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Soci Fiera approvano statuto, assedio lavoratori: “Così in mano a privati”

La protesta arriva fino alle porte dell’assemblea, ma i delegati degli enti pubblici rifiutano di incontrare i manifestanti. Le prese di posizione di Consiglio d’azienda, Usb e Sgb.

20 Luglio 2017 - 19:30

L’assemblea dei soci di Bolognafiere ha approvato il nuovo statuto, licenziato lunedì dal Consiglio comunale. Sarà riconvocata lunedì prossimo per rinnovare presidenza e Cda. Anche oggi non sono mancate le proteste: dipendenti e rappresentanti sindacali, che ribadiscono come le nuove regole spingano l’expo verso un assetto privatistico, sono arrivati fin alle porte della sala della riunione, al secondo piano della palazzina dirigenziale. Vana la richiesta di incontrare i soci pubblici.

“Il cambio delle regole statutarie è per noi e l’intera città il fatto più grave che potesse accadere: privati che decidono delle sorti della Fiera, è ancora peggio di una procedura piombata fra capo e collo come l’anno scorso, e questa volta di certo coinvolge tutti i lavori e non soltanto una parte”, si legge in un comunicato del Consiglio d’azienda diffuso ieri. Al centro della contestazione, soprattutto, il comma che prevede che “i temi in materia di destinazione del patrimonio immobiliare, la cessione dei marchi e cessione di fiere saranno discussi dall’assemblea ordinaria e non più da quella straordinaria (quindi le delibere non saranno più portate prima in Consiglio Comunale). Anche ciò che era stato garantito ai sindacati confederali il 12 luglio, con un verbale di incontro fra le parti, viene totalmente disatteso. Dopo la votazione farsa, a cui tutta l’opposizione non ha partecipato, la Fiera non ha più la prerogativa della nomina del Presidente da parte dei soci pubblici che, sono quelli che hanno messo a disposizione il patrimonio immobiliare e che hanno già elargito ben 13.000.000 di euro di denaro pubblici per il restyling del quartiere fieristico.Tutto ciò è molto grave: è evidente che chi ci rimetterà saranno non solo i lavoratori, ma anche l’indotto e la città intera”.

Insomma, “di fatto, dal 17/7, la nostra fiera non è più un bene pubblico. Già da lunedì 24 luglio prossimo i soci potrebbero decidere di riaprire la ricapitalizzazione (riportando così i privati in maggioranza) ma se questo (come assicurato dal sindaco!) non dovesse avvenire (almeno in un futuro prossimo) in ogni caso hanno sancito nella delibera comunale di non sottoscrivere più patti parasociali fra soci pubblici (quindi per talune decisioni il voto della Mercanzia potrebbe ipoteticamente per esempio sommarsi a quello dei privati)”.

Così l’Unione sindacale di base: “In consiglio comunale è andata in scena l’ennesima beffa ai danni della città, ai danni dei lavoratori e della cosa pubblica. Con un emendamento della giunta presentato ai consiglieri alle 12,38 (ovvero 22 minuti prima che cominciasse il consiglio comunale), l’assessore Conte ha dato un colpo di spugna al lavoro di due commissioni consiliari che hanno sostenuto, all’unanimità, dinanzi ai lavoratori e alla stampa, la necessità di mantenere nello statuto di BolognaFiere S.p.A. dei meccanismi che consentissero la tutela della prerogativa del controllo pubblico, attraverso il mantenimento della Golden Share (nomina del presidente della Fiera da parte dei soci pubblici) e la salvaguardia e la tutela del patrimonio immobiliare della Fiera a suo tempo, nella trasformazione da Ente a S.p.A., totalmente devoluto dai soci pubblici alla compagine che oggi è mista pubblico-privata. Se sul mantenimento della Golden Share si era già capito in commissione che la giunta aveva deciso di sacrificare una sua prerogativa, la nomina del presidente, sull’altare della pax societaria con i soci privati, considerazioni diverse avevano portato l’assessore Conte a ipotizzare nel testo finale dello statuto l’inserimento di un meccanismo di salvaguardia per il patrimonio immobiliare della Fiera, viste le pressioni degli stessi consiglieri di maggioranza del Pd, oltre che di quelli di minoranza, a tutelare il patrimonio pubblico. Invece Conte si è presentato con un bell’emendamento che modifica l’articolo 15 e demanda all’assemblea ordinaria le deliberazioni sul patrimonio della Fiera, anziché all’assemblea straordinaria, per cui invece è prevista la discussione in consiglio comunale di qualsivoglia deliberazione”.

Prosegue il sindacato: “Nell’ultima commissione di venerdì, si era addirittura arrivati con un verbale d’incontro firmato da cgil cisl e uil in cui i tre sindacati, “rassicurati” dal sindaco sulle intenzioni di non cedere un solo centimetro all’avanzata dei privati, celebravano il risultato di tale pregevole esempio di ‘concertazione’ esprimendo, insieme agli stessi consiglieri seduti in commissione, soddisfazione a destra e a manca. Un verbale che abbiamo denunciato per due motivi, prima perché con la fuga in avanti di cgil cisl e uil si forniva la rappresentazione di un accordo con le organizzazioni dei lavoratori, mentre nei fatti l’incontro si è svolto con pochi funzionari d’apparato che nulla hanno a che fare con l’interesse di chi lavora nella Fiera, e poi perché la vaghezza dei contenuti di quel verbale non rassicurava nessuno sul la tenuta di una governance in mano pubblica, strategica per gli interessi della città. Ha memoria corta, ‘l’opposizione del re’, ovvero l’opposizione opportunistica dei sindacati complici e dei consiglieri Pd che fanno finta, dinanzi ai lavoratori e ai cittadini, di fare appunto l’opposizione, pronta a compiacere il sovrano per una passerella in vetrina, dimenticando il mantra che ha accompagnato per un anno i lavori sullo statuto e la battaglia di via Stalingrado contro i licenziamenti: guida pubblica con gestione privatistica. Ha colto l’ennesima occasione, l’opposizione del re, per non difendere quello che è di tutti i cittadini, la Fiera di Bologna. E il sovrano Merola ha garantito ai soci privati tutti gli strumenti per tentare, di qui a quando lo scenario sarà ritenuto opportuno e calmate le acque, la scalata alla Fiera”.

Si legge in conclusione: “La gravità di questo furto di democrazia è rappresentata dal fatto che al momento della votazione in consiglio si è ritrovato solo il gruppo Pd, con tutti i consiglieri di opposizione che hanno abbandonato l’aula. Una secessione dell’Aventino che a Bologna non ha precedenti. Risultato: nello statuto della Fiera, la mina sul patrimonio immobiliare posta sotto le fondamenta della partecipata pubblica, fresca di 13 milioni di soldi pubblici di ricapitalizzazione, passa con il voto compatto di tutti i consiglieri del Pd. E la coscienza via nel cassetto. Se da oggi si potrà decidere di fare una grande discoteca, o l’ennesimo centro commerciale, un obelisco a imperitura memoria della giunta Merola o una bella rotonda con il patrimonio immobiliare della Fiera, lo si potrà fare senza passare dal voto del consiglio comunale, ma passando semplicemente per l’assemblea ordinaria dei soci con il voto dei 2/3, oggi a maggioranza pubblica, domani chissà. Come Usb esprimiamo dunque una ferma condanna per il metodo autoritario della giunta Merola ed i contenuti della modifica allo statuto di BolognaFiere proposta dall’assessore Conte”.

La presa di posizione del Sindacato generale di base: “Merola ce l’ha fatta! Si è tolto il pensiero della Fiera! Finalmente è riuscito a regalare ai soci privati una delle aziende, a maggioranza pubblica, più importanti del territorio.Ora ci è ben chiaro cosa intendesse, quando ad un tavolo “conciliatorio”, per rassicurare lavoratori, sindacati e cittadini, dichiarò che ” la Fiera di Bologna è pubblica ma avrà una gestione privatistica.Intendeva dire che nonostante i soldoni, 13.000.000 di euro, messi a disposizione di BolognaFiere dai soci pubblici, il Comune avrebbe regalato l’Azienda ai privati (che ad oggi non hanno versato un centesimo)! Aggiunse: ‘A BolognaFiere non verrà licenziato nessuno'”.

Secondo Sgb “ora il Sindaco non potrà più mettere becco, non potrà più fare dichiarazioni di questo tipo, non potrà più garantire nulla, ormai ha regalato il nostro gioiello a chi non ha mai speso un centesimo né messo un immobile ( tutti gli immobili della Fiera sono stati messi dai soci pubblici).In piena linea con la politica di Renzi si tira dritto, si privatizza, si abbassa il costo del lavoro e vengono utilizzati soldi pubblici per interessi privati. A nulla, eccetto che a spianare la strada, è servito il ridicolo pre-incontro riservato alle 3 sigle Confederali, dove a pochi giorni dalla votazione sullo Statuto, con un verbale di incontro veniva loro garantito che patrimonio immobiliare e marchi non si sarebbero toccati/spostati”.