Secondo Palermo (e la Crui)... non esistono

Sì, siamo ricercatori e siamo precari

Risposta dei ricercatori precari di Roma ad un articolo pubblicato sul Manifesto di Giulio Palermo in cui si attacca i ricercatori precari.
16 dicembre 2007 - Assegnisti e ricercatori precari de La Sapienza

A proposito dell'attacco di G. Palermo ai ricercatori precari,
osserviamo che l'apertura di un fronte a sinistra non giunge inattesa:
la battaglia per l'abolizione del precariato nelle università è
difficile proprio per le "ottime relazioni" fra l'accademia ed alcuni
settori della sinistra. L'autore contesta perfino il nostro nome,
sostenendo che non siamo ricercatori, perché non legalmente inquadrati
come tali, e nemmeno precari. L'obiezione sul nome ricercatori è
questione irrilevante e comunque forzata: con la stessa logica un
lavoratore in nero non potrebbe definirsi lavoratore, non esistendo un
contratto che lo definisca come tale. Riguardo lo status di precari,
credevamo che lavorare con contratti che, se si è fortunati, durano 2
anni, ma spesso scadono dopo 3 o 6 mesi, non avere diritto alla
maternità, alle ferie pagate, alla tredicesima, alla speranza di una
pensione, rischiare da un mese all'altro di restare senza lavoro
perché sono finiti i soldi o perché qualcuno ha deciso così, ci
qualificasse come precari. Per fortuna il dott. Palermo ci viene in
soccorso spiegandoci che apparteniamo ad una categoria che non
riusciamo bene ad inquadrare, ma sembrerebbe piuttosto privilegiata.
Attaccando il nostro agire unitario, l'autore rivisita la storia della
sinistra introducendo la critica all'unità e alla coscienza di classe.
Noi invece riteniamo che la diversità di forme di precariato
universitario vada superata, lasciando solo contratti a tempo
determinato, rispettosi dei più banali diritti del lavoro. Colpisce
infine che l'autore, dall'interno del sistema accademico, si scagli
contro i precari attivi della ricerca, facendo di tutta l'erba un
fascio, definendo baroni in pectore una categoria di studiosi che non
hanno diritto di cittadinanza nell'accademia italiana, non votano, non
sono rappresentati, non dispongono di alcun potere corporativo.
Il dott. Palermo glissa invece sullo scontro in corso fra i precari e
la conferenza dei rettori (CRUI). Gli art. 145 e 146 della Finanziaria
uscita dal Senato recepiscono l'impegno al superamento del precariato
nelle P.A. assunto dalla maggioranza di centrosinistra (pag. 41 del
programma dell'Unione). L'art. 145 limita il ricorso a contratti
precari e l'art. 146 prevede la stabilizzazione del personale precario
con almeno 3 anni di servizio. La CRUI, impegnata nella difesa dei
propri privilegi di casta, chiede di escludere le università,
pretendendo di arruolare lavoratori con contratti ai limiti del lavoro
nero. Si assiste in queste ore ad un girotondo di emendamenti chiesti
da una parte della maggioranza che, per l'applicazione dell'art. 145
alle altre P.A. e della legge Biagi alle aziende private, renderebbero
le università gli unici soggetti liberi di arruolare precari senza le
tutele previste dallo Statuto dei Lavoratori e prive dell'obbligo di
assunzione dopo un certo numero di anni. Purtroppo, stretto tra i
diritti di 65000 lavoratori precari e le pretestuose richieste di 80
rettori, il ministro ha scelto questi ultimi, smentendo gli impegni
presi con i sindacati. Pur negando la volontà di emendare l'art. 146,
il ministero afferma che esso non si applica alle università e
sbandiera un reclutamento che è "straordinario" solo per l'esiguità
dei numeri, respingendo così le legittime richieste di un'unica forma
contrattuale rispettosa dei più elementari diritti del lavoro e di una
stabilizzazione (che prevedrebbe una prova selettiva e non sarebbe una
ope legis). Anche se la CRUI nega l'esistenza dei precari ed afferma
che ci sono solo un po' di giovani assunti "per esigenze che si
esauriscono nell'ambito del singolo progetto di ricerca", la realtà
dice che 65.000 lavoratori dell'università (il 52%) sono precari, un
numero in costante aumento. Secondo le stime del "Libro Verde" in
Italia mancano 30000 ricercatori stabili per rientrare nelle medie
OCSE, mentre il reclutamento straordinario prevede appena 1700
concorsi l'anno, meno di quanti ne sono stati sempre "ordinariamente"
banditi.

Assegnisti e ricercatori precari de La Sapienza