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“Un saluto a pugno chiuso, compagno Plasmon”

Usb: “Nelle manifestazioni non potevi non vederlo, con la sua statura svettava ed era una sicurezza per tutte/i”. I ricordi diffusi in questi giorni da alcuni compagni. L’ultimo saluto oggi al Malpighi e poi in Certosa.

22 Gennaio 2016 - 09:56

Plasmon (foto Usb)“Un saluto a pugno chiuso, compagno Plasmon”. Così l’Usb dà l’addio a Maurizio ‘Plasmon’ Franceschi. “Un compagno, questo era per tutti Plasmon. Un compagno che abbiamo conosciuto da vicino nel sindacato e che era un punto di riferimento per i lavoratori del Giovanni XXIII dove ha rappresentato le RdB prima e la Usb poi per moltissimi anni. Quando lo perdevamo di vista per un po’ di tempo, spesso per nostra negligenza, lo vedevamo riapparire improvvisamente nelle assemblee o in sede sindacale. L’ultima volta in occasione dello sciopero del pubblico impiego del 20 novembre che ha organizzato sul suo posto di lavoro. Nelle manifestazioni invece eravamo certi di trovarlo, sempre. Lì in mezzo a tanti altri compagni e tanti lavoratori non potevi non vederlo, con la sua statura svettava Maurizio ed era una sicurezza per tutte/i noi. Ci manca. Un saluto a pugno chiuso, compagno Plasmon. Che la terra ti sia lieve”.

Gli amici rendono noto che per un ultimo saluto a Maurizio l’appuntamento è oggi dalle 12 alle 13 alla camera mortuaria dell’ospedale Malpighi (accesso da via Pizzardi) e dalle 13,30 alle 15,30 al Pantheon della Certosa.

Questo il pensiero di un compagno su Facebook: “Anche Maurizio ‘Plasmon’ Franceschi se n’è andato. È un grande dolore, ci conoscevamo da quarant’anni. Mi viene subito in mente una delle azioni più belle (fra le tante) a cui partecipammo. Era il 29 settembre del 1997, il ‘sinistro’ ministro della funzione pubblica Bassanini voleva togliere i diritti ai sindacati di base, le RdB decisero di occupare il ministero, quel Palazzo Vidoni che avevamo ribattezzato ‘Palazzo Bidoni’. Un gruppo si arrampicò sul tetto mentre il grosso saliva ad occupare l’ufficio del ministro (che si barricò nel cesso). Dopo una mezz’ora, lasciammo su un gruppo con una decina di noi e scendemmo per fare un blocco stradale su Corso Vittorio Emanuele, ma trovammo all’uscita gli uscieri e la pattuglia di P.S. d’istanza al ministero che ci bloccavano la strada approfittando della strettoia di una porta girevole, la bloccai ma mi pestavano sulle mani e non avrei resistito a lungo. A quel punto, vidi che dietro di me c’erano Maurizio e suo fratello Antonio, bastò un cenno e mi sostennero le spalle, permettendomi di avere le mani libere, cacciai un paio di urlacci e cominciai a sferrare pugni, il gruppo di ‘eroi’ davanti a noi si aprì d’incanto e riuscimmo a scendere in strada, bloccando il traffico per tutta la giornata. Così era Plasmon, una garanzia, ti sentivi le spalle coperte accanto a lui, con la sua mole gigantesca, con la sua determinazione. Sapeva anche prendersi cura degli anziani del Giovanni XXIII, un lavoro utile quanto faticoso e misconosciuto, che raccontò in un libro a cui collaborò. Aveva già accumulato 41 anni di contributi ma grazie a quell’infame della Fornero non si è potuto godere neanche un giorno di pensione. Addio Plasmon, non ci rivedremo più in manifestazione”.

Un altro ricordo scritto in questi giorni: “Ciao Plasmon… Ecco voglio ricordarti cosi: se non sbaglio era il ’78 allo  sgombero del palazzo occupato di via Castagnoli, fin della mattina i  compagni si scontravano con la polizia, scontri che continuarono fino a  sera. Ad un certo punto, in via Rizzoli strada che va dalle due torri a piazza  Maggiore vedo un pullman fermo e l’autista stava litigando con un  compagno che aveva bloccato il pullman e non lo faceva passare, la scena  era questa l’autista sbraitava dal finestrino ed un grande grosso  compagno con le braccia aperte che da solo bloccava il pullman, questo  era Maurizio del collettivo San Rufillo (Plasmon). Risultato alla fine  degli scontri due compagni fermati, uno era Plasmon!”.