategico aveva ben poco; vite umane e bellezze artistiche della “Firenze dell’Elba” sacrificate alla potenza del simbolico, orrore e manifestazione di grandezza da offrire minacciosa all’ “alleato” sovietico, già in cammino trionfante verso i resti della Germania nazista, cuore dell’Europa minacciato dal soffio dell’Est.

dresda Camminando un po’ verso le strade del centro, capisci che oggi, al di là del freddo pungente e dell’aria gelida, nel buio che ha portato via da poco il sole tenue, l’atmosfera è tesa, strana, inusuale. Del resto, come potrebbe non esserlo? Oggi non è un giorno qualunque per Dresda e i suoi abitanti.
Però la città è viva, figure umane si scorgono ammassate in lontananza, verso Theaterplatz. Ma è solo polizia. Un dispiegamento enorme. È incredibile. Intorno si avverte il pericolo, l’ innaturalezza di una presenza indiscreta che parla di uno stato d’ eccezione, di un problema di ordine pubblico. Ma la gente, la gente normale, quella che gira per i centri commerciali, che siede nei bar, che affolla i  caffé, forse sentendosi intimamente protetta da quella presenza, vaga tranquilla come se tutto fosse normale, come se quella extra-ordinarietà fosse possibile perimetrarla tra gli spazi tenuti sotto controllo dalla polizia, come se quello che avviene nel pezzo di città da loro ermeticamente sigillato e isolato fosse solo una brutta e scomoda verità da non guardare, da ignorare, da ridurre appunto a questione d’ordine pubblico.

Ma andiamo con ordine. Ancora una volta, le organizzazioni neonaziste non si lasciano scappare la possibilità di costruire sulla tragedia del bombardamento di Dresda la retorica delle «vittime tedesche del terrorismo americano», producendo la più banale e semplice narrazione nazional-identitaria. Ma è probabilmente proprio questa semplicità e linearità del discorso che regge e genera consensi; soprattutto nella provincia sassone, da sempre fanalino di coda dell’economia della locomotiva d’Europa, palla al piede e regalo avvelenato consegnato dalla DDR alla nuova Germania unita; disoccupazione, povertà, che crescono e si aggravano ancora di più con la crisi economica mondiale, ultimo beffardo colpo che il destino ha riservato proprio a chi era abituato alla pianificazione socialista per il “minimo” di sopravvivenza, vittima delle storture d’un regime illiberale prima e dei liberissimi colpi del mercato poi. Ma le nuove generazioni non sono affascinate dalla “Ost-algie”, dalla nostalgia del sogno socialista, quanto dal mito delle nuove destre demagogiche e «nazional-democratiche», come si definiscono; terra e lavoro ai tedeschi, solidarietà e unità del popolo, e via di questo passo.
Discorsi che in Germania Est producono un’egemonia impressionante.
Il 13 febbraio va in scena la parata dell’anno, l’appuntamento maggiore dell’estrema destra nazionale. Arrivano da tutta la provincia, da tutta la Germania, da tutta Europa. Marciano per le strade, scortati dalla
polizia, paralizzando tutto. Alle 18 circa arrivano all’Hauptbahnhof; sono un migliaio. Quella di stasera è infatti “solo” una fiaccolata; i numeri grossi ci saranno domani, alla «Trauermarsch», la «marcia del lutto», organizzata dalla JLO, la «Junge Landsmannschaft Ostdeutschland», organizzazione giovanile legata all’Npd. Quello di domani è l’appuntamento di punta delle maggiori organizzazioni neonaziste; ma alcuni militanti non ci stanno: non si può, come accade da anni, posticipare di sabato la marcia, anche se questo consente di poter contare su un maggior numero di camerati. Le vittime vanno commemorate il 13 Febbraio, il giorno in cui furono scagliate le «bombe del terrore» sulla «Hiroschima tedesca». C’è un po’ di tensione tra le organizzazioni partitiche (Npd in testa) e i giovani delle «Freie Kräfte», le «Forze libere», l’ “ala movimentista” della complessa galassia dei Neonazi, che sono oggi in piazza in mille con i loro tamburi, le loro fiaccole e le croci. Anche se si affrettano ad affermare che ma marcia di oggi non è assolutamente alternativa a quella di domani, i camerati delle «Forze libere» non ci stanno a far dettare i ritmi e i tempi del ricordo dall’agenda della politica dei partiti, anche se chiama Npd.

dresda Qualcuno è mascherato da scheletro, da “morte”, per restituire al «Gedenken», alla «commemorazione», il giusto aspetto notturno e mortifero. Non si va in piazza per interessi di partito, ma solo per le vittime tedesche, scandiscono chiaramente. Il corteo di oggi è solo l’ultimo anello di una settimana comunicativa, fatta di azioni in tutta Dresda. Lunedì e mercoledì volantinaggi in pieno centro, martedì conferenza stampa, giovedì sera si ritrovano sulle sponde dell’Elba e lasciano galleggiare sul fiume centinaia di piccole fiammelle in ricordo delle vittime. E oggi, in rigoroso silenzio, al suono macabro dei tamburi, i neri marciano con delle fiaccole in mano. «Chi ha disimparato a piangere, lo impara di nuovo con la caduta di Dresda», recita uno striscione in apertura. Intanto la società civile si prepara a reagire all’invasione dei neonazisti; in riposta al loro «Gedenken» va in scena oramai da un paio anni il «Geh Denken!», gioco di parole con il quale si invitano i nazi ad “andare a pensare”; è la manifestazione di dissenso più grande della città; società civile, partiti e associazioni democratiche e di sinistra. Saranno in piazza domani. Oggi ci sono state anche le commemorazioni ufficiali, aperte dal sindaco (Wilma Orosz, CDU), dove erano presenti anche esponenti dell’Npd, non fermati né respinti da nessuno. Proprio la loro partecipazione ha fatto sì che die Linke e l’Spd non partecipassero a questa cerimonia ufficiale.

La risposta più forte la preparano come ogni anno gli Antifa; dovrebbero arrivare da molte città, da Bremen ad Hamburg, da Berlin a Nürnberg, da Leipzig a Düsseldorf. Come lo scorso anno, hanno promesso ai nazi il loro “No pasaran!”; il loro appuntamento è per domani, davanti all’Haptbahnhof, cioè nello stesso luogo scelto dall’JLO come punto di concentramento. Lo scopo è chiaro: impedire con la forza che la marcia abbia luogo. Naturalmente la polizia è già al lavoro per evitare incontri ravvicinati; bisognerà vedere se e come riuscirà a tenere separate e distanti tutte le manifestazioni previste in città (solo 3 i cortei di “Geh Denken”, più un altro ritrovo antifascista nella Neustadt); intanto già rimbalza la notizia che il concentramento degli Antifa sarà vietato, e concesso solo molto lontano da dove si ritroveranno i nazi, per evitare ogni incontro ravvicinato. Intanto, «Keine Versöhnung mit Deutschland», «Nessuna riconciliazione con la Germania», è il nome del piccolo presidio, anche questo circondato dalla polizia, che rumorosamente si agita nel centro della città. Sono antifascisti, ma molto particolari. Si tratta dei cosiddetti «Antideutsche», un gruppo della galassia dell’estrema sinistra; le loro posizioni in fatto di antifascismo sono molto particolari, quantomeno problematiche; la loro polemica contro il nazionalismo tedesco si traduce non solo in un antinazionalismo anti-germanico assoluto, ma anche in una visione dell’ antisemitismo che li conduce a lottare contro ogni forma di nuova discriminazione contro gli ebrei, compreso quello che loro bollano come il nuovo «islamofascismo», per arrivare all’incondizionata solidarietà con lo Stato di Israle. Bandiere americane con scritto «Thank you!» e bandiere dello Stato di Israele («Solidarität mit Israel!») sventolano tra gli sglogan che scandiscono: «Nessuna riconciliazione con la Germania». La loro presenza è da tempo motivo di polemica e di separazione all’interno del movimento radicale di estrema sinistra in Germania; naturalmente il loro esplicito appoggio a Israele, anche quando si tratta di “proteggersi” militarmente dagli attacchi
palestinesi, genera non pochi problemi al resto del movimento.


Antifascisti filoisraeliani e incondizionatamente contro la matrigna e maledetta patria tedesca. Insomma, un’eruzione di cattiva coscienza e di caos ideologico. Vorrebbero anche loro fermare i nazi, ma la polizia li tiene cautamente lontani. Del resto, in ogni caso sono molto meno dei mille delle «Freie Kräfte» che sfilano per la città…forse la efficientissima polizia tedesca sta facendo un favore proprio agli «Antideutsche», piuttosto che ai neri.. Più in là, vicino alla Frauenkirche, centinaia di cittadini commemorano le vittime lontani dal frastuono di tutto ciò. E mentre queste presenze animano la serata fredda e buia di Dresda, la vita scorre più o meno regolare nei bar e dei caffè. Si aspetta che la giornata finisca, tra ricordi, strumentalizzazioni, prove di forze dell’estrema destra; si attende che la giornata finisca e che arrivi un altro giorno ad alta tensione; il clou di questa settimana sarà probabilmente domani.

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