Attualità

Valsusa / “Se la resistenza può essere chiamata terrorismo”

Dal sito di Bartleby ripubblichiamo un contributo in soggettiva sulle perquisizioni in Valsusa e “William, compagno di una strada cominciata molto tempo fa”.

31 Luglio 2013 - 19:03

29 Luglio 2013, 8:20 di mattina. Il pc è rimasto acceso tutta la notte, così la prima cosa che vedo è una foto della Credenza di Bussoleno. Il tempo di aprire gli occhi, di mettere a fuoco le parole TERRORISMO EVERSIONE PERQUISIZIONI. Non è che sto capendo bene cosa leggo. Allora prendo il telefono, niente, morto, manco squilla. Passa un’ora in cui leggo tutto quello che trovo e sveglio tutti. Finalmente il telefono dà segni di vita. Will tutto bene? Insomma… silenzi lunghi. Come faccio a chiamarti se ti hanno portato via il telefono? ah giusto ti sto già chiamando. Sorrisi dai due capi estremi dell’Italia… e il computer? me lo farò prestare… silenzio… ti abbraccio forte. Anch’io.

Questo succedeva ieri: “la procura alza il tiro”. La storia si ripete ma per la prima volta il capo di imputazione è terrorismo a scopo eversivo art. 280 del codice penale. Dai 17 ai 30 anni.
La mattina del 29 luglio 12 militanti no tav sono stati svegliati dalle perquisizioni.
E così ho passato il tempo a immaginare la levataccia e il disordine tra le cose. Penso che il caso abbia voluto che conoscessi tutti questi ragazzi che oggi hanno i loro nomi e cognomi, le loro storie, sbattuti in prima pagina. Poco più di un mese fa, proprio alla Credenza, in due giorni di tarda primavera li ho incontrati grazie a William che è invece il compagno di una strada cominciata molto tempo fa. Dopo un bicchiere di vino e molti mesi che non lo vedevo ci siamo ritrovati in mezzo a queste chiacchiere. Sei felice Will? Sì, ho le montagne, ho questi nuovi compagni generosi e coraggiosi, ostinati nella direzione contraria che hanno scelto.

E’ di questi ultimi giorni anche il silenzio preoccupante dei media sulla storia di Marta indebitamente trattenuta dopo gli scontri del 19 luglio, picchiata e molestata dalle forze dell’ordine, scatenate in un’assurda caccia all’uomo notturna. La sua denuncia pubblica dei fatti le è costata un’interrogatorio a cui è stata scortata dalle donne notav che si sono viste manganellare per l’intenzione di appendere uno striscione ai cancelli della procura. Lo striscione recitava: se non con Marta quando? Se toccano una toccano tutt*.

Ho perso il conto delle volte che sono stata in Val Susa e capisco bene cosa terrorizza le questure e i partiti alle corde come il PD. In Val Susa è questione d’amore e di scelte, di autodeterminazione, di decisioni prese collettivamente. In Val Susa si parla apertamente e senza pudore di cosa si è disposti a fare per difendere ciò che si costruisce con la cura quotidiana. Facciamo esperienza di legami logorati dalla frammentazione delle nostre vite precarie, fatichiamo a ricostruirli, e ogni volta che le nostre lingue riescono a parlarsi allarghiamo il cerchio delle assemblee, seminiamo tempeste nei bicchieri, strappiamo pezzi di libertà, tracciamo linee di fuga.

Così, il governo della paura, il terrore, si allargano perchè le donne devono essere ridotte a vittime o madri accudenti e lacrimose; i montanari devono essere burberi, bonari, silenziosi e anche un po’ fessi; gli studenti concentrati (o distratti?) da percorsi di studio sempre più aridi e forzosamente divertiti, festaioli nel week end, ma senza esagerare, meritevoli e disposti a sgobbare aggratis in settimana; le femministe col broncio, i vestiti castigati; gli omosessuali con desideri di matrimonio (come le coppie normali) e i trans devono ringraziare se non si inventano un sistema di disinfestazione per ripulire le strade dove battono.

E invece in Val Susa? Come farete a prenderli? A congelarli nelle identità buone per i titoli dei giornali? Come farete, zelanti P.M., a convincere veramente qualcuno che William, Martina, Giulia, Ruben, Rubina, Luca, Mattia, Lorenzo, Dana, Andrea e Davide sono tutti pericolosi terroristi?

Abbiamo imparato la parola terrorismo nei libri di storia d’Italia: piazza della Loggia, piazza Fontana, stazione di Bologna. Capitoli nei quali non c’è scritto ancora chi sono i mandanti, chi sono i colpevoli. Può questa stessa parola essere usata (e a che prezzo?) per chi fa politica a viso scoperto dentro a un movimento popolare che sempre pubblicamente ha presentato le sue ragioni?

Al fianco della Valle che resiste, oggi come due anni fa torneremo tutte le volte che ce lo chiederete perché nella vostra bella valle ci avete fatto sentire a casa e ci avete regalato il senso della vostra lotta che possiamo dire senza riserve nostra.

(da bartleby.info)