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Speciale / Il diritto alla casa secondo Palazzo D’Accursio

Un approfondimento sulle misure adottate o annunciate dal Comune, che dice di voler “prevenire” l’emergenza abitativa. Un gioco delle tre carte sullo sfondo, drammatico, del Piano casa targato Renzi-Lupi.

10 Settembre 2014 - 09:55

Per il Comune l’emergenza abitativa, a Bologna, non esiste. Il sindaco Virginio Merola nega l’evidenza e dichiara che si fa ancora in tempo a “prevenire” il fenomeno. Come? Nelle ultime settimane dal Palazzo è piovuta un’inedita serie di dichiarazioni, preoccupazioni, annunci sul tema. Ma a guardare le misure sul tavolo nel loro insieme, sembra tanto di assistere al solito gioco delle tre carte: con una mano il Comune nota finalmente che in città ci sono troppi immobili vuoti e dice di volerli censire per trasformarli in abitazioni temporanee, ma con l’altra promuove la costruzione di ulteriori (!) nuovi alloggi Ers (Edilizia Residenziale Sociale) e allo stesso tempo mette in vendita centinaia di appartamenti Erp (Edilizia Residenziale Pubblica). Un valzer di assegni e ruspe: finita la musica, il diritto all’abitare sarà realmente qualcosa di più concreto sotto le Due torri?

Stop Sfatti - © Michele Lapini

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> Il protocollo anti-sfratto

Chi ha il diritto alla casa, lo decide il sindaco? Sembrerebbe questa la linea del Comune di Bologna sull’emergenza abitativa. Si parla di numeri che fanno spavento: 461 sfratti convalidati per morosità nei primi 7 mesi dell’anno, nella sola Bologna. E se da un lato le istituzioni si autocomplimentano per i “successi” del Protocollo anti-sfratti, la realtà ci dice che questo è servito solamente in 40 casi (su 58 domande presentate). L’8% del totale, un successone che ha oltretutto un bell’impatto sulle casse comunali. Circa 400.000 euro che serviranno per non far avere perdite ai proprietari di case: soldi a chi soldi (e case) ha. Il meccanismo è questo: il proprietario rinuncia al 20% della morosità, mentre l’inquilino potrà pagare il restante 80% attraverso un contributo pubblico a fondo perduto pari al 65% (ma con un massimo di 3.000 euro) e per il restante 35% dovrà chiedere alle Fondazioni Bancarie. Lo stesso Comune di Bologna aveva definito un flop il primo accordo, poiché avevano partecipato solamente il 10% delle famiglie. Adesso invece, con la partecipazione dell’8% delle famiglie, viene considerato un successo. A Palazzo d’Accursio, la matematica pare essere un’opinione.

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Presidio contro gli sfratti
Diritto alla casa - © Michele Lapini
Manifestazione per il diritto alla casa

 

 

 

 

 

 

 

 

> Popolazione migrante e case popolari

Dall’altro lato riemerge sempre quel razzismo populista che vorrebbe innescare la guerra fra poveri, in questo caso l’obiettivo sono i migranti. Nonostante che i dati ufficiali ed il rapporto “Bologna Social Housing” affermi il contrario, ancora c’è chi sbraita urlando “prima gli italiani”. Ma le famiglie italiane vengono già prima di quelle migranti: “..l’elevato disagio abitativo espresso dagli stranieri è assai meno soddisfatto di quello espresso dagli italiani(Bologna Social Housing). Le assegnazioni di case popolari a nuclei di origine straniera è pari al 9,4%, il restante 90,6% è assegnato a famiglie italiane. La spiegazione di questa dinamica va ricercata soprattutto nelle condizioni previste dai regolamenti comunali per l’accesso all’ERP. Per esempio, ci sono elementi ritenuti “premianti” che favoriscono nuclei unipersonali, monogenitoriali, anzianità e condizioni di invalidità. Inoltre, coloro che hanno un permesso di soggiorno inferiore a due anni, sono esclusi dalla graduatoria ERP. Il luogo comune per cui le famiglie migranti sarebbero avvantaggiate poichè numerose, è in realtà un ostacolo per l’assegnazione di un alloggio popolare, dato che c’è un’offerta ridotta di appartamenti con dimensioni consone all’accoglienza di nuclei familiari numerosi. Tutto questo di fronte ad una maggiore vulnerabilità della popolazione migrante rispetto al tema dell’abitare: circa il 45% delle domande in graduatorie viene fatto da famiglie straniere, una cifra superiore all’incidenza reale dei nuclei stranieri sul totale della popolazione.

> ERS – Edilizia Residenziale Sociale

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Cantiere Trilogia Navile

Un’altra notizia sventolata come la novità di fine estate, è la costruzione di alloggi di “edilizia residenziale pubblica – ERS” (in inglese Social Housing) nel quartiere Navile. Un contributo di 10 milioni di soldi pubblici che copriranno 1/5 del costo totale del progetto. Con che tempi? Eterni, se si pensa a quanto sarebbero urgenti degli interventi concreti: il Comune conta di affidare i lavori entro la fine del 2014, per poi aprire cantieri che dovrebbero durare altri due anni. Ovvero: per vedere i risultati di questo provvedimento bisognerà aspettare, se tutto va bene, il 2017.
Ma cos’è concretamente l’ERS? Si definisce “alloggio sociale” un’unità immobiliare (pubblica o privata) da concedere in locazione per ridurre il disagio abitativo rivolto a quella fascia di popolazione che può “uscire” dall’ERP, ma che non può permettersi un’abitazione alle condizioni di mercato. Uno strumento che da molti è visto come un “salvagente” per i costruttori, di fronte all’enorme patrimonio edilizio invenduto, avrebbero garantiti i profitti, coperti da soldi pubblici. E per l’inquilino? Solitamente si prevedono canoni di affitto inferiori a quelli di mercato, ma non commisurati al reddito. Inoltre la parte dedicata alla locazione è tendenzialmente pari al 20%, il restante è destinata alla vendita (futura vendita o diretta) a prezzi calmierati. Sull’housing sociale e sulle trappole che esso nasconde, l’articolo di Luca Martinelli su Altreconomia, indaga e approfondisce alcune situazioni nazionali piene di contraddizioni.  Anche se nel Piano Casa si parla di “riutilizzo del patrimonio esistente”, si prevede la possibilità di estendere progetti di ERS anche agli interventi non ancora realizzati e rilasciati entro la data di approvazione del decreto legge nazionale, come il caso di nuove costruzioni nel quartiere Navile. Sarà compito delle Regioni (entro 90 giorni dall’approvazione del Piano Casa) gestire e definire i requisiti di accesso e permanenza, la regolamentazione dei canoni e i prezzi di cessione per gli immobili ERS concessi in locazione con patto di futura vendita.

Con questa operazione, più mediatica che efficace, il Comune di Bologna tenta di sbandierare la sua azione per contrastare l’emergenza abitativa. Dietro si nascondono le solite trame oramai consolidate, tra istituzioni, cooperative e costruttori. Non bisogna per forza essere complottisti per vedere lo “scambio” tra la richiesta di mettere a disposizione unità abitative sfitte (quante? quando?) da parte dei privati, e l’annuncio di un bando di decine di milioni di euro per costruire nuove abitazioni, attraverso il meccanismo dell’housing sociale.

> Occupazioni e disagio abitativo

A Bologna attualmente ci sono 5 stabili occupati: tre gli stabili occupati dal sindacato inquilini Asia-Usb (Ex-Beretta, Ex-Scuole Ferrari e via Irnerio), mentre due quelli di Social-Log (via de Maria e Mura di Porta Galliera). Si aggiunge l’esperimento di crowdhousing nell’Ex-Caserma Masini, anche questa occupata, mentre numerose sono state le occupazioni in Bolognina e anche quelle sgomberate, come lo Studentato Occupato Taksim.

Occupazione via Mura di Porta Galliera - © Michele Lapini
Occupazione via Mura di Porta Galliera
Sgombero Studentato Occupato Taksim
Sgombero Studentato Occupato Taksim

 

 

 

 

 

 

 

Occupazioni abitate da centinaia di persone che di fronte all’emergenza abitativa si sono organizzate per riprendersi il diritto all’abitare. Ma le azioni dalle istituzioni non sembrano interessare questa parte di popolazione, anzi. Per chi è in graduatoria per l’alloggio comunale (ERP), ma che rimane escluso a causa dell’insufficienza dell’offerta pubblica (pari al 6% a Bologna come in Italia, mentre in Francia e Germania si supera il 15% sul totale delle abitazioni), non sembrano ci siano azioni in programma. E se per caso, una famiglia decidesse di occupare uno stabile sfitto da anni per non far dormire i propri figli in strada, allora il Comune di Bologna, li esclude direttamente da tutti i (pochi) meccanismi pubblici, come le graduatorie e gli alloggi temporanei. Già, alloggi temporanei. Perché come adesso lo è il lavoro, anche la casa diventa così un diritto temporaneo con la stravagante idea del Sindaco. Se non hai casa, ti posso affittare una casa ma solo per un anno, dopodichè con un semplice atto amministrativo ti sbatto fuori. La casa, un diritto (forse) ma solo a tempo determinato, finchè vorrà il Sindaco o i palazzinari.

Ex-Scuole Ferrari Occupate
Ex-Scuole Ferrari Occupate
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Ex-Beretta occupato

 

 

 

 

 

 

 

 

> Il Piano Casa

Manifestazione contro il Piano Casa
Manifestazione contro il Piano Casa

Mentre i movimenti sociali hanno portato alla luce la vastità e la gravità del problema casa in Italia, questo è servito al Governo per reprimere e dichiarargli guerra. Il Piano Casa, a firma Lupi, prevede una serie di norme che dichiaratamente hanno come obiettivo quello di ridurre il numero di occupazioni. Come? Principalmente con l’articolo 5, uno dei più criticati sia dai movimenti ma anche da organizzazioni come Unhcr, Avvocati di Strada e Medici per i Diritti Umani. Questo articolo impedisce l’allaccio delle utenze e il rilascio della residenza a chi vive in uno stabile occupato. Un attacco frontale e diretto a tutti quei percorsi di riappropriazione che a livello nazionale hanno dato una casa a migliaia di persone. E’ noto che la residenza è uno strumento essenziale per accedere ai servizi di base, come la sanità e l’istruzione. Negare ciò a migliaia di persone di disagio abitativo, significa cercare di soffocare qualsiasi richiesta di giustizia sociale che provenga dal basso. Molti giuristi hanno sollevato problemi di incostituzionalità e illegittimità di questo Piano Casa, a cui sono seguiti appelli di associazioni e organizzazioni che denunciano i potenziali rischi di questo decreto legge sulla pelle di migliaia di persone.

I movimenti per il diritto all’abitare hanno intrapreso varie azioni per contrastare questo decreto legge che attacca frontalmente le occupazioni. Convertito in legge il 20 maggio 2014, il decreto contiene le misure urgenti per l’emergenza abitativa, le nuove costruzioni ed Expo 2015: non è un caso che siano stati messi assieme. Uno strumento che ha come obiettivo quello di “frenare le lotte per il diritto alla casa, come dimostrano gli sgomberi dei giorni scorsi avvenuti a Roma, Firenze, Torino, Bologna, Salerno e Genova, le campagne di criminalizzazione a mezzo stampa e le spettacolari operazioni giudiziarie contro attivisti e occupanti a Roma e a Torino”, come si legge nella petizione online lanciata dalla campagna nazionale “No Piano Casa”.

Il proseguimento dell’ondata repressiva che ha investito la lotta per la casa, con 111 indagati e 29 misure cautelari. Ne è un esempio l’accanimento giudiziario nei confronti di Paolo di Vetta e Luca Fagiano, due esponenti dei movimenti romani, che da oltre 100 giorni sono agli arresti domiciliari per le loro mobilitazioni contro il Piano Casa. Il 10 ottobre è prevista l’udienza del Riesame per decidere sulle sorti dei due attivisti, ed in contemporanea un presidio di solidarietà promosso dal movimento romano.