Condannato “Lasciate che i bimbi…”, intervista a un ex Luther Blisset

Il libro dello scandalo


18 gennaio 2002 - Marco Trotta

Della vicenda se n'era già accupato anche Zero in Condotta qualche tempo prima dell'uscita del libro, nel quale, infatti viene anche citato: parliamo di “Lasciate che i bimbi… "Pedofilia": un pretesto per la caccia alle streghe”, pubblicato dalla Castelvecchi nell'ottobre del '97. La sua uscita fece scandalo per la ricostruzione minuziosa di una vicenda, come quella di Marco Dimitri e dei Bambini di Satana, su un tema scomodo come quello del satanismo e della pedofilia affrontato in uno dei suoi capitoli. Per questo fu accusato di pedofilia, censurato sulla rete civica romana e messo all'indice dal "Telefono Arcobaleno" di Don Fortunato Di Noto, famoso "prete antipedofilo". Ma fu anche un caso letterario per numero di vendite e perché "no copyright", cosa che ha favorito la sua diffusione in rete. In seguito, il pm Musti, titolare dell'inchiesta, ritenendosi diffamata da questo ne ha chiesto il sequestro ed in data 10 dicembre il tribunale civile di Bologna, Terza sezione, le ha dato ragione condannando editore e scrittore (ovvero Roberto Bui, firmatario del contratto a nome di Luther Blissett, nome collettivo di un gruppo di scrittori oggi in parte confluiti nel progetto Wu Ming), alla distuzione del libro e ad una multa di 80 milioni di lire.

Puoi ricostruirci le vicende giudiziarie che hanno caratterizzato l'uscita del libro?
«Il libro descriveva - usando varie tecniche di scrittura, tra cui il cut-up - la galleria degli orrori giornalistico-giudiziari allestita in Italia e in Europa nel triennio 1996-98, quando sembrava che la "pedofilia" fosse il problema più grave al mondo, che i "pedofili" fossero dappertutto e costituissero un'organizzazione clandestina potentissima, praticamente i padroni occulti di Internet, i cui agenti erano presenti in quasi tutti i luoghi pubblici delle nostre città. Si trattava di una "emergenza", anzi, di una vera e propria psicosi collettiva, i cui principali risultati furono un arretramento generale sul terreno delle libertà individuali, l'approvazione in diversi paesi di leggi censorie e liberticide e la distruzione di centinaia di vite, vite di innocenti che da un giorno all'altro, senza sapere perché, si trovavano sbattuti in prima pagina come "mostri". Lasciate che i bimbi è stato un libro pionieristico: da allora, diverse contro-inchieste hanno dimostrato quali abusi siano stati compiuti allo scopo di "proteggere i bambini". Addirittura, il CSM sta indagando sulla condotta del famigerato Pietro Forno, coordinatore del famigerato "pool anti-pedofili" di Milano, dopo che diverse corti d'appello hanno assolto con formula piena molte persone da lui perseguitate. Fin dai primi giorni, Lasciate che i bimbi fu preso di mira da elementi reazionari, che ne chiesero il sequestro e la distruzione. In particolare all'inizio del '98 Lucia Musti, già PM nell'inchiesta contro Marco Dimitri e i Bambini di Satana - processo raccontato nel cap. 1 del libro - adì le vie legali giudicando il libro "lesivo" nei confronti della di lei reputazione e identità, solo perché metteva in fila tutti gli espedienti, le ridicolaggini e le dichiarazioni allarmistiche a cui la pubblica accusa era ricorsa per "mostrificare" Dimitri e tenerlo in galera. Musti trascinò in giudizio l'editore (Castelvecchi) e due internet providers (Cybercore e 2mila8) sui cui servers si trovava il file di Lasciate che i bimbi, scaricabile gratuitamente. Complessivamente, chiedeva 450 milioni di lire, il sequestro e la distruzione delle copie cartacee, e la rimozione dalla rete delle versioni elettroniche. Curiosamente, nell'atto di citazione la clausola "no copyright" era paragonata a una "licenza di uccidere", poiché favoriva la riproduzione incontrollata dell'opera e quindi la moltiplicazione del danno morale e materiale subito dalla Musti. Con una mossa che - eufemisticamente - ritengo molto discutibile, Castelvecchi rivelò il mio nome al tribunale, indicandomi come l'autore del libro, quando il libro e l'inchiesta che lo avevano partorito erano prodotti di un lavoro collettivo solo il firmatario del contratto. Quindi la mia posizione era ed è bizzarra: la mia controparte non era la dottoressa Musti, bensì il mio editore. Quanto ai soldi, le richieste di Musti sono state molto ridimensionate, da 450 a 80 milioni. Di questi 80 milioni, a Castelvecchi ne vengono richiesti 30. A sua volta, Castelvecchi può chiedere a "me" (tra virgolette, perché dietro di me c'è una collettività) l'indennizzo del 50% della cifra, vale a dire 15 milioni. Ma nel frattempo la Castelvecchi Srl. è fallita, quindi non so bene cosa succederà. Di certo la sentenza va impugnata. Il bello è che il dispositivo della sentenza NON mi identifica come l'autore del libro, ma comunque mi condanna per aver "concorso" con Castelvecchi a cagionare il danno».

La Dott. Musti è anche quella che si è occupato dell'indagine sulla Uno Bianca e delle indagine che hanno portato all'invio di 57 avvisi di garanzia ad alcuni manifestanti del 13 maggio 2000 contro Forza Nuova.

«Dell'indagine sulla Uno Bianca se ne occupò principalmente Spinosa, di cui Musti fu il braccio destro. I due imboccarono una pista clamorosamente falsa, inquisendo tali fratelli Santagata, pregiudicati residenti al Pilastro, e tenendoli in "custodia cautelare" finché indagini più serie non strinsero il cerchio intorno ai Savi. Si trattava di fratelli, sì, ma non erano quelli giusti. La punk-band bolognese Ghetto 84 compose una canzone sulla vicenda, intitolata Dozza Prison Blues: "I giornali ti hanno condannato / Sei del Pilastro, è un reato? / Voci e grida nei corridoi: / erano sbirri, non eravamo noi!". Quanto ai 57 avvisi di garanzia agli antifascisti, mi limito a osservare che il 13 maggio 2000 quelle persone, di fronte alla completa latitanza delle istituzioni, impugnarono la Costituzione e la fecero osservare, impedendo lo svolgimento a Bologna di un meeting fascista. Inquisire loro anziché i pronipoti scemi del fabbro di Predappio può far pensare che la Procura di Bologna muova l'azione penale a seconda di come tira il vento. Sta per svolgersi il Giubileo? Dagli al satanista! Va al potere la destra? Dagli all'antifascista! E così via».

Il tribunale ha sancito la ripubblicazione cancellando due capitoli. Cosa vi si affermava? E perché la Dott. Musti si è sentita diffamata?

«Il primo capitolo si intitola "Bambini di Satana: anatomia di una montatura" ed è un sunto della nostra contro-inchiesta. L'altro non è un capitolo, ma un paragrafo aggiunto praticamente in appendice, si intitola "Il caso Dimitri è chiuso" e rendeva conto dell'assoluzione in primo grado. Musti non ha potuto negare la verità di quanto è scritto in quelle pagine, per il semplice fatto che, rilasciando interviste a nastro, era stata lei a fornire i metri e metri di corda con cui Luther Blissett, metaforicamente, la strangolò... Così si è appigliata ad alcune espressioni suppostamente "incivili", ma se si va a leggere non si troverà alcunché di infondato. L'atto di citazione e la risposta del mio avvocato, Franco Bambini, sono riportati all'interno di Back Pages, il dossier sulla vicenda scaricabile gratis all'indirizzo
<http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/lasciate.htm
Un'altra decisione è anche quella di chiedere la cancellazione da tutti i siti internet ancora oggi è possibile scaricare il libro. Sicuramente da allora molte cose sono cambiate sul web e nuove legislazioni (penso all'ultima in materia di editoria) hanno imposto vincoli più forti. Pensi che sia attuabile e con quali eventuali pericoli per il principio costituzionale della libera espressione?
«Dico solo che nei quattro anni successivi all'inizio della causa civile i mirror sites del libro sono proliferati, il che rende quasi impossibile l'esecuzione della sentenza».
Che tipo di azioni intraprenderete in risposta a questa decisione del tribunale?
Come dicevo, la sentenza va impugnata, per ovvie ragioni etiche e politiche. Stiamo chiedendo a diverse situazioni cittadine di organizzare benefits per pagare le spese dell'appello. Le cause civili sono molto costose».
Nel libro affermavate di esservi interessati alla vicenda per un principio di giustizia nei confronti di quella che ritenevate una montatura su questioni che sono di certo un nervo scoperto della nostra società come la pedofilia e la libertà di culto. Pensi che la denuncia di quel libro sia ancora attuale?
«Oggi più che mai, purtroppo. Qualche anno dopo il Luther Blissett Project pubblicò un saggio più corposo dal titolo Nemici dello Stato: criminali, "mostri" e leggi speciali nella società di controllo (Derive Approdi, Roma 1999). Le tematiche di Lasciate che i bimbi venivano riprese e ampliate, e inserite nel contesto di una spinta trentennale a trasformare l' "emergenza" (cioè la sequenza : individuazione del nemico pubblico - campagna di allarme morale - modifica della legislazione in senso repressivo) in metodo di governo. Si e' iniziato negli anni Settanta col terrorismo, un'emergenza direttamente legata all'ordine pubblico, e si e' proseguito con emergenze altrettanto parossistiche ma sempre più "culturali" in senso lato, legate alle differenze individuali, ai comportamenti dei singoli, alla biopolitica, come si confà al passaggio dalla vecchia società disciplinare all'ultramoderna società del controllo. La "pedofilia" e l'isteria sulle sette ne sono esempi paradigmatici. Dopo l'11 settembre, si è tornati alla emergenza-terrorismo, che però ha in sé molti tratti biopolitici, legata com'è all'individuazione di un "alieno" (il musulmano) da trasformare in capro espiatorio».