Attualità

Spagna / “Guanyem Barcelona”: Cosa vuol dire vincere Barcellona?

Nuovo approfondimento per Zic.it dal capoluogo catalano: la Plataforma de los Afectados por la Hipoteca (Pah), la figura di Ada Colau e lo snodo delle amministrative del 2015.

07 Luglio 2014 - 17:48

1. Come Terminator 2

Foto 1 - Logo GuanyemAvete presente il dibattito all’interno della sinistra istituzionale e della Lista Tsipras a partire dal giorno successivo alle elezioni europee? Quanto segue non c’entra assolutamente nulla.

Ciò non significa che nella piattaforma “Guanyem Barcelona”, in italiano “Vinciamo Barcellona”, non ci siano delle ambiguità, ma significa che queste sono diverse da quelle che ci siamo abituati vedere nel contesto italiano. E’ diverso il contesto di movimento espressione della piattaforma, il contesto politico, è diverso il tipo di elezioni, le premesse, le promesse, la composizione, lo stile.

Foto 2 - Terminator 2Pertanto il suggerimento è quello di chiudere il file, schiacciare CTRL+ALT+CANC, terminare il programma, riavviare il computer, inserire il disco di ripristino, formattare, spegnere il computer, chiuderlo, inserirlo in una busta di plastica, andare in auto, avviare l’auto, guidare prudentemente cercando di non fare incidenti che possano provocare fuoriuscite radioattive, recarvi alla più vicina acciaieria e infine gettare il computer nella prima vasca di lava pronta all’uso che vi trovate di fronte, come se si trattasse del finale di Terminator 2.

A questo punto, se avete visto il film, sapete che “esiste ancora un chip. E deve essere distrutto anche quello”.

Non è il caso che ci buttiamo tutt@ nella vasca di lava, ma teniamone conto.

2. Le dimissioni di Ada Colau dal ruolo di portavoce della Pah

All’inizio del mese di maggio Ada Colau, attivista della PAH (la Plataforma de los Afectados por la Hipoteca) ha dichiarato in una lettera pubblica di voler interrompere, dopo cinque anni, il suo ruolo di portavoce del movimento.

Foto 3 - Ada Colau e la PahAda Colau ha abbandonato il suo ruolo di portavoce attraverso una lettera inviata alla mailing list della PAH  (che può essere letta qui) e trasmessa attraverso i media. Cinque anni di attivismo l’hanno resa un personaggio mediatico, capace di catalizzare l’attenzione dei del dibattito politico: la legge di iniziativa popolare presentata al parlamento dalla PAH e la sua apparizione in parlamento hanno fatto sì che Ada Colau diventasse un simbolo. Nella lettera è scritto che ciò non è stato necessariamente un male per il movimento, anzi, ha concesso molta visibilità che ha reso possibile un’espansione del movimento. Tuttavia la presenza di un personaggio mediatico ha rischiato di portare incomprensioni al suo interno.

Alla rinuncia al ruolo di portavoce, Ada Colau ha aggiunto: «Come cittadina, sarò felicissima di appoggiare e partecipare a processi ampli che tentino di ottenere un cambio reale nelle forme del fare politica. Spero che saremo capaci di creare nuovi dispositivi che ci permettano di riappropriarci delle istituzioni per fare che siano veramente utili al bene comune, ne va della vita nostra e dei nostri figli e delle nostre figlie. Stiamo vivendo un cambio d’epoca, un momento storico di crisi del regime; quelli che occupano il potere lo sanno e ci hanno dichiarato definitivamente guerra”.

Poche settimane dopo, passate le elezioni europee, negli stessi giorni in cui Juan Carlos ha abdicato al trono di Spagna, si è iniziato a discutere della candidatura di Ada Colau all’ayuntamiento di Barcellona, per le amministrative del prossimo maggio 2015.

3. Il distacco dai partiti e dai grilli parlanti

La candidatura di Ada Colau non è ancora ufficiale, ad essere ufficiale e già effettivo è il percorso che si sta intraprendendo.

Innanzitutto è stata creata la piattaforma di Guanyem Barcelona come soggetto promotore della campagna con la responsabilità di mobilitare soggetti sociali e cittadinanza attiva. La piattaforma è dunque uno spazio di possibile partecipazione per chi vuole partecipare al progetto. L’obiettivo a breve termine è quello di raccogliere entro settembre circa 30.000 firme di appoggio e a partire da quel momento agire in termini ufficiali.

La giornata di presentazione di Guanyem Barcelona ha visto la partecipazione di quasi duemila persone, con altrettanti utenti connessi alla diretta streaming. Il video della giornata, in catalano, è stato visualizzato novemila volte in cinque giorni e si trova online a questo link.

Come si legge sul comunicato ufficiale, l’obiettivo dichiarato di Guanyem non è quello di un’unità  dei partiti, bensì quello di creare una confluenza delle forze sociali» non in vista delle elezioni, ma della «vita di tutti i giorni».

Tuttavia, mentre le testate di movimento mostrano una maggiore attenzione alle caratteristiche della piattaforma, i giornali principali puntano comunque l’attenzione sul nodo delle alleanze, riguardo alle quali le riflessioni all’interno di Guanyem sono molto nette: in un’intervista al Pais, Ada Colau ha spiegato che nessun patto può essere stretto con il vecchio “regime”, rappresentato da PP e PSOE o dal catalano CiU,  colpevole delle politiche di tagli e di casi di corruzione.

Le possibilità per una confluenza elettorale riguardano le relazioni con la CUP (partito indipendentista della sinistra catalana), Podemos e Procés Constituyent, mentre ICV (partito ambientalista) e ERC (della sinistra indipendentista catalana), non essendo riconducibili al fenomeno della corruzione sono chiamati a scegliere se «cambiare o schierarsi dalla parte del regime».

Ufficialmente nessun “inciucio” quindi. Ciò non vuol dire però, come ci ha abituato il M5S, che vi sia un’ambiguità in campi fondamentali, come ad esempio l’antifascismo, per accaparrarsi più voti possibile.

Quest’ultimo  elemento non è  invece mancato nella campagna elettorale di Podemos, il partito che ha sorpreso nelle ultime elezioni e in cui in molti vedono un soggetto in grado di produrre un cambiamento: durante la campagna elettorale il leader Pablo Iglesias ha espresso giudizi piuttosto favorevoli rispetto a Jorge Verstrynge, ex segretario di Alianza Popular (formazione di destra). Una mossa che ha causato la reazione degli stessi attivisti di Podemos e che sembra dimenticata oggi dopo che, nel discorso al Parlamento Europeo, Pablo Iglesias ha fatto esplicito riferimento all’antifascismo e parla di “orgoglio” nei confronti dei manifestanti di tutte le piazze europee degli ultimi anni. Tuttavia la politica istituzionale è fatta di questi pericolosi sbandamenti, spesso dovuti ad una tattica e non ad una svista.

Ad ogni modo, pur volendo derubricare questo passaggio come una “leggerezza”, è comunque impossibile non notare come il richiamo di Podemos ai movimenti si limiti alle istanze e non alla sperimentazione di nuove forme di politica. Al contrario: il partito (che in questo senso è un partito “classico” a tutti gli effetti) è fino ad ora strettamente legato alla figura del suo leader carismatico, diventato un protagonista mediatico già prima dell’ultima campagna elettorale.

Il lavoro che la piattaforma Guanyem sta svolgendo è quello di ridurre questa possibile ambiguità. Nelle intenzioni del progetto la figura di Ada Colau non assume su di sé un ruolo messianico, né la piattaforma non vuole essere completamente schiacciata attorno alla sua leader. Rimane da vedere (ed è storia dei prossimi mesi) se la struttura della piattaforma sia in grado di incentivare la partecipazione attiva e non una semplice adesione degli attivisti.

Foto 4 - Presentazione Guanyem BarcelonaAnche le istanze promosse nei comunicati di Guanyem possono destare dubbi, specialmente se lette con uno sguardo “italiano”, abituato alla retorica del M5S. Diverse delle istanze ricordano  infatti alcuni passaggi della retorica grillina: «Vogliamo un’autentica democrazia metropolitana, che obblighi ai rappresentanti a comandare obbedendo. Una democrazia con decentralizzazione ed elezione diretta dei consiglieri e dei consiglieri di distretto, con controllo sociale sui presupposti ed iniziative, consulte cittadine vincolanti che aiutino a prendere decisioni condivise e legittime».

Probabilmente conscia di questo rischio, in una recente intervista Ada Colau ha fatto un riferimento più o meno esplicito allo stile di politica di Beppe Grillo e del M5S, distaccandosene: «Stiamo immaginando l’idea di mandare nelle istituzioni gente che abitualmente non lo fa, che si è mantenuta in settori professionali o delle associazioni di vicino o collettivi sociali, però abbiamo deciso farlo con l’obiettivo di vincere. Non vogliamo andare all’ayuntamiento per avere qualche consigliere o fare da Grillo parlante, ciò che vogliamo fare è iniziare a cambiare le cose e dimostrare che si può fare in una forma differente».

“Vincere”, pertanto, non vuol dire (solo) accedere ai seggi più alti del comune di Barcellona, ma anche vincere per imporre, attraverso la forza sociale, un cambio nelle regole del gioco, in risposta a quella che viene letta, tanto più a seguito delle elezioni europee, come una crisi del principio della delega elettorale e una crisi del “regime”.

Tra Guanyem e il fenomeno del grillismo rimane comunque un’ulteriore differenza fondamentale: quella di aver partecipato attivamente alle lotte (reali, non simulate) degli ultimi anni. Anche per questo motivo è del tutto assunto che non basta una sedia da sindaco per piegare le forze delle multinazionali.

La critica che Guanyem porta avanti si ispira infatti alle lotte della PAH che, pur basandosi su un nodo specifico come quello della lotta per la casa, sono portatrici di una critica radicale ad un intero  modello di “sviluppo” legato ad una rete di complicità tra istituzioni e poteri finanziari.

Guardare alle pratiche e ai percorsi politici di questo movimento consente piuttosto di identificare il contesto da cui la candidatura emerge e quali sono le forze che possono potenziarla.

Una spinta che rappresenta anche un vincolo: non si scherza con la PAH.

4. Il motore della Pah

Foto 5 - Manifestazione a prac¦ºa catalunyaLa PAH è un movimento nato nel 2009 esploso in tre momenti significativi: la campagna Stop Desahucios (“Stop agli sfratti”) del finale del 2010, il movimento #15M e la presentazione di una legge popolare nel 2012.

L’obiettivo del movimento è quello di porre fine all’emergenza abitativa su tutto il territorio spagnolo e imporre il diritto alla casa. Pur nascendo a Barcellona, la PAH si pone infatti su un piano quantomeno nazionale, anche se i alcune delle istanze del movimento vengono riprese a Roma e si stanno espandendo in Portogallo, dove la PAH ha avviato recentemente un autentico tour mandando diversi attivisti a Porto, Coimbra e Lisbona. Dopo cinque anni di movimento la piattaforma conta più di 200 nuclei attivi in tutto il territorio spagnolo. Per farsi un’idea del suo percorso è utile vedere il documentario “La Plataforma” (quasi tutto in castigliano) prodotto da Sicom TV, disponibile a questo link.

Foto 6 - Escrache dal profilo fb Pah BarcelonaL’emergenza abitativa spagnola non è solo dettata dalla crisi che sta colpendo con particolare violenza i paesi del sud-europa, ma anche dalla congiunzione di uno specifico processo di sviluppo immobiliare accompagnato da un quadro di de-responsabilizzazione delle istituzioni (cittadine, regionali, statali), incapaci di mettere un freno ai processi di speculazione in atto. Il campo di azione individuato dal movimento non si limita dunque alla tema della casa, ma mette in discussione un intero sistema economico. Le azioni della PAH pertanto riguardano tanto alle istituzioni pubbliche, quanto le banche.

La forma di attivismo e di presa di parola è drastica: la protesta viene portata avanti in forma del tutto pacifica, puntando l’accento sulla comunicazione dei temi sviluppati dalla piattaforma.

Può piacere o no ma la modalità non violenta della PAH è una delle condizioni che rende possibili il movimento; può piacere o no ma la modalità non violenta della PAH va contestualizzata per non essere scambiata per un feticcio.

La forma radicalmente non violenta rende possibile la partecipazione di famiglie, anziani, disabili, migranti, ossia dei soggetti che maggiormente che vengono colpiti da ingiunzioni si sfratto. Per questo motivo la PAH può essere definito a tutti gli effetti un movimento intragenerazionale e meticcio.

Il pacifismo dell’organizzazione è anche usato strumentalmente per non fornire scuse, ai soggetti interpellati, per cambiare discorso e non rispondere alle questioni poste dal movimento. Ciò non toglie che i rappresentanti del PP e PSOE abbiano più spesso definiti “violenti” i metodi utilizzati dagli attivisti della piattaforma in maniera del tutto pretestuosa, al punto che nella protesta contro l’esponente del PP, Gonzalez Pons, il dibattito sulla supposta violenza della PAH si è concentrato sul fatto che gli attivisti avrebbero salito i gradini della sua casa chiamandolo “criminale”.

Foto 7 - PahDi fronte alle accuse di violenza verbale e minaccia del dirigente del PP, la giudice incaricata interpellata ha dovuto sottolineare che si trattava di un «legittimo esercizio del diritto alla libertà d’espressione» e che nel caso delle due persone che hanno suonato il campanello della casa non potevano essere imputate di minacce o insulti. Tali proteste, difficilmente stigmatizzabili secondo i canonici schemi delle testate giornalistiche, hanno avuto il merito di mantenere alta l’attenzione sui temi della protesta segnalando chi invece si è fatto tramite di una violenza ben più evidente, come quella di chi ordina uno sfratto.

Le campagne di escrache (di cui a questo link è possibile trovare un pratico “kit”) portate avanti contro personaggi politici e contro istituti finanziari hanno come obiettivo l’emersione di un problema altrimenti tenuto sotto silenzio: il problema degli sfratti è infatti un problema che ricade individualmente sui soggetti interessati. Inoltre è poco presente nelle cronache, difficile pertanto che si crei un contesto in cui soggetti diversi si riconoscano. Infine è legalizzato e coperto dagli apparati istituzionali, cosa che comporta una maggiore difficoltà nel produrre ricorsi.

Gli escrache rendono pertanto pubblico un comportamento che, pur essendo legittimato dalla legge, viene dichiarato illegittimo.

Gli attivisti conducono quindi dei blitz all’interno delle banche chiedendo di parlare con il direttore in merito ad una particolare ingiunzione e mettono in crisi il volto amichevole degli agenti bancari, letteralmente mostrando come questo si tramuta in violenza e minacce nel momento in cui le persone non riescono a pagare il mutuo.

In un contesto in cui l’immagine politica ha un valore centrale tanto per le banche quanto per per le istituzioni, gli escrache consentono di sollevare casi mediatici che mettono in cattiva luce la controparte. L’immagine della banca viene macchiata, l’affidabilità e la trasparenza dei suoi servizi messe in discussione ed è quindi proprio in virtù di questo emersione pubblica del problema degli sfratti che le banche vengono effettivamente costrette a negoziare.

Forse anche per questa capacità di affrontare direttamente i poteri bancari che l’escrache è stato definito da Rajoy (primo ministro e leader del Partido Popular) una pratica “profondamente antidemocratica”. Il PP d’altronde è stato un soggetto fondamentale per la legittimazione delle azioni delle banche, bloccando la legge popolare contro gli sfratti presentata dal movimento in sede istituzionale. Per questo motivo l’ultima campagna di escrache ha sfruttato la visibilità della campagna elettorale sferrando un attacco diretto al Partito Popular con un messaggio netto: se voti il PP , voti a favore di chi ha bloccato la legge popolare, voti a favore degli sfratti (questa l’ultima azione della campagna).

Ogni azione della PAH viene fatta e pensata in forma collettiva, una cosa resa possibile anche attraverso ad un’organizzazione territoriale. Ciò è vero non solo per gli escrache, ma anche per i primi momenti in cui un afectad@ si rivolge agli attivisti.

Le persone che si rivolgono alla piattaforma sono di norma ignare del processo burocratico e legislativo di uno sfratto, cosa in realtà è dovuta alla scarsa trasparenza da parte delle banche. Al contrario, gli attivisti della piattaforma sono assolutamente informati tanto dei limiti delle attività bancarie, quanto dei diritti degli ipotecati. Tuttavia il momento di divulgazione delle informazioni non è personale.

Questo si svolge infatti in forma collettiva, attraverso assemblee comuni, in modo tale da rompere il meccanismo individuale e mettere la persona coinvolta in condizione di percepirsi all’interno una situazione tutt’altro che isolata. Si tratta di un meccanismo consente di superare il senso di colpa così comune in chi si rivolge agli attivisti, facilitando un processo di solidarietà tra persone con problemi simili e aprendo così alla possibilità che una richiesta di aiuto si trasformi in una voglia di partecipazione attiva ad una lotta collettiva.

Alle campagne di escrache si legano pratiche di occupazione di edifici che devono essere contestualizzate sempre all’interno di un discorso di costruzione di legittimità. La rottura della legge praticata dalla PAH attraverso le occupazioni, segue dunque la messa in crisi della legittimità della legge.

Foto 8 - Obra SocialDa questo punto di vista diventa assolutamente significativo l’aver prodotto campagne del tutto inserite nel sistema legislativo, come quella della produzione della legge popolare: la riappropriazione di edifici diventa a maggior ragione legittima nel momento in cui non esistono meccanismi che garantiscano un diritto alla casa e gli strumenti della democrazia vengono messi da parte dalle stesse istituzioni. A questo proposito viene anche prodotto un manuale, dal titolo “Obra Social La PAH”, liberamente scaricabile, che contiene istruzioni per pratiche di riappropriazione e resistenza agli sfratti.

Gli edifici occupati appartengono generalmente a grandi istituti immobiliari e finanziari, ossia ai soggetti che hanno portato avanti la speculazione immobiliare degli ultimi anni e che vengono additati, senza mezze parole, come “criminali”.

Il linguaggio politico adottato dalla PAH infatti non tralascia infatti di analizzare il nodo della corruzione e la mafia che, pur non essendo intese come “eccezioni” all’interno di un sistema giusto, non vengono nemmeno relativizzate e assorbite come un fenomeno normale all’interno del contesto istituzionale.  Parallelamente, la parola “democrazia” viene rifiutata nelle sue accezioni istituzionali, ma non per questa abbandonata. Essa viene anzi nutrita di un nuovo significato che mette in luce il protagonismo delle lotte sociali.

Il messaggio di prospettiva lanciato dalla PAH è il “Si se puede” che viene riletto non in termini di vaga speranza bensì in termini di politica attiva e autorganizzazione.

Un linguaggio chiaro a cui ha evidentemente fatto riferimento anche Pablo Iglesias, nella notte del successo di Podemos alle elezioni europee, ha dichiarato: «Domani la casta continuerà a governare». Un discorso a cui gli astanti hanno risposto proprio con il motto del movimento.

Sappiamo che non è solo il linguaggio che rende le lotte materiali, anzi il linguaggio può essere un palliativo. Eppure questa capacità comunicativa riesce, in alcuni casi, a diventare un elemento aggregante e costitutivo di lotte tutt’altro simulate.

5. Prospettive

Foto 9 - Squalo di soldi mangia Partito Comunista. Murales di Blu a BarcellonaIn questo momento il quadro spagnolo è decisamente complesso, tanto più che le elezioni hanno segnato una rottura all’interno degli equilibri storici del paese, con PP e PSOE non più in grado di rappresentare (secondo le percentuali di voto) la maggioranza del paese. Secondo alcuni si sta assistendo ad una rottura storica del cosiddetto regime del ’78: l’anno in cui viene promulgata l’attuale costituzione.

La stessa abdicazione di Juan Carlos può essere letta attraverso questa lente: la famiglia reale è uno dei simboli della corruzione spagnola l’ “infanta” Cristina è al centro di un processo che proprio in questi giorni è diventato protagonista nelle pagine dei giornali. L’abdicazione di Juan Carlos per suo figlio Felipe ha tuttavia l’effetto di fare uscire Cristina dalla famiglia reale (è una monarchia: l’erede è il maschio!) e allontanare lo spettro degli scandali, particolarmente scomodi in un momento di crisi.

D’altra parte la fragilità istituzionale è resa tanto più evidente se si vede la situazione della Catalunya in cui l’indipendenza diventa un tema sempre più concreto. Ancora una volta l’abdicazione di Juan Carlos può essere letta in termini tattici, dato che l’ex-re era una presenza troppo pesante per una regione che si dichiara indipendentista e la sua uscita dal quadro politico potrebbe essere un modo per stemperare gli animi. Non a caso la prima visita ufficiale del nuovo re, Felipe VI, avviene proprio in territorio catalano, a Girona.

In questo contesto del tutto mobile diventa sempre più insistente un’attenzione, da parte di alcuni settori dei movimenti, verso le elezioni amministrative, nella stessa prospettiva indicata finora: vincere le città per cambiare le regole. Una prospettiva che richiama  uno dei miti nazionali, quello della prima repubblica, che aveva visto proprio nelle vittoria della  delle elezioni municipali del 1931, vinte dalla sinistra in contrasto contro lo strapotere latifondista ed ecclesiale.

Lungi da voler entrare nel dibattito riguardo ad una possibile svolta “municipalista”, è possibile guardare a questo processo dalla prospettiva della città di Barcellona: come conciliare infatti la presa di Barcellona con lo spirito indipendentista? E cos’è questa indipendenza? Pochi mesi fa l’Observatorio Metropolitano de Barcelona lo chiedeva esplicitamente qualche tempo fa con un articolo intitolato: “¡Indipendendia de que!”.

Nell’intervista citata in precedenza, Ada Colau ha chiarito in maniera molto precisa la sua posizione: non ha senso un’indipendenza dalla Spagna se non la si mette in relazione con l’indipendenza dalle banche e quella dal regime.

D’altro canto in questo momento caotico le nuove (per età e per stile) figure che stanno emergendo si inseriscono all’interno di un contesto che è nazionale: è nazionale l’opera della PAH, così come si pone su un piano nazionale il progetto di Podemos. La stessa piattaforma di Guanyem si presenta con uno spirito che va ben al di là della città di Barcellona: «una ribellione democratica a Barcellona non sarebbe un fenomeno solamente locale. Si metterebbe in contatto con molte iniziative simili che cercano di rompere dal basso con l’attuale regime politico ed economico. Nel nostro paese, in tutto lo Stato e in Europa».

Ci si domanda quindi quali siano i cambiamenti che i recenti avvenimenti possono mettere in moto, tenendo conto che l’attuale classe dirigente non è più in grado, per una volta nemmeno nei numeri, di tenere le redini della situazione.

plv