Attualità

The reclaiming world

Al Vag61 di Bologna, grazie ad un’iniziativa del Centro di salute internazionale (Csi), si intrecciano le proteste scoppiate negli ultimi mesi in Turchia, Brasile, Grecia, Spagna e Bulgaria.

30 Luglio 2013 - 19:02

Dalla Turchia al Brasile, dalla Grecia alla Bulgaria, passando per la Spagna. Ovvero: “The reclaiming world”, come il titolo dell’iniziativa che nei giorni scorsi si è svolta a Bologna, al Vag61, promossa insieme al Centro di Salute Internazionale (Csi) nell’ambito del corso estivo “GlobHe-M” sui temi della globalizzazione, della migrazione e della salute. Un viaggio tra alcune delle proteste scoppiate negli ultimi mesi in diverse parti del mondo, realizzato grazie alle testimonianze degli studenti stranieri protagonisti del corso.

Mobilitazioni diverse sviluppatesi in luoghi distanti, eppure capaci di suonare una sorta di “sveglia” planetaria dal suono unico e inconfondibile. “Le nostre cliniche autogestite sono illegali, le nostre manifestazioni sono illegali, il nostro movimento è illegale, noi siamo illegali”. Dalla Grecia arriva la spinta più decisa. “Siamo illegali” perchè non c’è margine di mediazione con le istituzioni che, a livello nazionale ed europeo, hanno fatto in modo che la crisi mangiasse un Paese pezzetto dopo pezzetto. Sorte toccata anche all’emittente pubblica Ert, chiusa dal Governo, poi occupata e rinata sul web: non è mai stata tanto preziosa come ora, raccontano gli studenti greci.

Il ruolo dell’informazione mainstream emerge con prepotenza anche nel racconto dei loro colleghi brasiliani. Mostrano le prime pagine dei giornali in cui, a poche righe di distanza, si parla dei “vandali” che manifestano in Brasile e degli “attivisti” che scendono in piazza in Turchia. Sullo sfondo una foto della sede del quotidiano “Zero hora”, assediato dai manifestanti e difeso dalle forze dell’ordine. Il passo verso piazza Taksim, pur dovendo scavalcare un oceano, è breve. Gli studenti turchi mostrano le immagini delle strade ricolme di manifestanti e della durissima repressione subita, alternandole con quelle mandate in onda in quei giorni dalle tv: documentari sui pinguini. Non è un caso che proprio un punguino, con tanto di maschera antigas, diventi uno dei simboli delle mobilitazioni che dalla difesa di Gezi park si sono estese alla lotta contro i divieti in tema di aborto e consumo di alcolici.

Gli spagnoli concentrano il proprio racconto sulle lotte per la casa e contro il dramma degli sfratti che stanno martoriando il Paese. Spiegano la “escrache”, la protesta che consiste nel manifestare sotto l’abitazione di chi è responsabile degli sfratti, politici compresi, per segnalarne pubblicamente le responsabilità. Una pratica mutuata dall’Argentina, dove ad essere segnalati erano coloro i quali avevano svolto un ruolo nella sanguinosa dittatura di Videla.

Terminata la carrellata di testimonianze, in un intervento si fa notare che tra le foto delle proteste bulgare si vedono alcuni manifestanti sventolare la bandiera dell’Unione europea. In numerose immagini arrivate dalla Grecia, le stesse bandiere azzurre fanno tutt’altra fine. Tra i manifestanti bulgari c’è chi nutre ancora speranza in una “solidarietà” di stampo comunitario, è la risposta; in Grecia, invece, quando si parla di “troika” non c’è spazio che per il conflitto. L’Europa a cui guardare? “Non l’Europa come istituzione ma come possibile terreno di collegamento tra le lotte”, è un passaggio dell’intervento conclusivo del Csi.