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Verona / Verso la sentenza il processo a otto agenti della celere di Bologna

Potrebbe concludersi domani il processo di primo grado per il violento pestaggio alla Stazione Porta Nuova dell’ultras bresciano Paolo Scaroni. Il comitato Verità e Giustizia di Bologna: “Numeri identificativi sulle divise!”.

06 Dicembre 2012 - 16:13

In una nota, la tifoseria “Brescia 1911 Ex-Curva nord”, annuncia la sua presenza in aula a Verona e, prima, alle 8 del mattino, “un’azione simbolica presso il binario uno della Stazione, esattamente là dove più di sette anni fa Paolo fu ferito e ricevette i primi soccorsi”.

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Domani, venerdì 7 dicembre, presso il tribunale di Verona si celebrerà un’udienza per certi versi storica. Sarà questo infatti il giorno in cui molto probabilmente si arriverà alla sentenza di condanna in primo grado per 8 agenti del reparto celere di Bologna. Ci riferiamo alla vicenda di Paolo Scaroni, un tifoso bresciano che il 24 dicembre 2005 venne ridotto in fin di vita, alla stazione Porta Nuova di Verona, dai poliziotti quel giorno in servizio “stadio” a Verona per il match di Serie B Hellas Verona-Brescia.

LA DINAMICA DEI FATTI: a fine partita, una volta riportati i sostenitori lombardi alla stazione Porta Nuova dove li aspettava il loro treno speciale, cominciano una serie di violente cariche della celere, tra cui il famigerato plotone bolognese. Tra i 1000 e più assiepati in stazione non ci sono soltanto ultras, bensì famiglie con bambini anche molto piccoli, semplici tifosi (tra cui anche molte persone di una certa età).
Le cariche sono partite a freddo: il processo ha stabilito che i bresciani aspettavano tranquillamente la partenza del loro treno. non c’era alcuna giustificazione plausibile, semmai ve ne possa essere alcuna, che motivasse l’efferatezza e la barbarie delle forze dell’ordine.
I celerini tirano sassi verso le persone inermi, salgono sui vagoni sparandovi all’interno gas lacrimogeno CS, sfondano i vetri del treno come in preda ad una follia omicida. Durante le cariche interminabili, Paolo, un tifoso, uno dei 1000, si ritrova coinvolto suo malgrado mentre sta tornando dal Mc Donald della stazione dove era appena andato a comprarsi un panino. Viene circondato dagli 8 agenti che lo colpiscono rigorosamente alla testa, più e più volte. Non contenti, questi gli spruzzano anche dello spray al peperoncino in volto per stordirlo ulteriormente.
Non ve n’è bisogno: Paolo si rialza, fa pochi metri, giusto il tempo per raggiungere i suoi amici e stramazzare a terra davanti ai loro occhi. Finisce in coma per 2 mesi presso l’ospedale Borgo Trento di Verona, lo stesso presidio che lo ospiterà per i successivi lunghi mesi di riabilitazione.
Paolo, e come lui centinaia di altri tifosi, è stato aggredito da delle persone che lo potevano (volevano?) UCCIDERE. Ora è rimasto invalido al 100%, ha perso il lavoro, molti dei suoi ricordi, gli hanno distrutto la vita!

LO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO: forse, data la “particolare” vicenda, non è un caso che si arrivi ad una possibile condanna, seppur in primo grado, a distanza di 7 anni dall’accaduto e dopo 3 richieste di archiviazione del caso. Oltre alla tenacia di Paolo, e di quanti (ultras, associazioni, comitati e semplici cittadini comuni) hanno creduto in questa “battaglia”, va dato anche il giusto merito ad alcuni appartenenti alla Questura di Verona (per la verità molto pochi) che con il loro lavoro investigativo hanno smontato punto per punto le tesi e soprattutto i tentativi di depistaggio e le false testimonianze fornite dalla difesa degli 8 imputati.

Come Comitato Verità e Giustizia ci chiediamo però perché sul banco degli imputati ci siano “solo” gli 8 agenti, mentre i funzionari (ed il Questore!) che comandarono questa azione para-militare ne escono puliti (o promossi!) da questa vicenda.

In questi ultimi anni innumerevoli appartenenti alla Questura di Bologna si sono macchiati dei reati più disparati tra i quali spiccano abusi potere verso immigrati irregolari fino addirittura ad arrivare a molestie sessuali all’indirizzo di alcune donne straniere. Ci chiediamo quanti altri casi siano stati insabbiati o mai denunciati per paura di ritorsioni! Soprattutto, ci chiediamo senza troppi fronzoli: CHI CI PROTEGGE DA QUESTA POLIZIA?

Come Comitato Verità e Giustizia chiediamo a gran voce che vengano introdotti i numeri identificativi sulle divise degli agenti in tenuta anti-sommossa, come per altro già avviene da anni in moltissimi altri paesi, europei e non. Questa semplice e “democratica” misura potrebbe in futuro evitare tragici fatti come quelli di Paolo!

PER LA VERITA’ E LA GIUSTIZIA.
Bologna 6/12/2012