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Studenti al 36 per sistemare dopo l’irruzione della polizia, ma è ancora chiuso

Sulle molestie subite da una ragazza di cui si legge su alcuni giornali: “Responsabile un iscritto all’Alma Mater, munito di badge”. Alle 17 incontro con una responsabile della biblioteca.

13 Febbraio 2017 - 15:00

Nei giorni scorsi “abbiamo visto violare lo spazio che tutti i giorni attraversiamo. La celere ha spaccato tutto lo stabile del trentasei, noi rimetteremo apposto l’edificio. Alle 17 di oggi avremo un incontro con la responsabile della biblioteca, speriamo che ci faccia entrare.” Queste le parole degli studenti, che in mattinata si erano dati appuntamento davanti alla biblioteca di via Zamboni per provare ad accedervi, risistemarla e recuperare gli oggetti smarriti durante le violente cariche della polizia all’interno dei locali avvenute giovedì scorso. Dopo aver trovato nuovamente le porte della biblioteca chiuse, gli studenti si sono recati al civico 32, dove hanno raggiunto l’ufficio della responsabile della biblioteca, che però non era presente. Contattata al telefono, ha dato appuntamento alle 17 di oggi, senza esprimersi sull’eventuale apertura delle porte del “trentasei”.

Davanti alla biblioteca era presente anche un gruppo di studenti ‘anti-Cua’, che sostengono di aver avuto dall’Ateneo, l’autorizzazione a pulire la biblioteca, che sarebbe stata revocata “quando il Cua ha annunciato l’iniziativa di questa mattina”. Per parte loro, gli studenti in mobilitazione affermano che queste “sono persone mai viste al 36”, e aggiungono che “l’Università sta costruendo una fiction, che noi intendiamo smascherare, in cui questi ‘studenti buoni’, in realtà riconducibili al Partito democratico e a Comunione e liberazione, sistemano la biblioteca distrutta dai ‘collettivi cattivi'”. E sulla questione della molestia sessuale di cui fu oggetto una studentessa all’interno della biblioteca – episodio utilizzato come riferimento del presunto degrado dello spazio universitario da una giovane responsabile del Pd e studentessa dell’Alma Mater, che in questi giorni è intervenuta pubblicamente contro la mobilitazione degli studenti – dicono: “non si trattava affatto, in quel caso, di un punkabbestia o di un tossicodipendente che passava casualmente dal 36, bensì di uno studente munito di badge, che fu allontanato proprio da noi studenti. Non è limitando l’accesso al trentasei che la zona universitaria verrà resa più sicura. Anzi questo è il luogo più sicuro di tutta la via, proprio perché è libero, aperto e attraversato dagli studenti che si interessano a come viene vissuto”.

Dalla sua pagina facebook il Cua ha inoltre rinnovato la solidarietà ai due studenti sottoposti agli arresti domiciliari dopo le manifestazioni dei giorni scorsi. Così il collettivo: “Esprimiamo la massima solidarietà ai due studenti, Sara e Orlando, che da sabato si trovano ai domiciliari per aver partecipato alla mobilitazione contro i tornelli installati al 36, poi ampliatasi a comprendere le responsabilità politiche che riguardano Rettore, Sindaco e Questore nella loro decisione di non aprire alcun tipo di dialogo con i manifestanti, mandando invece digos e celerini a sgomberare a forza di manganelli i tanti studenti e studentesse prima dal 36 e poi in strada. La reazione collettiva è stata compatta e determinata nell’impedire che le forze dell’ordine prendessero in ostaggio la zona universitaria, perché essa è e deve rimanere dei tanti giovani che la attraversano e non alla mercé di chi risolve i problemi con la violenza. Il dissenso non si arresta! Sara e Orlando liberi!”