Una storia di lotta tra poveri

La riforma Gelmini e lo strano caso degli specializzandi Ssis

Da Milano un'analisi scritta per Zic sull'impatto della riforma Gelmini sul mondo, già "tortuoso", delle Scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario.
31 ottobre 2008 - Uno studente ssis della Cattolica

Avete mai sentito parlare della SSIS? Alzi la mano chi sa cos'è. Alzi la mano chi è consapevole che sotto questo acronimo a rischio “s” blesa si nasconde il tortuoso cammino dei docenti del futuro. Un futuro da precari, mal pagati e mal considerati. Ma le Scuole di Specializzazione per l'Insegnamento Secondario, pagate dai corsisti a peso d'oro (e dopo un rigoroso esame d'ammissione), restano l'unico canale di reclutamento nel mondo della scuola. Se si crede ancora nell'insegnamento come missione, e nell'utilità della scuola pubblica, i due anni di SSIS sono un percorso obbligatorio. O meglio erano, perché dopo l'arrivo di Mariastella, nulla è come prima. O forse quasi nulla.
Procediamo con ordine.
Le SSIS hanno sostituito, per un decennio, i concorsi abilitanti a cattedra. Duravano due anni alla fine del quale bisognava sostenere l'esame di stato, superato il quale si diventava abili alla docenza nella propria classe di concorso, con diritto all'inserimento nelle graduatorie di I fascia (per intenderci, i supplenti senza abilitazione andavano in III). Ogni anno assumeva la dicitura di ciclo, l'ultimo dei quali ha visto la luce per il biennio 2007-2009. Ma perché parlare al passato, se il IX ciclo è ancora in corso?
Perché Mariastella ha deciso, in una delle sue tante mattine d'umore storto, di cancellarle. Non si avranno più corsi di specializzazione, ma neppure nuovi concorsi a cattedra. Nella scuola non si entra più: e per forza vien da dire, visti i tagli che ha in mente. Aveva messo in discussione anche il secondo anno del IX ciclo, fin quando qualcuno le ha fatto notare che in tutta Italia c'erano circa 11.000 studenti che avrebbero visto così andare in fumo tremila euro e passa di tasse, affitti onerosi e tutti quei sacrifici economici che condiscono la sopravvivenza nelle carissime città d'Italia.


Il IX ciclo veniva così "graziato" (e già aveva i suoi problemi), mentre si decapitavano le speranze di migliaia di laureati che non avevano fatto in tempo ad entrare con l'ultimo concorso, e che oggi non hanno nessuna speranza per il futuro. Cosa se ne faranno ora delle loro lauree, soprattutto se conseguite in ambito umanistico? E' un grande dilemma, o forse la risposta ce l'ha già data Mariastella: riconversione professionale, li manderemo a fare gli operatori turistici, con una collana di fiori al collo.
Ma se Atene piange, Sparta non ride: il IX ciclo era, fino a qualche settimana fa, escluso incredibilmente dalle cosiddette graduatorie ad esaurimento, quelle in cui erano confluiti gli abilitati dei cicli precedenti; quelle dalle quali si scalava col punteggio, per titoli ed esami, fino ad ottenere la sospirata supplenza (mensile o annuale). Questo per la mirabile filosofia del ministro Fioroni, anch'egli vittima di levatacce umorali, che aveva così deciso che gli abilitati di quel corso erano sì abilitati, ma allo stesso tempo non lo erano. Facevano la SSIS come tutti gli altri degli anni precedenti, sostenevano l'esame di stato, erano quindi abilitati a tutti gli effetti, ma questo non sarebbe servito. E perché il democratico Fioroni aveva deciso di chiudere le graduatorie, secondo lui già troppo affollate, creando un limbo in cui venivano costretti 11.000 figli di un Dio minore. Un operazione di ingegneria scolastica che neppure il Dottor Stranamore avrebbe mai potuto concepire.
Il governo Prodi, come si sa, fortunatamente cade: e a quella volpe astuta di nome Mariastella non sfugge la grande opportunità politica servitale su un vassoio d'argento: i "ssisini" del IX ciclo sono esclusi dalle graduatorie? Riapriamole come giusto che sia, con un emendamento al decreto 137, ossia alla sua famigerata “riforma” della scuola. Operazione d'immagine brillante agli occhi di 11.000 disperati che non s'accorgono dell'inghippo; una formula divide et impera che crea la paradossale situazione odierna, in cui a fronteggiarsi sono ansie e speranze di chi ha poco (studenti e docenti) e chi non ha nulla (i ssisini, appunto).
Eh, si: ovviamente, l'animo di chi aspettava di vedersi riconosciuto un diritto sacrosanto (l'inserimento in graduatoria) si orienta drammaticamente verso un solo, grande desiderio, che il decreto sia approvato.
Ma basterebbe che molti di loro leggessero a fondo non l'articolo 5bis del decreto (quello che riconosce ciò che gli è dovuto), bensì il piano programmatico dello stesso, per capire che Mariastella, ancora una volta, ce l'ha fatta: una presa in giro di dimensioni colossali.
Questo perché gli 87.000 mila tagli previsti nei prossimi tre anni riguardano tutte le scuole di ogni ordine e grado, e non solo la scuola elementare come si è portati a credere.

Solo per snocciolare qualche dato: 5000 tagli per la riduzione a 18 ore di tutte le cattedre di scuole di I e II grado; 7.000 posti in meno per la revisione dei curricoli istitutivi di II grado. E poi quegli 8 miliardi in meno, volti tra le altre cose "alla revisione degli istituti giuridici che comportano comandi, collocamenti fuori ruolo, onde ridurre allo stretto necessario l’incidenza della spesa rappresentata dal pagamento dei supplenti in sostituzione". Se proprio vogliono inserirci in graduatoria, come ci spetta di diritto, come faranno a pagarci lo stipendio se devono tagliare sulle supplenze? Entrare in graduatoria non significa, infatti, diventare di ruolo. Bensì affidarsi ad un canale a scorrimento nella speranza che prima o poi vengano chiamati tutti. Cosa di per sé impossibile, coi tagli previsti dal ministero. Ecco svelato il grande inganno: ci inseriscono sì in graduatoria, per farci stare calmi ed ottenere consenso; il problema è che trasformano quelle stesse graduatorie in liste di disoccupazione.

Questo ancora non sembra esser chiaro a tutti quegli studenti ssis che in cuor loro attendono l’approvazione del decreto; che si ostinano ad assumere verso l’intera vicenda un atteggiamento corporativista che impedisce di leggere le manovre politiche e offusca quella che dovrebbe essere la principale preoccupazione: quale scuola pubblica vorremmo fosse nostro ambito di lavoro?

E’ questo atteggiamento che spiega perché oggi i “ssisini” non scendono in piazza al fianco di docenti, ricercatori, studenti universitari e medi.

Ma forse qualcosa si muove. A Milano, ad esempio, un primo nucleo di studenti ssis delle università Cattolica e Statale sta cercando di aumentare l’adesione alla protesta della platea di specializzandi focalizzando l’attenzione sulla necessità di un fronte comune contro chi vuole penalizzare la scuola pubblica e la ricerca; la libertà di insegnamento ed il diritto all’istruzione.

Giovedì 30 siamo stati in piazza nel corteo studentesco, a fianco di docenti ed allievi, nella contemporanea costruzione di un ponte solidale con il mondo dei lavoratori non docenti. E nella ricerca di contatti con le eventuali altre ssis d’Italia mobilitate contro il decreto.

Il collettivo milanese ha un contatto mail cui far giungere eventuali informazioni: stridentissiscontrolariforma@googlegroups.com

Mai come oggi, l’unione fa la forza risuona come un proclama stretto e necessario. Nella difesa della scuola pubblica e dell’autonomia nella formazione. Per il nostro futuro di lavoratori, per il nostro futuro di persone.

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