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Speciale / Bologna affitta camere ma lascia senza casa

Un’inchiesta sull’invasione di Bed and Breakfast, affittacamere e dimore turistiche, sulla mancanza di alloggi per gli studenti, sulle case in affitto che non si trovano e lo zero assoluto dell’amministrazione comunale.

13 Settembre 2018 - 10:49

A Bologna si comincia a parlare del rischio di una “bolla del cibo”. Sono tanti, troppi gli esercizi commerciali dedicati alla ristorazione aperti in ogni buco libero della città. La bulimia culinaria ha prodotto una vera e propria girandola del consumismo gastronomico che ha causato una radicale mutazione delle sue strade: dai fast food alle tigellerie, dalle sandwicherie alle spaghetterie, dai tortelli a ore alle cucine non stop, dai taglieri pantagruelici alle teglie paradisiache, dai win bar ai pizzakebab, dai ristosushi alle osterie che hanno preso la “H” diventando hosterie. E, alla fine, la cultura del cibo/becchime ha realizzato pure la sua disneyland con l’apertura di Fico.

Fra le tante etichette che ha collezionato nel tempo, Bologna ha mantenuto quella di città-vetrina. In tutti questi anni, attraverso le vetrine dei negozi, la città si è trasformata con una scenografia sottovetro che si è modificata secondo le strategie del cosiddetto “marketing territoriale” di cui l’amministrazione comunale si è fatta vanto. Il risultato di queste “linee guida” è un’occupazione ancora più aggressiva di grandi centri commerciali, supermercati e tanti piccoli market delle grandi catene distributive disseminati ovunque e un turn over sempre più spinto fra sportelli bancari e catene di negozi griffati.

Bologna si è gradualmente trasformata in una città più “usata” (per turismo, fiere, affari, etc) che “vissuta”, con una popolazione residente in buona parte formata da persone benestanti, da migliaia di studenti fuori sede e da una massa in crescita di “cittadini senza cittadinanza”; è una città dominata dall’intermediazione finanziaria e dalla vetrinizzazione forsennata.

Il processo di trasformazione postindustriale della città non è stato guidato dalle forze dell’innovazione (cultura, formazione, tecnologie) ma dalle banche e dalla grande distribuzione commerciale. Sono molti anni che costruttori e finanzieri si disputano, con fare da padroni, pezzi di città, si uniscono in cordate, si spartiscono interi quartieri, impongono “scelte strategiche”, sempre più spesso contro gli interessi dei cittadini. E’ colpa loro se non si trovano case in affitto, se i prezzi sono altissimi, se ogni spazio è stato commercializzato, se ci sono zone intoccabili, se si è di nuovo prodotta una selezione sulla base della condizione sociale.

 

La mancanza di case in affitto

La questione degli alloggi in affitto è sempre stata uno dei problemi sociali più gravi che hanno attanagliato Bologna da decenni.

Nell’aprile del 2018 un’inchiesta dell’Istituto Cattaneo sulle case in affitto ha fatto emergere una domanda “inevasa” da parte di circa 6.000 famiglie, per le quali anche i canoni concordati risultano insostenibili. Sotto le Due Torri, gli alloggi in locazione sono 52.147 e devono soddisfare due domande in forte concorrenza fra loro, quella familiare, con 42.279 nuclei a cui serve un tetto in affitto, e quella studentesca, con 36.000 fuori sede (con i posti negli studentati che ammontano solo 1.600 unità).

Gli alloggi Erp che l’Acer gestisce sono circa 11.000, di cui solo 4/500 all’anno (nelle annate migliori) vengono rimessi in circolo attraverso il turnover, soddisfacendo solo una decima parte delle richieste dei 4.100 nuclei familiari riconosciuti in disagio abitativo.

In più, l’ingresso dei lavoratori (single provenienti da altre regioni o da altri paesi) nel mercato delle stanze in affitto ha destagionalizzato l’offerta. Il numero delle camere in locazione risulta in calo soprattutto in una città come Bologna che presenta maggiori opportunità d’impiego. Se un tempo era soprattutto a settembre il momento in cui i flussi di domanda e offerta si concentravano, oggi questi incroci risultano regolari per tutti i mesi dell’anno. Il risultato è che gli studenti universitari fuori sede che si ritrovano a cercare casa per l’inizio dell’anno accademico hanno a disposizione un minor numero di alloggi che in passato.

Inoltre, c’è da dire che non tutti gli edifici che potrebbero essere disponibili per i normali affitti residenziali, in realtà lo siano. In questi anni, oltre alle case sfitte, circa 2.000 appartamenti sono già stati assorbiti dalla locazione turistica a breve termine e sono entrati nel circuito della piattaforma online Airbnb.

Secondo l’inchiesta del Cattaneo “negli ultimi anni la pressione sul mercato locativo è aumentata a causa di una rilevante crescita delle presenze turistiche in città”. I ricercatori dell’Istituto hanno stimato che il turismo abbia sottratto in due anni circa 2.000 unità abitative a quel mercato locativo cittadino che era già sotto pressione. Nelle pagine della medesima indagine sociologica viene inoltre ipotizzato che “il mercato dell’affitto turistico a breve avrà un potenziale di espansione economica non indifferente, alle attuali condizioni di offerta di alloggi tipo Airbnb potrebbe più che raddoppiare sottraendo altre 2.000 unità abitative”. Questo, supponendo che gli attuali flussi rimangano stabili e si arresti la crescita. In caso di ulteriore espansione con gli attuali tassi, l’offerta può triplicare in poco tempo” E sarebbero così 6.000 le abitazioni tolte dal mercato dell’affitto tradizionale.

Sui dati c’è un po’ un balletto delle cifre. Quelli dell’indagine dell’Istituto Cattaneo li abbiamo appena pubblicati, poi c’è quello della piattaforma Airbnb che per Bologna parla di 1.700 alloggi che sono stati calamitati nel circuito.

Per David Pierinnelli dell’Asppi, l’associazione sindacale dei piccoli proprietari immobiliari, “essendo aumentato il turismo, molti titolari di alloggi preferiscono gli affitti brevi: guadagnano 60 euro al giorno e hanno sempre a disposizione l’immobile, senza il pensiero dello sfratto; in questo modo sono uscite dal mercato circa 3/4.000 abitazioni”.

Se guardiamo invece i numeri del servizio della Regione “Er Statitistica”, l’ultima rilevazione del 20 aprile 2018 dà questi risultati:

– Bed and Breakfast 340 a Bologna, 725 nell’area metropolitana;

– Alloggi in affitto breve gestiti in forma imprenditoriale 532 a Bologna, 699 nell’area metropolitana;

– Case per ferie 27 a Bologna, 33 nell’area metropolitana.

Questi dati, sicuramente inidonei per dare una lettura fedele di quello che avviene nella realtà, certificano il numero esagerato di conduzioni di B&B effettuate in nero, con una buona metà di alloggi che risultano fantasmi per gli elenchi ufficiali. E’ da segnalare che tra gli obblighi dei conduttori di locazioni a breve termine, uno dei più importanti sarebbe la comunicazione statistica alla Regione.

Celso De Scrilli, che è il presidente di Fedralberghi, sostiene che solo il 25% delle strutture di B&B sono in regola con la Dia, la dichiarazione di inizio attività. Certo, lui è una persona che ha interessi parecchio contrastanti con chi fa “condivisione in famiglia”, ma pur facendo la tara a questo dato, si tratta di percentuali che dovrebbero far pensare.

E parliamo di un’attività che, in regola, frutta già dalle tre alle cinque volte di un affitto a canone concordato, ragionando di una casa affittata al giorno a un prezzo medio e occupata 232 giorni l’anno (dato mediano per la città).

 

La lunga storia di una speculazione

Il fatto di essere una città universitaria, con la presenza di molti studenti fuori sede, ha generato da decenni ripetuti fenomeni di strozzinaggio e di affitti in nero su camere e posti letto, producendo situazioni di vessazione e di disambientamento tra i giovani universitari. Insieme al costo e al malservizio delle mense e alla mancanza di spazi di aggregazione, il problema della casa fu tra le ragioni principali della rivolta giovanile del ’77.

Ma pure dopo quel grande moto di protesta, nei quarant’anni successivi, tante situazioni di speculazione sulle locazioni non sono mai state affrontate e intaccate dall’amministrazione comunale che tra le sue prerogative dovrebbe avere quella delle politiche abitative. Il persistere di questi fenomeni lucrativi ha, di fatto, completamente drogato il mercato dell’affitto privato.

I proprietari di casa hanno sempre preferito affittare a camera e a posto letto agli studenti, guadagnando due/tre volte tanto, piuttosto che affittare gli appartamenti alle famiglie. In questo spalleggiati anche dal Comune che ha sempre favorito percorsi per la casa in proprietà invece di progetti per alloggi ad affitto sociale.

Con la precarietà che è diventata una condizione esistenziale e lavorativa e con la crisi che, dal 2008, ha aggravato le condizione sociale di tante persone, comprare una casa per i più è diventato un miraggio. Del resto, politiche serie di edilizia popolare, sia a livello nazionale che a livello locale, non ce sono state dalla fine degli anni Settanta.

A questa situazione che si è andata via via aggravando nel corso del tempo, negli ultimi anni, si è aggiunto un fenomeno dirompente che ha sparigliato ancora di più le carte.

Parliamo di una vera e propria invasione di bed and breakfast, affittacamere, residenze, dimore turistiche che si sono moltiplicati come funghi, da quando la città ha scelto la vocazione turistica come sua caratterizzazione principale e come motore dello sviluppo economico per i prossimi anni.

Per farsi un’idea sulla consistenza di questa impennata basta camminare in centro storico buttando l’occhio ai campanelli dei diversi numeri civici e se ne possono trovare tre o quattro nella stessa via.

Ci sono tanti altri casi, però, dove non c’è nemmeno una piccola targhetta sul citofono tra i nomi degli inquilini. Questo significa che, alla faccia di tutte le paranoie legalitarie di questa città, l’abusivismo da home-sharing è dilagante. Questo significa che gli abusivi non sono iscritti ad alcun registro, non pagano le tasse, e non rispettano gli obblighi a cui sarebbero tenuti i conduttori di B&B.

Per avere conferma abbiamo fatto una piccola inchiesta/esperimento che non vuole avere nessun riconoscimento scientifico ma che può essere utile per capire le caratteristiche del fenomeno. Abbiamo suonato dieci campanelli di bed and breakfast in orari di pranzo e cena, per otto non ha risposto nessuno. Per uno, l’inquilino della porta accanto ha spiegato: “I proprietari non abitano qui. Vengono solo quando devono far vedere la casa a un affittuario. Se vuole informazioni, telefoni al numero che trova sulla targa”.

Nell’altro, alle 10 di mattina, una ragazza straniera che stava sistemando le stanze ci ha risposto: “Il padrone non c’è, lui non abita qui”.

Il Bed and Breakfast o B&B dovrebbe essere la classica sistemazione in casa privata con servizio di camera e prima colazione e nella grande maggioranza dei casi con bagno privato. A tal proposito, nel 2004, la Regione Emilia-Romagna emanò la legge n.16/ che all’art.13 dichiara: “Si intende per esercizio saltuario di alloggio e prima colazione e può assumere l’identificazione di bed & breakfast l’attività di ospitalità e somministrazione della prima colazione nell’abitazione di residenza o abituale dimora, avvalendosi della propria normale conduzione familiare e garantendo la compresenza con gli ospiti, avvalendosi della normale conduzione familiare, senza la fornitura di servizi aggiuntivi e in ogni caso senza organizzazione in forma d’impresa, in non più di tre stanze e con un massimo di sei posti letto, più un eventuale letto aggiunto per stanza in caso di minori di dodici anni. L’ospitalità può essere fornita per un massimo di centoventi giorni nell’arco del periodo di disponibilità all’accoglienza o, in alternativa, per un massimo di cinquecento pernottamenti nell’arco dell’anno solare. Il marchio d’identificazione B&B, sulla base del modello approvato dalla Regione, può essere affisso all’esterno dell’abitazione… L’attività è intrapresa a seguito di segnalazione certificata di inizio attività al Comune in cui l’abitazione è ubicata ed è esercitata nel rispetto delle vigenti norme e prescrizioni in materia edilizia, urbanistica, di pubblica sicurezza, igienico-sanitaria e di destinazione d’uso dei locali”.

Tutto questo per dire che, oltre all’entità dell’abusivismo, la ratio della legge che avrebbe dovuto regolamentare questo settore oggi ha praticamente solo il valore della carta straccia.

 

B&B gestiti con modalità imprenditoriali

Del resto che il B&B non sia più un’idea non troppo impegnativa, adatta ad arrotondare lo stipendio o la pensione, lo dimostra il fatto che si formano associazioni come Local Pal (significa “amico del posto”), un gruppo che è nato sui social network, per aggregare in un unico spazio le persone che ospitano turisti, e che su Facebook ha superato da poco i 500 membri. Local Pal intende aiutare gli host, che mettono a disposizione dei turisti la propria casa, perché, come sostiene il suo referente: “Fare home-sharing in regola è molto complesso, ci muoviamo in una selva di norme e regole, spesso contraddittorie e obsolete. Anche chi affitta saltuariamente la stanza degli ospiti con la formula del B&B, si trova una quantità di adempimenti assurdi, per non parlare delle tasse che ci tolgono metà di quello che guadagniamo”.

Un’altra modalità di gestione è la piattaforma Airbnb che si occupa per il proprietario del sistema di pagamento della pigione, attraverso PayPal, deposito diretto o bonifico internazionale. Il proprietario non dovrà maneggiare direttamente i soldi. Gli ospiti pagano prima del loro arrivo, mentre il proprietario riceverà automaticamente l’importo dopo il check-in, meno i costi del servizio pari al 3%. Airbnb si occupa di calcolare, riscuotere e inviare pure le tasse di soggiorno al posto del proprietario dell’immobile. Inoltre, mette a disposizione degli utenti alcuni strumenti utili per pubblicare un annuncio efficace. I prezzi smart, per dire: una volta stabilito un prezzo minimo e uno massimo, attivando l’opzione prezzi smart, Airbnb stabilisce, in base alla domanda, il prezzo più adeguato per l’alloggio da affittare. Sul sito c’è anche una piccola sezione di consigli su come creare un annuncio esauriente e come curare le foto che, rispetto agli altri siti, devono far sembrare più belle le location, scartando immagini brutte o sfocate dei posti.

Infine c’è da dire che dal 21 giugno 2011 è in vigore il nuovo codice del turismo (d.lgs. n. 79) che ha introdotto il Bed and Breakfast a carattere imprenditoriale. Pertanto dall’anno 2011, le persone che vogliono avviare un’attività di Bed and Breakfast hanno a disposizione due tipologie:

– i classici B&B a carattere familiare, dove è previsto alloggio presso la propria residenza e offerta di cibi e bevande preconfezionate a colazione;

– i B&B a carattere imprenditoriale.

Queste forme di gestione imprenditoriale di alloggi ad affitto breve oggi cominciano ad avere una certa consistenza. Diverse sono le società che amministrano più di dieci abitazioni.

Il caso più eclatante a Bologna è quello della Halldis S.p.A., società italiana leader nella locazione temporanea di immobili gestiti per conto dei proprietari e affittati per uso turistico ed esigenze di lavoro con oltre 1.850 proprietà in 25 località europee. Fa parte del Gruppo Windows on Europe e in città amministra 74 appartamenti.

Il suo ceo Alberto Melgrati ha dichiarato: “Il settore delle locazioni a tempo è in crescita, e può essere un volano per l’economia e per il turismo non solo delle città, dove la casa che non è prima abitazione spesso rappresenta per i proprietari, più che una fonte di reddito, un problema in termini di burocrazia e gestione. Per quanto riguarda i soggiorni al di sotto dei 30 giorni, spicca un incremento generale progressivo a Bologna di un +12%… Il settore degli affitti brevi è l’indicatore dei cambiamenti epocali che caratterizzano le persone, il loro modo di viaggiare, lavorare, vivere la città. C’è una definizione che ci piace: quella di cittadino temporaneo”.

Ci mancava solo “l’utopia concreta” dell’affittacamere seriale e del suo “cittadino temporaneo” che vive negli alloggi con mobilia Ikea, mangiando merendine kinder o barrette da macchinetta. Adesso abbiamo veramente fatto il pieno. Il dramma è che sono personaggi del genere a disegnare il futuro di questa e di altre città.

 

Un triste primato contro gli studenti

Come abbiamo già scritto tante altre volte, la precarietà abitativa attraversa vari gruppi sociali e, nella nostra città, è in continua espansione, producendo una forte crescita delle disuguaglianze.

Le difficoltà a sostenere i costi per l’affitto contribuiscono ad acuire molte situazioni di disagio economico e sociale.

Negli ultimi tempi Bologna ha conseguito un primato che fa a pugni con il prestigio che la sua Università continua ad avere: è diventata la città italiana dove in assoluto gli studenti universitari hanno più difficoltà a trovare una stanza o un appartamento in affitto. In più è la terza città in Italia per i costi più elevati per gli affitti agli studenti. I prezzi delle camere singole sono lievitati del 12% nell’ultimo anno (399 euro costo medio). Il mercato delle locazioni per gli universitari registra un calo dell’offerta del 9% e un aumento della domanda del 10% (gli studenti fuori sede erano già cresciuti nel 2017 a 35.582 unità, nel 2018 sono passati a 36.461).

Quest’anno poi, dopo il boom ai test di ingresso per le facoltà a numero chiuso, anche i numeri sulle preiscrizioni indicano una crescita dell’interesse a frequentare l’Università di Bologna. Si tratta degli studenti che si preiscrivono per partecipare ai test locali. Il dato non è definitivo, perché le preiscrizioni rimarranno aperte fino a dicembre, ma il confronto con l’anno scorso, secondo il rettorato, vede un incremento del 10%.

Questi dati dimostrano che la situazione abitativa, già grave per i giovani fuori sede, rischia di peggiorare ancora di più. Da tempo sono preannunciate mobilitazioni e proteste e su tanti organi di informazione è già scoppiato il caso.

Non è mai stato facile trovare casa per uno studente, ma ultimamente a Bologna è diventata un’impresa: con il boom del turismo molti alloggi sono stati sottratti al mercato degli affitti “ordinari” per essere immessi nel circuito degli affitti turistici.

Presto cominceranno le lezioni e centinaia di studenti non hanno ancora trovato casa.

Il mercato degli affitti per studenti, con la scarsità di possibilità alternative offerte da campus e studentati, rimane una vera e propria gara a ostacoli con prezzi salatissimi. Le “selezioni” degli inquilini sembrano dei veri e propri casting. Per accedere alle stanze le garanzie richieste, con o senza agenzia, sono davvero tante: contratto lavorativo a tempo indeterminato come garanzia dei genitori, e in alcuni casi è necessaria la dichiarazione Isee.

Per quelli che l’alloggio l’hanno trovato, il 44% vive in stanze doppie e del 10% abita in alloggi affittati in nero.

Adesso l’Università sta dicendo che c’è bisogno di studentati, ma in tutti questi anni in cui il fenomeno stava lievitando dov’era? A pascolare le pecore? Si parla di progetti per nuovi 1.000 posti, poi si ammette che sono ampiamente insufficienti, “ma non ci sono le forze per farne di più”.

 

Lo zero assoluto dell’amministrazione comunale

(Comune Palazzo D'Accursio - foto Zic)L’amministrazione comunale che fine ha fatto? Sono più 30 anni che non si portano avanti politiche serie di edilizia popolare e studentesca. In tutto questo tempo non si sono volute compiere scelte per la realizzazione di alberghi popolari, studentati, residenze collettive a basso costo (anche di piccole dimensioni). Non si è pensato che questo potesse essere un modo intelligente per dare risposte pubbliche a nuove domande (differenziate) di alloggio. La realizzazione di strutture collettive, dove chi viene a Bologna temporaneamente per lavorare o per studiare abbia la possibilità di trovare un alloggio senza dovere sottostare allo strapotere della rendita parassitaria, poteva essere anche un modo per togliere “clienti” agli strozzini degli alloggi, ma è sempre stata osteggiata da tutte le amministrazioni comunali che si sono succedute negli ultimi mandati. Niente è stato fatto! Zero assoluto!

La città ufficiale, nei fatti, ha ritenuto che ogni nuova inclusione sociale potesse essere una minaccia al cosiddetto “benessere felsineo” e alla “bolognesità”.

In linea con i suoi predecessori anche l’attuale amministrazione comunale è pressoché assente in tutta questa partita. Ha commissionato un’indagine all’Istituto Cattaneo, nessuno sa come si vorranno utilizzare le notizie che sono state recuperate sulla situazione abitativa. Ancora una volta tutto è delegato al mercato, la realizzazione di due nuovi studentati privati all’ex Telecom in via Fioravanti e all’ex Fervet in via Serlio sono salutati come due grandi eventi. Non si ha nessuna preoccupazione su quelli che saranno i costi delle tariffe che le due multinazionali immobiliari praticheranno per quei posti letto.

Così come, e il fatto è ancor apiù grave, nessuno degli amministratori locali si è preso la briga di governare questa esplosione di locazione turistica e di fronteggiare i problemi che ne sono derivati come conseguenze.

Del resto non è che le forze politiche che siedono sui banchi di Palazzo d’Accursio siano più attente o fungano da stimolo nei confronti della Giunta. Andando a vedere tra gli atti consiliari, sembra che solo Coalizione Civica abbia sollecitato una discussione sulle politiche dell’abitare con la presentazione di alcuni ordini del giorno e di due interpellanze.

E’ nel rispondere a una di queste interrogazioni che si sono potute ascoltare alcune perle di saggia lungimiranza da parte dell’ineffabile assessora alla Casa, Virginia Gieri:

“Bologna è una città particolare… la realtà bolognese è una realtà molto diversa da altre città, anche della nostra regione, perché la città di Bologna oggi si trova a dover dare risposte a un mercato che chiede cose molto diverse: quindi abbiamo il mercato della locazione che ci chiede un aiuto di alloggi a basso canone, alloggi a medio canone, alloggi da gruppi diversi: studenti, turisti, famiglie appena arrivate e anche famiglie di bolognesi che per ragioni economiche e per ragioni anche di scelta, non intendono affittare casa. Guardate che il numero di studenti, sommato al numero di turisti e di famiglie che richiedono casa a Bologna è veramente un unicum, Padova un po’ assomiglia ma non come Bologna. (…) Abbiamo raggiunto un buon risultato e noi siamo convinti, tutte le altre ce lo dicono, che su Bologna esiste un deficit di stock di abitazioni, anche per le nuove richieste che provengono dal turismo, ma non solo, dalle famiglie nuove e dagli studenti. Come risolvere questo? Lo dico con grande semplicità, partendo intanto dallo sfruttare al meglio quello abbiamo. Io sono molto d’accordo con l’Università che sta lavorando anche sullo stimolo agli studenti rispetto al fatto di poter utilizzare i comuni limitrofi, quindi favorendo abbonamenti a prezzo contenuto, insomma tante operazioni, anche perché l’area metropolitana esiste e si può abitare fuori Bologna e raggiungere così Bologna spendendo meno. (…) Noi vogliamo Bologna rimanga una città universitaria, non vogliamo che questa crisi di alloggi ci faccia perdere risorse fresche, intelligenze, e quindi che i nostri studenti non possano venire da tutta Italia e dall’estero nella nostra città, quindi tutto questo lavoro va fatto assolutamente insieme, analogamente col turismo. (…) Io più risorse avrò a disposizione per mettere in campo politiche e strumenti che liberino anche il mercato e risorse sul tema casa e più sono ovviamente contenta che questo venga fatto. (…) L’ambizione di Bologna è riuscire sì a sperimentare qualcosa di nuovo, ma, nel momento in cui mettiamo a frutto tutto il nostro patrimonio pubblico, dobbiamo affacciarci al mercato sapendo che è un mercato e quindi normandolo per quello che è normabile…”.

Che la Gieri in quanto a pochezza, o meglio inesistenza politica, sia una vera campionessa è indubbio. Ma che la città di Bologna dall’epoca di Castruccio di Castracani sia costretta ad avere dei “politicamente inabili” a fare gli assessori alla casa, questo perché? Ci sono delle ragioni a questa penitenza che ci viene fatta espiare?