Contributo di Vag61 al movimento anti-Gelmini in vista del corteo del 26

La scuola è un bene comune: fermiamo la Gelmini!

Non solo tagli e ritorno al maestro unico, ma anche riduzione generalizzata del tempo-scuola, striscianti processi di privatizzazione e rigurgiti di autoritarismo e controllo sociale. Un primo abbozzo di analisi sul drammatico momento della scuola pubblica italiana e un appello ai cittadini a mobilitarsi insieme al movimento delle scuole arriva dall'Officina dei Media Indipendenti di Via Paolo Fabbri 110.
21 settembre 2008

Le politiche scolastiche del nuovo governo Berlusconi e del ministro Gelmini si aprono all’insegna di una certa continuità con i precedenti esecutivi nel progetto di destrutturazione e privatizzazione dell’istruzione pubblica, ma anche con un tragico salto di qualità nei termini e nei numeri dell’attacco alla scuola. Si parla infatti di tagli per 70.000 insegnanti e 43.000 ATA, una batosta mai tentata neppure dal ministro Moratti. Se è vero che da decenni governi di ogni colore tagliano impietosamente i fondi destinati all’istruzione, in questo caso più che di tagli sembra si parli della definitiva disgregazione della scuola pubblica italiana.
Le prime ad essere colpite saranno le scuole elementari, con la reintroduzione dell’anacronistico “maestro unico”, ed in particolare il tempo pieno, modello educativo nato dal basso e pensato non solo come servizio per le famiglie con entrambi i genitori occupati, ma anche come base per un insegnamento più adatto ai ritmi del bambino. Ma la politica di tagli agli organici e riduzione del tempo-scuola finirà per colpire inesorabilmente ogni ordine e grado di scuola, a partire dal sostegno per i diversamente abili, fino ad attività come educazione linguistica, musicale e motoria. Il progetto del governo prevede infatti sempre meno ore e sempre meno aree didattiche curriculari, e il progressivo appalto all’esterno delle ore e delle attività residue, da svolgere anche a pagamento e con insegnanti non necessariamente qualificati.
Quest’ultimo elemento del progetto di controriforma va del resto di pari passo con la trasformazione delle scuole in fondazioni soggette al diritto privato. Si tratta dell’ultimo e decisivo tassello di un percorso di privatizzazione e aziendalizzazione della scuola partito con l’autonomia scolastica di Berlinguer e portato avanti senza soluzione di continuità dagli ultimi governi, sia di centro-destra che di centro-sinistra. In pratica si vogliono scuole gestite da consigli di amministrazione aperti ai privati e diretti da presidi-manager, con un meccanismo di sponsorizzazione che finirebbe per asservire totalmente la didattica alle esigenze delle aziende convenzionate.

Un settore d’intervento dove invece si nota la soggettività specifica del governo di centro-destra, e le concessioni alle aree della maggioranza più autoritarie e reazionarie, è quello legato al voto di condotta e alle presunte misure anti-bullismo. Su questi temi va aperta una riflessione seria, perché mentre sui tagli è sufficiente il senso comune per cogliere la gravità di uno smantellamento totale della scuola pubblica, sul voto di condotta parti consistenti di opinione pubblica, e degli stessi studenti, insegnanti e genitori potrebbero vedere di buon occhio una scuola più “seria”. Dietro gli slogan della “serietà”, “tradizione” e “disciplina”, però, si può leggere chiaramente il legame tra queste misure e le campagne securitarie più deliranti portate avanti dal governo e da gran parte dei media ufficiali. Campagne profondamente xenofobe che, facendo leva sull’ignoranza e sulle paure della gente, identificano un “nemico” in ogni “diverso” e hanno la precisa responsabilità politica di fomentare atti razzisti e fascisti come gli assalti ai campi rom o i pestaggi di immigrati e omosessuali. Il fatto poi di voler combattere gli atteggiamenti di bullismo con misure puramente repressive o di controllo sociale (come il voto di condotta, ma anche la stessa videosorveglianza) mostra un approccio estremamente superficiale al fenomeno, e l’impossibilità di mettere seriamente in discussione quel modello culturale e valoriale basato sul possesso, sul consumismo e sull’immagine che sta alla base di molte situazioni di “devianza sociale”.

Dalle scuole elementari e dai precari della scuola sta partendo un grande movimento contro le proposte della Gelmini, ma la difesa della scuola pubblica e la lotta per un modello diverso di istruzione non possono essere solo un problema di insegnanti e lavoratori della scuola in generale. È necessario l’apporto di studenti, genitori e cittadini coscienti dell’importanza del ruolo della scuola e di come un modello di scuola sia sempre legato ad un modello di società. La manifestazione di venerdì 26 segnerà un primo, importante momento di visibilità e di conflitto, ma può e deve essere solo l'inizio.

 

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